Per deformazione professionale sono solita seguire i programmi di cucina in televisione e ultimamente mi sono accorta di una palese tendenza nei palinsesti: il 90% del food in tv è quello da Roma in giù.
Al netto dei talent, in questi ultimi anni il food è passato dalla didattica all’intrattenimento, fondato su cliché nazional popolari come la tavola con tovaglia a quadretti e fiasche di vino, le melanzane ripiene e il mandolino come colonna sonora. Trasmissioni tutte uguali in cui l’unica variabile è chi cucina, laddove dovrebbero essere le ricette e la provenienza: l’Italia ha venti regioni ma sembra che al pubblico interessi solo la cucina partenopea (senza nulla togliere, non iniziate a gonfiare i petti: ne siamo grandi estimatori).
Con l’aggravante della ripetitività: non solo le milleduecento trasmissioni dedicate sulle reti più o meno di successo parlano costantemente di piatti del sud Italia, ma puntano quasi tutte la telecamera su massaie schiamazzanti e… giovani nonne, in un cliché sudista che rende poco onore al Sud e in molti casi alle donne. Perché si sa, l’uomo è chef, la donna è cuoca casalinga.
Che male vi ha fatto la bagnacauda?
Com’è possibile che la stragrande maggioranza di trasmissioni di cucina tratti la tradizione culinaria solo da Roma in giù?
Il Centro-Nord Italia, stando al piccolo schermo, si limita a quei soliti piatti: il ragù bolognese e i tortelli, il risotto alla milanese (che eppure viene ancora confuso con il risotto allo zafferano…), il pesto alla genovese, il vitello tonnato, lo strudel, il tiramisù.
Cos’altro? Ben poco. Nei magazine il ventaglio si amplia, ma gli autori televisivi non hanno ancora scoperto la bagnacauda torinese, i mondeghili milanesi, la sbrisolona mantovana. E dove sono i canederli altoatesini, la fonduta valdostana, i casoncelli bergamaschi, i bigoli all’anatra veneti, il frico friulano? Perché non mi raccontate la panzanella?
Mi interesserebbe scoprire le ragioni di questa scelta, perché di questo chiaramente si tratta, forse orientata alla popolarità dei piatti partenopei, ma non voglio nemmeno pensare che si scelgano i soggetti gastronomici così come gli ospiti di C’è Posta Per Te.
I maledetti cliché sul Meridione
Su Discovery, che ha Real Time e Foodnetwork tra le altre cose, è apparsa poco tempo fa l’ennesimo format di cucina conviviale meridionale: Ciro Giustiniani con La domenica più tradizionale. Pastasciutta con ragù napoletano, la nonna con scialle e uncinetto che ammonisce i nipoti per come cucinano male, vassoi di cibo fritto e tavolate reboanti di gente, dialetto e sottotitoli. Per me è l’emblema di quello che io intendo per “grottesco”: se gli stessi italiani dipingono così i concittadini, la situazione ha quasi del patologico.
Amici del Sud Italia, vi scongiuro, ribellatevi. Ribellatevi perché voi non siete così: non fatevi dipingere solo attraverso la nonna che fa la calza in poltrona e ammonisce in dialetto se qualcuno non cucina come lei; non lasciate che il mondo vi immagini caciaroni che fate il trenino trash intorno al tavolo da pranzo; non fatevi ritrarre con il basco e le fiasche di vino rosso e le espressioni ebeti.