Se non avete prenotato evitate il viaggio, a meno che non vogliate riservare un tavolo per la volta dopo, allora avete fatto bene a presentarvi di persona perché spesso al telefono risponde la segreteria telefonica avvertendo laconicamente che il locale è già al completo. Penso che la Trattoria di via Serra sia l’unico ristorante di Bologna che riesce a essere costantemente pieno e avere una lista di attesa di almeno un paio di settimane praticamente senza usare il telefono e le prenotazioni online.
Se fosse in pieno centro forse si spiegherebbe, ma nemmeno quello, perché si trova fuori dalle mura, a pochi passi dalla stazione centrale, in una zona che inizia ad attrarre sempre più locali, grazie anche alla presenza di questa trattoria che ha fatto da apripista. Sarebbe un mistero del marketing da studiare se non fosse che il segreto lo conoscono tutti (spoiler alert) si mangia bene. In realtà non si mangia solo bene, perché nonostante i detrattori, a Bologna ci sono ancora posti con una buona cucina, ma si può contare su un’offerta mai banale e ci si sente coccolati dall’inizio alla fine senza che questo incida sul conto.
Il locale conta su diverse piccole sale, una dislocazione degli ambienti che contribuisce a dare un senso di intimità, dai colori chiari a cui si abbinano le tovaglie a quadrettoni bianchi e rossi d’ordinanza e grandi fogli di carta gialla.
La carta dei vini conta poco più di una ventina di etichette del territorio che si spingono fino al piacentino con una scelta oculata e rincari nella norma, ma si può optare anche per il vino sfuso che non delude. In cucina, grande attenzione alle materie prime che vengono selezionate direttamente dai due soci da Flavio e Tommaso puntando soprattutto sui piccoli produttori della rete dei presidi Slow Food.
I particolari, si sa, fanno la differenza e a volte anche la sostanza, come il primo antipasto in lista che recita «Tosone di Bianca modenese avvolto nella pancetta e arrostito in forno» e già lì bisogna chiedere soccorso a Flavio in sala che è prodigo di spiegazioni. Il tosone altro non è che che la rifilatura delle forme fresche di parmigiano da cui si ottenevano larghe strisce di formaggio bianchissimo e ancora plastico. Ora non esistono più perché le fascere con cui si fa il parmigiano sono molto precise, ma quando erano di legno questa operazione era fondamentale per ottenere una forma liscia e regolare. Giusto per rimarcare la tradizione, provengono da latte di Bianca modenese, una razza di mucche che un tempo era molto apprezzata per il fatto che era adatta sia per la mungitura, che per il lavoro e infine per la carne, mentre oggi è quasi una rarità, sostituita da razze più performanti nei diversi settori. Ça va sans dire che il suo latte è decisamente più adatto per realizzare il re dei formaggi rispetto a quella della più comune frisona. Questi “scarti” venivano utilizzati in cucina come formaggio fresco e questa l’usanza è stata recuperata dalla trattoria di via Serra che li ricopre di pancetta e li passa in forno. Tutto lo spiegone sarebbe nulla se il risultato non fosse ottimo. Indovinate…
Leggerissimo e saporito anche lo sformato di ricotta e carciofi su vellutata di pecorino di fossa, ma meritano assolutamente di essere provati anche un paio di fuori menu: il patè di fegato con pan brioche caldo e le crescentine nelle tigelle al forno con il pesto cotto, parmigiano e balsamico, una rivisitazione delle classiche crescentine modenesi (in menu anche loro, da non perdere) che vengono fatte alla piastra (circa) condite con la classica “concia” aromatica e dolcissima a base di lardo, pancetta, aglio e rosmarino che di solito si utilizza a crudo da spalmare dentro le crescentine accompagnata dal parmigiano (la cosa più vicina alla Nutella per i modenesi).
Tra i primi da provare sicuramente ci sono i tortellini in brodo di cappone, morbidi e fragranti di prosciutto e parmigiano, serviti con un eccellente brodo, tra i migliori che si possono trovare a Bologna e i fantastici tortelloni burro e salvia ripieni di una fantastica ricotta (sempre di Bianca modenese), mentre se si vuole un primo con un condimento vegetale ci sono i sorprendenti cordonetti (in pratica degli spaghettoni) di farina di castagne ai funghi porcini.
Sui secondi c’è l’imbarazzo della scelta tra la scioglievole guancia di manzo brasata dal gusto inebriante, le polpette con i funghi porcini -la versione nobilitata delle classiche polpette al sugo- e le mie preferite, le crescentine nelle tigelle con farina semintegrale, salumi, squacquerone e pesto, da mangiare caldissime, come una volta.
Per concludere ci facciamo tentare dalla classica zuppa inglese che è sicuramente ai primi posti della top ten bolognese (che ve lo dico a fare?); una caprese morbidissima dalle note intense di cacao amaro e infine una fenomenale torta di ricotta al caramello salato, una sorta di cheese cake senza la base di biscotto, dolce e pastosa con un intenso gusto di latte fresco.
La trattoria di via Serra è il classico posto che consiglio di visitare quando si è in gita in città e agli stessi bolognesi che ancora non la conoscono, ma sono sempre meno, sia per la cura e la qualità del cibo, sia per la grande accoglienza di Flavio che è un ospite perfetto.
Opinione
In assoluto uno dei migliori locali di Bologna che propone una tradizione solida e verace senza scadere mai nella banalità. Piatti curati che tradiscono una grande mano ai fornelli e una sala accogliente dove ci si sente davvero a casa.
PRO
- alcuni piatti, come i tortellini e la zuppa inglese, sono tra i migliori che si trovano in città
- atmosfera accogliente e servizio perfetto
CONTRO
- Praticamente impossibile prenotare per telefono e online