L’Antica Trattoria da Sandro al Navile si trova sulla riva destra del canale Navile, in una zona tranquilla poco fuori dal centro di Bologna raggiungibile in auto, o attraverso il parco Lungo Navile che è percorribile a piedi o in bicicletta.
Come promette il nome, è sicuramente antica, aperta nel 1861 stando a quanto viene dichiarato sul sito, ma soprattutto per la cucina che però più che antica è completamente fuori moda. A volte potrebbe sembrare un bene per chi ama la gastronomia ipertradizionale, ma per tutto il resto non molto.
A parte questo, di trattoria non ha molto: a partire dall’offerta dei piatti fino all’ambiente si presenta come un classico ristorante, se non fosse per quel tocco di rustica simpatia del personale di sala che fa un po’ gita fuori porta.
Si inizia con un giro di antipasti tra cui il piatto di salumi misti (14 euro), buono ma che non ci fa saltare sulla sedia, e una discreta insalata di porcini e parmigiano (11 euro), un classico sempre attuale.
Con i primi entriamo nel regno della cucina petroniana e ci lasciamo stupire da un bel piatto di tortellini davvero minuscoli (18 euro) e, anche se il cucchiaio è un po’ fuori misura, ne contiene ben dieci. Con la pasta ripiena di queste dimensioni il rischio è che il ripieno rimanga in secondo piano, ma viene in soccorso un brodo piuttosto carico, anche se non trasmette tutti i profumi del consommé di antica tradizione. Le tagliatelle (14 euro) sono condite con un ragù non troppo pomodoroso, né eccessivamente unto, si amalgama bene con la pasta forse un po’ troppo sottile, ma è una questione di gusti e va bene così.
Quando tentiamo di uscire dalla stretta ortodossia si sente scricchiolare e, se il risotto fuori carta (16 euro) è eccessivamente cremoso e dal sapore un po’ neutro, l’alternativa vegetariana rappresentata dai tortelli di ricotta è davvero un doppio carpiato verso gli anni novanta che non ci aspettavamo. I tortelli sono poggiati su un letto di crema di melanzana e ricoperti da un tripudio di rucola, parmigiano e pomodorini che non perdona. Una via di mezzo tra un piatto di pasta e un’insalata che si fa fatica a concepire e potrebbe riscattarsi solo con un’esplosione di gusto al palato che purtroppo manca.
Il copione si ripete con i secondi: la cotoletta alla bolognese (15 euro) risulta coperta da una salsa che tradisce un uso eccessivo di panna e smorza i sapori, ma è uno stile abbastanza classico, anche se un po’ démodé, per cui niente da dire, ma il nostro viaggio nei magnifici anni novanta non è ancora terminato.
Il coniglio disossato al frantoio (15 euro) ha una marcia in più: morbido e succoso, esalta le proprietà della carne bianca di non facile preparazione perché tende a rimanere asciutta e stopposa se non viene cucinata correttamente. A parte questo, la domanda sul motivo per cui sia ricoperto di la rucola aleggia nell’aria e rimane senza risposta. Stessa cosa per la “foglia morta” (17 euro), un taglio di carne dal nome fantasioso che (ho controllato) rimanda un tipo di calcio di punizione in cui il pallone supera la barriera degli avversari e spiove in porta. A parte questo la carne è di buona qualità ma, inevitabilmente, ricoperta da un boschetto di rucola. Il pannicolo (ovvero il diaframma o, come si dice qui a Bologna, la “cartella”) con le verdure saltate (17 euro) è eseguito correttamente, ma non esalta.
Completamente bocciata, invece, la parmigiana di melanzane, acquosa e insipida sembra fatta apposta per fare un dispetto ai vegetariani.
Per la conclusione non può mancare il gelato alla crema (10 euro) che viene mantecato al tavolo con un filo di aceto balsamico: montato perfettamente, un velluto al palato con delicati sentori di caffè e liquirizia rilasciati dall’aceto balsamico è un dessert che da solo varrebbe la visita.
In generale la cena ci ha lasciato un po’ perplessi per la grande altalenanza dei piatti che comprendono ottimi esempi di cucina petroniana, alcuni ben eseguiti, ma fermi a trent’anni fa e altri (pochi per la verità) completamente sbagliati. L’impressione è di una grande gloria bolognese un po’ sfiorita che mostra i segni della decadenza, ma con grande dignità. Il conto però resta quello dei bei tempi andati e supera senza difficoltà i 50 euro a testa.
Opinione
Un ristorante alle porte di Bologna sostenuto da un’antica fama che si difende sui piatti tradizionali, ma vacilla sul resto del menu. Alcune portate sentono il peso degli anni e avrebbero bisogno di un minimo di rivisitazione, ma per gli irriducibili della nostalgia potrebbe rappresentare la tappa perfetta.
PRO
- Alcuni piatti della tradizione sono ben eseguiti, come i minuscoli tortellini in brodo
CONTRO
- In generale la cucina sembra essersi fermata a trent'anni fa e non accenna a pentimenti