“Is it cake? – Dolci impossibili”: 5 motivi per cui ti piacerà, nonostante tutto

"Is it cake? - Dolci impossibili" è un nuovo show che sta scalando le classifiche di Netflix: con il suo mix di sarcasmo, professionismo (!) e brevità, piacerà anche a voi.

“Is it cake? – Dolci impossibili”: 5 motivi per cui ti piacerà, nonostante tutto

Qualche giorno fa a casa, io e quegli squatter che sostengono di essere i miei familiari, un po’ a rota di Masterchef, con Bake off non ancora all’orizzonte, ma neanche così disperati da metterci a guardare cose tipo Cucine da incubo, abbiamo scoperto dell’esistenza di un nuovo show su Netflix, Is it cake – Dolci impossibili. Come dice il nome (originale, ché la traduzione italiana come al solito non significa niente) si tratta di fare dei dolci che sembrano altre cose. Ma proprio sembrano davvero: e infatti la gara consiste nell’ingannare i giudici, che devono riconoscere la torta in mezzo a una serie di oggetti (veri) simili.

Dopo qualche giorno, scrivendo di Old Enough, la trasmissione giapponese in cui i bambini vanno a fare la spesa da soli, e cercando di capire se all’ottima rassegna stampa corrispondesse altrettanto successo di pubblico, sono andato a sbirciare le classifiche di Netflix (ebbene sì, esiste questa specie di Auditel della piattaforma). Non ci ho trovato i neonati al supermercato, ma ben piazzata in top ten c’era Is it cake. E meritatamente, secondo me: perché questo talent, chiamiamolo così, è scemotto quanto volete, ma ha una serie di indubbie qualità.

Non si prende sul serio

Is it cake trasmissione netflix

Dimenticate le facce feroci dei giudici: anche da quando non c’è più Carlo Cracco, nei cooking show il momento dell’assaggio, o della domanda trabocchetto dello chef (“Questo risotto lo fai mantecato o all’onda?”. “Una via di mezzo…” “NON ESISTONO LE VIE DI MEZZO!”) è sempre accompagnato da una musica tipo horror e dai sudori freddi del concorrente. Nulla di tutto questo, qui: il conduttore Mikey Day spara freddure a tutto spiano, e quando non dice fesserie si mette a fare le faccine. Tutti sopra le righe, un po’ da grigliata con gli amici dopo la terza birra, sono anche i toni degli interventi dei giudici: personaggi famosetti o aspiranti tali, ogni volta diversi.

D’altra parte si tratta di un meme trasformato in trasmissione TV, o meglio di un incrocio tra un video virale e un reality show: è una roba nata per ridere. Il video virale è questo, del 2020:

 

Il trend dei dolci iper-realistici esisteva già da qualche anno, ma il video di Tasty fece il botto, sancì la consacrazione nel mainstream.

Il meme è una variante del template “Wait, it’s all…” con i due astronauti che guardano la terra dallo spazio e scoprono che è (sempre stata) qualcos’altro, in questo caso una torta a strati, il che non è neanche tanto assurdo. (Guardate il video-meme fino alla fine se per caso non lo conoscete, c’è il colpo di scena.)

I concorrenti sono professionisti

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Di solito i reality/talent, quelli che si prendono assai sul serio, puntano anche sulle “storie”, sulla costruzione dei personaggi. Sono storie di riscatto, persone di mezza età o comunque con una carriera avviata che vogliono cambiare vita, o viceversa giovani appartenenti a classi subordinate, disagiate, discriminate, che agognano a realizzare il proprio sogno. Per rendere tutto questo credibile, la posta in gioco dev’essere alta: non solo i soldi, non solo “il libro di ricette”, ma tutto l’indotto, non detto ma suggerito, tutte le meravigliose conseguenze che a cascata deriveranno dal diventare il famoso, il grande, il vincitore di. 

Qui, niente di tutto questo: in premio a ogni puntata 5.000 dollari che possono diventare 10.000 (se il vincitore riesce a distinguere dei soldi veri da dei soldi-torta), e 50.000 per la vittoria finale. Buttali via, eh, però il punto non è quello. Tant’è che i concorrenti possono essere, e in maggior parte sono, dei pasticcieri professionisti, dei creatori di sculture commestibili per lavoro. Assente la retorica del dilettante che diventa un fenomeno nel giro di poche settimane, tutto questo paradossalmente contribuisce a tenere l’atmosfera assai più sul rilassato.

È breve

Is it cake trasmissione netflix

Lo schema, con qualche minima variante, è questo: i concorrenti devono innanzitutto essere loro stessi a distinguere ciò che è torta da ciò che non lo è. Poi il cuore di ogni puntata: la scelta degli oggetti da imitare e la preparazione; otto ore nella realtà, pochi minuti in trasmissione. Infine entrano i tre giudici e, a debita distanza, devono accordarsi puntando su un oggetto.

Ora, è vero che come scrive Slate lo show è ripetitivo, nel senso che dopo una puntata l’effetto wow nel vedere cappelli e scacchiere replicate alla perfezione, un po’ svanisce. Però appunto, si tratta di otto puntate di 38 minuti ciascuna, non si fa in tempo ad annoiarsi. E sì, è vero che tagliando corto si perde il processo, i dettagli tecnici, come lamenta sempre Slate; ma perché, dopo dodici puntate di Masterchef voi avete imparato a cucinare come loro, o anche solo a fare la maillard?

Competizione per modo di dire

Is it cake trasmissione netflix

Altra particolarità: non ci sono eliminazioni. I concorrenti non gareggiano a ogni puntata, ma fino alla finale nessuno viene eliminato, sono sempre tutti lì. E nella puntata finale rientrano in gioco aiutando i colleghi/avversari.

Non è solo design

Ma insomma, si tratta della solita gara di cake design? Una versione appena un po’ meno cafarda del Boss delle torte? Tra l’altro, il cake design non era morto? Ma certo, e per fortuna. Qui si tratta di un’altra cosa, come testimonia anche l’evoluzione di Tuba Geçkil, la strabiliante pasticciera turca nota su instagram come Red Rose Cake, che qualche anno fa era partita con pupazzi e mezzibusti da museo delle cere, e ora invece si è spostata sugli oggetti.

Ora è vero che come scrive un altro pezzo critico di NPR (tutti critici si so’ svegliati oh, su sta sciocchezzuola senza pretese) da quel video e da quel trend sono passati due anni, e quindi il programma Netflix riprende un filone ormai appassito – d’altra parte, la piattaforma di streaming è pur sempre TV, e come dice quella nota legge, quando un fenomeno va sulla televisione generalista, è il suo certificato di morte. Ma è pure vero che si tratta di due anni, non di due secoli, non esageriamo. 

E poi attenzione: la regola fondamentale del gioco è che, a parità di inganno, vince il dolce più buono. Se due o più concorrenti riescono a superare la prova visiva, i giudici passano all’assaggio. E questo contraddice la regola fondamentale del cake design, per cui basta che sia commestibile: qui la torta non deve sembrare una torta, però deve esserlo.