Gente bizzarra, quella di Genova. Che custodisca gelosamente i propri tesori si sa, ma che sia così sbadata da notarli appena ci sembra, invece, quasi imperdonabile. Accade così che una piccola perla, la Vegia Òstàia da o Pöulu di Sestri Ponente, sfugga ai radar del passaparola locale e diventi meta più di foresti che di zeneizi. Nemo propheta in patria?
Dove trovarla
E dire che, al netto dei navigatori in tilt – che, si sa, non vanno d’accordo col ginepraio topografico genovese – si raggiunge in pochi minuti dal centro cittadino.
Da Sestri basta infatti salire un poco lungo la strada del Monte Gazzo e, non appena superata la stazioncina di Costa di Sestri Ponente (lo annotino i non-auto-muniti), si è già alla meta.
Una casetta gialla, circondata da un prato curato che d’estate si arricchisce di tavolini e dal quale, tra i palazzoni moderni e i cavi tesi della ferrovia, fa capolino uno spicchio di mare, ospita la nostra Òstàia, che è vegia [vecchia] solo in parte.
Storia e ambiente
Fondata dal Signor Pöulu (ovvero Paolo in ligure ponentino – in centro si direbbe Pòulo, ci ricorda l’amico gourmand-linguista), l’osteria aveva infatti chiuso i battenti da decenni quando, nel 2015, i pronipoti decidono di ristrutturarla e rianimarla con una gestione tutta familiare: i genitori in cucina, un figlio in sala e l’altro a curare il forno a legna, deputato a lievitati ineccepibili e farinata croccante.
L’ambiente intimo (una trentina di coperti in tutto), lo stile semplice e di buon gusto (tovaglie a quadri, muri in pietra, soffitti di legno) e l’accoglienza calorosa, cui segue un servizio sorridente e solerte, la rendono immediatamente simpatica.
Cucina e cantina
Il menu, rispettoso della tradizione genovese ma aperto a qualche incursione nel Ponente, sembra ispirarsi a un manifesto cui non possiamo che aderire, quello del “poco, ma buono” (anzi, a tratti ottimo, per la verità): un solo antipasto con quattro assaggi (farinata di ceci, acciughe marinate, brandacujun e sardenaria – la focaccia rossa sanremese); tre primi – che cambiano a seconda del mercato (noi ci siamo imbattuti in memorabili spaghetti col sugo di polpo, ma il pesto non manca mai) e altrettanti secondi, anch’essi genovesissimi (coniglio alla ligure, stoccafisso con patate e pinoli e “sabrina farcita”, ovvero una tasca di vitello ripiena appannaggio più della cucina delle nonne che di quella dei ristoranti).
E, infine, una manciata di dolci fatti in casa, tra i quali merita una menzione l’ottima panna cotta irrorata di sciroppo di rose.
Ogni piatto è tanto semplice nella presentazione, quanto curato nella sostanza e bilanciato nei sapori: esattamente ciò che si cerca in una buona trattoria.
La cantina è interessante e molto curata, a conferma che l’Òstàia è tale non solo nel nome.
Un’ottantina di etichette percorrono tutto lo Stivale, con una sola eccezione esterofila per un rosé provenzale (un rosé, anzi tre, in una trattoria, che bello!): dagli orange wine siciliani agli Sciacchetrà liguri in anfora (anche al bicchiere), dalla localissima bianchetta genovese ai blasonati Brunelli e Amaroni.
Nonostante un’organizzazione sistematica un poco confusionaria (che impone un continuo sfoglia e risfoglia), emerge una marcata predilezione per piccoli vignaioli, produzioni biologiche e/o naturali (molte le referenze tripla A). E la scelta politica di soddisfare tutte le tasche, anche grazie a ricarichi onestissimi e alla presenza di birre artigianali a km zero di Maltus Faber, risulta certamente vincente.
Conto
Il conto, che veleggia tra i 26 e i 32 euro (bevande escluse), sancisce la posizione dell’Òstàia tra gli indirizzi con un eccellente rapporto qualità-prezzo, a maggior ragione in questi tempi di folli rincari.
Non guasterebbe, però, un poco di trasparenza in più: lo scontrino riporta infatti solamente il totale, senza alcuna indicazione delle singole voci (dettaglio cui il bonario foresto forse non bada, ma il sospettoso genovese sì).
A parte questo piccolo neo (che speriamo sia solo una svista da fine serata e non una prassi consolidata) , ci permettiamo di azzardare che Zio Pöulu sarebbe felice di vedere come le redini della sua osteria siano in mano tanto salde e capaci.
Opinione
Una piccola Osteria che offre tutto ciò che si auspica, ma che non così spesso si trova: gentilezza, cucina semplice e genuina, una bella cantina e il tutto a prezzi contenuti. I tavolini all’aperto nel prato fiorito (un po’ strozzato tra brutti palazzoni, ma si fa quel che si può) sono un plus che la rendono appetibile anche d’estate.
PRO
- Trattoria simpatica con un'offerta limitata ma ben eseguita
- Eccellente rapporto qualità-prezzo
- Cantina interessante, per tutti i gusti e per tutte le tasche
CONTRO
- La carta dei vini andrebbe organizzata meglio
- Poca trasparenza sul conto, che non riporta le voci di spesa