Passeggiando tra le vie del centro di Bologna vi troverete a passare in alcune strade che hanno nomi di antichi mestieri che si svolgevano nel cuore mercantile della città: via Orefici, via Drapperie, via Pescherie Vecchie, vicolo dei Ranocchi, via Caprarie che si trovano tutte nella zona detta del “Quadrilatero”. Ancora oggi è questa la sede di vecchie botteghe di frutta e verdura, pasta fresca, carne, formaggi e, ovviamente, salumi. Qui si trova anche via clavature che, come suggerisce il nome stesso, ospitava i fabbricanti di chiavi e serrature, dove alla fine di uno stretto vicolo cieco, c’è la Trattoria Gianni “à la vécia Bulàgna”, che ha aperto alla fine degli anni cinquanta e da allora non ha mai smesso di proporre una cucina squisitamente petroniana.
Gli interni tutti volte e bassi archi con murature dagli spessori importanti tradiscono la struttura dei locali di servizio di epoca medievale, purtroppo nascosti sotto una spessa mano di intonaco e un rivestimento di mattoni moderni che corre lungo le pareti a mezza altezza come una boiserie.
Il menu è tutto compreso nella stretta ortodossia bolognese con pochissime deviazioni come il lardo di patanegra servito con i crostini caldi che decidiamo di prendere, insieme alla mousse di mortadella e alla fetta di mortadella grigliata con aceto balsamico.
In generale nessuno degli antipasti convince fino in fondo, ma per motivi diversi: il lardo è di ottima qualità, ma viene servito eccessivamente freddo e il pane tostato non ha la temperatura sufficiente per farlo sciogliere ed è un peccato perchè sarebbe veramente bastato un niente di più. La mousse di mortadella invece pecca di eccesso di panna che la rende pesante e ottunde i profumi del salume che dovrebbero prevalere insieme a quello del parmigiano, infine la mortadella grigliata è eccessivamente sottile e grigliata davvero poco, mentre di aceto balsamico ce n’è pure troppo. A proposito della mortadella grigliata: se non l’avete mai provata, fatelo, meglio sui carboni, ma anche sulla bistecchiera viene bene, non ve ne pentirete.
Sui primi si va decisamente meglio con buoni tortellini in un brodo più che onesto e anche alla crema di parmigiano si difendono bene. A differenza di altri ristoranti in cui la crema è costituita da una sorta di zabaione salato, in questo caso è semplicemente panna con una quantità considerevole di parmigiano e l’effetto è davvero goloso, anche se può risultare un po’ pesante quando si arriva alla fine della portata.
La parte davvero convincente arriva sui secondi con una stupenda cotoletta alla bolognese come si faceva una volta e ormai si trova sempre più raramente. Mi spiego meglio: molti oggi interpretano la bolognese come una milanese con l’osso a cui sovrappongono prosciutto e parmigiano, ma in realtà la cotoletta alla bolognese è sempre stata senza manico e con uno spessore molto più ridotto rispetto alle “fiorentine” panate che si vedono in giro (per carità, buonissime, almeno per me). Altri, forse troppi, sono rimasti inchiodati agli anni ottanta e non rinunciano a qualche cucchiaiata di panna per rendere più cremoso il formaggio (non che ci sia niente di male, a patto di usare un po’ di moderazione) mentre quella di Gianni è davvero la cotoletta “à la vécia Bulàgna”, sottile, ben panata, morbida, dal gusto estremamente equilibrato, quasi delicata, se si può usare questo termine per una delle preparazioni più volitive della cucina emiliana. Peccato che non siano all’altezza, né le patate arrosto, né il purè, mentre un piatto del genere avrebbe meritato un accompagnamento di tutto rispetto.
Si fanno apprezzare anche il fegato al marsala con uvetta e pinoli, segnato sulla lavagna come fuori menu, e il prosciutto al forno, morbido e succoso, ma la preferenza va assolutamente al bollito, servito in porzione più che abbondante con i tagli canonici: cappello del prete, testina, cotechino, polpettone, lingua e gallina. A mio parere manca solo il “latte” ovvero la mammella di mucca, ma sono un rompiballe nostalgico e non mi ascolta più nessuno, quindi che ve lo dico a fare? Il piatto viene servito con un buon friggione, dolce ed equilibrato, la salsa verde e una tradizionale mostarda di frutta. Insomma non sarà il carrello dei bolliti, ma un piatto così non ne fa sentire la mancanza.
Anche sui dolci andiamo sul classico con l’immancabile zuppa inglese in formato “mattonella”, ovvero la versione più compatta che viene composta all’interno di uno stampo da plumcake in cui prevalgono i savoiardi abbondantemente imbevuti di alchermes, mentre le buone creme avrebbero richiesto un po’ più di respiro. Buono il gelato alla crema servito in due versioni: con le amarene sciroppate (detto anche la “domenica”) e con l’aceto balsamico versato sopra a filo che la sua massima espressione la trova in altri ristoranti della città.
Opinione
La trattoria Gianni è un locale storico che vanta alcuni ottimi piatti della tradizione bolognese, in particolare i secondi di carne. Indubbiamente rappresenta un pezzo di storia della cucina e la posizione centralissima che occupa da quasi settant’anni è lì a dimostrarlo. Basterebbe davvero poco per riportare il locale di nuovo in cima alle vette che merita, che vengono invece raggiunte dal conto, pari a tanti altri ristoranti in città.
PRO
- ottima la cotoletta in vero "old style" come se ne vedono poche
- consigliato il bollito misto
CONTRO
- gli antipasti e i contorni potrebbero essere più curati
- il conto è paragonabile a molti altri ristoranti del centro