L’abbiamo capito, al tramonto dell’ottava puntata, che Masterchef Italia 9 è un pendolo che oscilla tra eccessi di entusiasmo. C’è la curiosità iniziale e c’è la suspense finale per sapere chi è il vincitore di questa edizione, e in mezzo ci sono solo io, abbandonata sul divano, con il mio bicchiere di vino e le mie pagelle da scrivere anche senza il mio gruppo d’ascolto, che ha preferito il cuscino alla Masterclass già da un paio di settimane.
Ma io non demordo, perché siete voi che non avete capito che è proprio qui che si fanno i giochi, ed è qui che gli autori – che utilizzano i meccanismi della narrazione in questo programma meglio che in qualsiasi altro, non ci stanchiamo di ribadirlo – hanno concentrato tutti i migliori colpi di scena.
Quelli che sembravano intoccabili, come Marisa, si scoprono protagonisti di inaspettate puntate no, e cadono nervosamente un errore dopo l’altro. E quelli su cui non avrei scommesso manco una caramella (ma la mia abilità nelle scommesse, se seguite questa rubrica, ormai dovrebbe esservi chiara), regalano improvvisi lampi di genio, come Davide, la cui attenzione nei confronti di quel che i giudici hanno da insegnargli è evidentemente proporzionale all’enormità dell’apertura delle sue palpebre.
Ma veniamo al succo, e in attesa che tutti voi vi sintonizziate di nuovo su Sky per vedere chi vince questa edizione del cooking reality più amato d’Italia, vi regaliamo i nostri TOP e FLOP dell’ottava puntata, a mo’ di riassunto, di modo che possiate almeno sostenere una conversazione sull’argomento davanti a un caffè senza che nessuno si accorga che sono diversi giovedì che in realtà vi fate i fatti vostri.
TOP
Gli sfoghi di rabbia
Che bella idea, la Mistery Box di cioccolato in sitle “rage room”, con i concorrenti che la distruggono a suon di martellate e fanno un mezzo macello. Ci sta: la tensione inizia a crescere e bisogna sfogarsi in qualche modo. Occhio però – ci permettiamo di buttare lì un consiglio – a dare un martello in mano a gente sotto pressione che di tanto in tanto (chi più chi meno) mostra evidenti segni di instabilità mentale.
Il manzo brasiliano
Mi scuserà mio marito se m’è venuta fame di ciccia, a vedere lo chef Henrique Fogaça con quel vocione lì, tutto pieno di tatuaggi, con quella parlata carioca che fa tanto spiaggia del Brasile caipirinha in mano samba e compagnia bella. Protagonista dell’Invention Test un bel manzo gigantesco. Parliamo dello chef, mica del manzo sul tavolo, che – scommettiamo – ha suscitato qualche invidia a casa per il modo in cui è stato sculacciato e rigirato di qua e di là dalle mani del muscoloso brasiliano. Insomma, s’è infiammata la cucina di Masterchef, e pure le quasi vegetariane della Masterclass si sono convinte che valesse la pena darsi da fare col manzo.
La solidarietà di Maria Teresa
L’abbiamo capita Maria Teresa, e alla fine ci piace questo suo essere diabolicamente priva di ogni sentimento. Al punto che quando Luciano mette in difficoltà le povere Giada e Giulia con l’Invention Test, lei commenta: “Ma che senso ha affondare loro? Ha senso tenersele”. Insomma, per Maria Teresa il mondo di Masterchef si divide in due: da un lato le zavorre, da far fuori una dopo l’altra, dall’altro lei.
Le alitate del dopo bagna caoda
La salsa all’aglio di Marisa (altro flop inaspettato della concorrente) regala un siparietto comico e ce n’era bisogno, in mezzo alla disfatta carnivora a cui sono andati incontro gli aspiranti chef nell’Invention Test. Locatelli, dopo averla assaggiata, alita in faccia a Cannavacciuolo, giusto per farli provare quello che ogni buon piemontese subisce ogni lunedì mattina sull’autobus affollato nel dopo bagna caoda domenicale. Aspettiamo con ansia il momento in cui la prova prevederà un accompagnamento di birra con conseguente gara di rutti tra i giudici.
I dolori della carne
Stavolta l’Invention Test ha messo in crisi tutti, ma proprio tutti. Di esperienza di Masterchef ne ho, e la verità è che tutti temono Iginio Massari e i suoi dolci, ma forse varrebbe la pena di studiare anche un po’ di più la carne. Masterclass dopo Masterclass, i concorrenti sanno tutti tirare la pasta a mano, fare salse salsine e preparazioni ultratecniche, ma quando si tratta di cuocere una bistecca capitolano anche gli impensabili. Facciamoci due domande, va’.
FLOP
Sì chef!
Ma anche basta, con questa narrazione delle cucine come di un luogo del terrore, dove dire sì chef, eseguire gli ordini a testa bassa e subire atti di nonnismo che manco nell’addestramento dei corpi speciali dell’esercito. E se così è davvero (e talvolta, lo sappiamo, lo è), doppiamente basta. La cucina è un lavoro duro, è un lavoro che richiede professionalità, ma è un lavoro come tutti gli altri. E in nessun ufficio come si deve si prendono a schiaffi i dipendenti, manco per scherzo, come invece sostiene che avrebbe fatto Vincenzo Santoro se Luciano fosse stato nel suo laboratorio.
Ogni riccio, una vomitata di gatto
I “capricci” (che avrebbero dovuto essere un’imitazione del mix di tecniche dolci e ingredienti salati delle creazioni di Vincenzo Santoro) di Vincenzo mi hanno fatto ricordare quanto è stata dura la settimana scorsa con mia figlia alle prese con l’influenza gastrointestinale.
Come alla mensa dell’ospedale
L’”hamburger senza confine di Mylenis”, che sarà pure senza confine, ma è anche senza dignità. Pare un piatto da ospedale, e viene massacrato da Barbieri. E costa alla simpatica Mylenis il posto nella Masterclass.
T’appartengo io ci tengo
Il litigio tra Bruno Barbieri e Maria Teresa (che ormai l’avete capito, è tra le nostre predilette). Lei dice: “non appartengo al mondo della carne”, e lui si infuria “è come se io c’ho un ristorante, non mi piace la carne, e allora non la servo”. Eh sì, Bruno, di solito funziona così. Se ho un ristorante, cucino quello che mi piace e che so cucinare. Ah, a proposito, la litigata finisce con occhi bassi e tante scuse, a rimarcare che la cucina è quella roba lì, nessun confronto, zitti e mosca.
Highlander partenopeo
Vincenzo, l’immortale. E con questo considero un flop anche le mie previsioni, che lo davano uscente già quattro (quattro!) puntate fa. E invece lui, con grande consapevolezza dei suoi limiti, ne esce vivo puntata dopo puntata, pressure dopo pressure, e talvolta stupisce anche in positivo. L’acqua cheta, dicono a Firenze, leviga le padelle.