Ah, ma come è milanese questa nuova puntata di 4 ristoranti con Alessandro Borghese, dedicata ai brunch. Andiamo a fare un brunchino a Milano? Sì! Quale scegliamo, quello coi gatti, quello giapponese, quello nordico o quello “troppo top”?
Ecco, una conversazione come questa può avere senso solo a Milano, ma in fondo può anche essere il suo bello. Certo, se vi piace far colazione circondati da animali, o circondati da gente che parla come Guido Nicheli in Vacanze di Natale (“e sei in pole position!”). Più che a 4 ristoranti, stavolta sembra di trovarsi davanti a una puntata del programma trash di Bonolis Ciao Darwin. Milanesi imbruttiti versus Milanesi naif: chi vincerà la sfida all’evoluzione sociale?
Date le premesse poteva essere una puntata super divertente. La verità è che lo è stata oltre ogni aspettativa. È successo di tutto: chiavi dimenticate nel forno, uova servite crude, tubi gocciolanti e sopratutto gente che litiga neanche fosse un episodio di Forum. “Il tuo pollo sapeva di pollo”, “il tuo locale è pieno di peli nell’aria” e soprattutto la frase regina di ogni bagarre televisiva che si rispetti (ovviamente dopo “sei falsa Simona!”): “lasciami finire, io non ti ho interrotto”.
Ah, che goduria, tutta questa milanesità.
Così, questa settimana, gongolo particolarmente nel servirvi insieme al perfetto brunch milanese pure le mie consuete pagelle alla performance televisiva di ciascun concorrente. Con un bonus speciale, regalato all’abbondanza (e cioè a chi sarà più generoso nelle votazioni): perché il bello del brunch, si sa, non è inframezzare il pranzo con la cena, ma mettere proprio insieme, uno via l’altro, i due pasti, passando dal dolce al salato e tornando al dolce.
Alba, Crazy Cat Cafè
Che carina Alba, la gattara del gruppo. Nel suo bar comandano i suoi nove gatti, quindi ci è parso curioso che al brunch non abbia servito croccantini. Brr. Ma su, si scherza, e anche se io coi gatti vado tutt’altro che d’accordo, alla fine ho trovato il sorriso di Alba un sollievo in una puntata così tesa, e probabilmente è stato così per tutti. Per tutti tranne che per Michele. Lui proprio ‘sta roba dei gatti l’ha trovata or-ren-da, e non siamo sicuri che si riprenderà del tutto da quest’esperienza.
Però Alba, dai capelli rosa alla Gigì (come mi sento vecchia a citare cartoni degli anni Ottanta), conquista il mio bonus per l’abbondanza: proprio non ce la fa a dare insufficienze, perfino quando le viene portato al tavolo un uovo crudo.
VOTO: 7 + 1 di bonus
Matteo, Hygge
Ed ecco il milanese hipster della situazione, Matteo, con la barbetta, il maglione un po’ slavato e il suo locale scandinavo dal nome impronunciabile. Su, non fate il muso se vi fa sedere al social table, che (parole sue) Milano che è piena di posti imbruttiti (e qui almeno un paio di concorrenti prendono l’offesa sul personale).
Però, Matteo, una cosa te la devo dire: nordico va bene, ma guarda che un po’ di brio qua e là mica ci starebbe male. Anche nel profondo Nord, per sei mesi l’anno, vedono il sole e sorridono.
VOTO: 5
Youssra, Tenoha
Youssra è la dimostrazione che la nazionalità è solo un Paese scritto sulla carta d’identità: nonostante sia di origini lontane, è difficile pensare a una Milanese più milanese di così, come anche è super milanese il suo locale giapponese. Capelli alla Kim Kardashian, cipiglio pistino, atteggiamento imbruttito assai, Youssra rischia quasi un infarto quando si sporca i pantaloni con una fetta di pane grondante marmellata.
Lo spirito è quello di una brava giocatrice, bisogna dargliene atto, anche se probabilmente paga l’inesperienza della giovane età. Per dire: aggiunge il dolce di nascosto, sperando di conquistare i concorrenti, ma si fa beccare immediatamente, e nel tentativo di giustificarsi si sente la semipermanente delle sue unghie stridere malamente contro i vetri.
VOTO: 6
Michele, Piccolo Cafè & Restaurant
Che meraviglia, Michele. Quanta soddisfazione in un concorrente così. Già dalla prima, gioiosissima, espressione, so che sarà il mio preferito di questa puntata, come in una sorta di imprinting. Lui, che guida un locale dove è tutto al top, tutto emozione, tutto magia. Non siamo neanche sicuri che sia vero, Michele, il Barney Stinson de’ noantri, con una collezione infinita di impeccabili completi blu e una sequela di critiche davvero, davvero imbruttite. La tovaglietta di carta? Non si può vedere, ma che cheap. Le uova strapazzate? Imbarazzanti. Lo sgabello in legno norvegese? Per carità, che scomodo. “In una sola parola, posso dirtela?”, chiosa Michele raccontando al suo staff i brunch degli altri concorrenti. Ti prego, Michele, diccela. “Tristezza”. Ed ecco che Michele passa con uno slancio atletico dal Briatore di Crozza al Renzi di Crozza.
Adoro.
Purtroppo, non sono davvero sicura che ce la faccia a superare lo shock del brunch gattoso a casa di Alba.
VOTO: 9
Alessandro Borghese
Le puntate così non piacciono solo a me, ma evidentemente sono anche il pane del buon Ale, che sguazza tra le scaramucce dei concorrenti. Li costringe a esporsi sulla cattiveria dei voti più bassi, li segue sulle lamentele girando il dito nella piaga. E, immancabilmente, riesce a scovare angoli sporchi pure nelle più impeccabili cucine milanesi. Ah, e a scovare pure un cappotto pazzesco. Ti prego Alessandro, lo so che aspetti le mie pagelle ogni giovedì sera, e ti prometto che la prossima settimana sarò più buona, se mi dici dove lo hai comprato.