Trattoria Alle Due Gondolette a Venezia, recensione: una tappa obbligatoria

Recensione della Trattoria Alle Due Gondolette di Venezia, nel sestiere Cannaregio più riservato e silenzioso, oltre i bacari. Menu, prezzi, opinioni, perché vale la pena andarci.

Trattoria Alle Due Gondolette a Venezia, recensione: una tappa obbligatoria

Se non la conoscete, non arriverete alla Trattoria Alle Due Gondolette, nel silenzio di Rio di San Girolamo, Venezia. Siamo a Fondamenta delle Capuzine (nel sestiere Cannaregio), parte finale di un lungo percorso che, per gli amanti delle tappe gastronomiche, inizia con Vino Vero ed i suoi vini naturali in Fondamenta della Misericordia, prosegue con Birreria Zanon e i suoi tramezzini, passa per il Timon e i suoi cicchetti, per poi terminare con una sosta per il caffè ricercato della Torrefazione Cannaregio in Fondamenta degli Ormesini.

Più oltre in genere non si va, ed è un vero peccato perché il Rio di San Girolamo, racchiuso dalle due parentesi rappresentate dalla Fondamenta omonima e di quella delle Capuzine, permette di riconquistare la pace e di scoprire un pezzo del sestiere decisamente popolare e tranquillo. Devono averne apprezzato la pace anche le religiose, per le quali nel 1300 venne eretta non solo la Chiesa di San Girolamo, ricostruita a inizio ’700 e poi divenuta mulino a vapore e fabbrica di glucosio, ma anche – ad inizio ‘600 – il complesso conventuale delle Cappuccine, che dà il nome alla Fondamenta.

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A meno di non essere degli amanti delle storie di monache e conventi, il motivo per cui vale la pena venire fin qui è uno soltanto: la Trattoria Alle Due Gondolette, per l’appunto.

Ora, in una città fagocitata dai suoi stessi simboli e nella quale la ristorazione, specie turistica, ha stravolto luoghi e spazi, deformando il volto stesso della città, scegliere un nome che è un cliché portato all’esasperazione significa firmare la propria condanna a morte. Significa creare un’idea archetipica che sa di tavoli di legno consunto, luce giallina da lampadine solitarie e alte a soffitto, ferri da prua della gondola attaccati qua e là alle pareti, menu monocorde e canzoni in dialetto di sottofondo. Significa perdersi in un mare di stereotipi e insegne, rendendosi pressoché introvabili. Lo sconcerto iniziale, confermato peraltro dal fatto che il locale non ha plateatico, a differenza della concorrenza lungo tutta la fondamenta, induce però ad una riflessione più articolata e che si allarga: non sarà che forse il basso profilo sia voluto? Che un istinto a mimetizzarsi racconti qualcosa in più sull’identità stessa del locale e dei suoi titolari? Che la modestia e la discrezione qui siano di casa? Varcato l’ingresso, le perplessità iniziali cominciano a cadere.

Ambiente e servizio

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Un bancone ad accogliere i clienti, una sala ordinata e semplice, con un restauro che non strilla voglia di modernità fatta di toni grigi o bianchi spinti, ma che placidamente dice che qui una volta c’era un posto che è stato rimesso a nuovo. Punto. Alle pareti, niente lavagne piacione con le proposte scritte con il gesso, né un affollarsi di motti scontati in dialetto. Piuttosto qualche elemento, che racconta il passato in modo pacato e una poesia ironica a tema ittico.

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Vengo fatta accomodare nel giardino esterno, cui si accede attraversando la sala ed è qui che il disvelamento si compie e si capisce le Gondolette sono una conquista, che c’è insomma una sorta di selezione naturale per cui arriva qui solo chi sa cercare, chi sa muoversi oltre i pregiudizi e per questo viene premiato. Il giardino è un locus amoenus, un viaggio nel tempo che riporta ad una Venezia di cui non ci si ricorda più che e tocca vagheggiare come i bei tempi andati, signora mia. Siamo in un cortile racchiuso tra le case: i tavoli sono disposti ordinatamente, le piante ed i fiori sistemate con cura e gentilezza. Alzando il naso, a diverse altezze, abitazioni, balconi socchiusi, panni stesi, discorsi a mezz’aria, intimità domestiche che sono un privilegio. A ciò si aggiunge un particolare, che colpisce: un odore di piatti di casa, di pranzo della domenica, di benvenuto e di famiglia, che è rarissimo trovare e che a Venezia quasi non esiste più.

Il menu

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Pochi i piatti in un menù pulito nello stile e nel font, con alcune uscite e ingressi e passaggi di testimone che dicono come la cucina segua il passo di ciò che è disponibile sul mercato. Si va dai 10-13 euro degli antipasti, ai 13 dei primi ai 16-22 dei secondi.  Le proposte partono da Venezia ma sanno uscirne in modo intelligente, senza strafare. C’è il pesce, la carne e cominciamo a intravvedere un tratto di cui avremo la certezza quando ci arriveranno i piatti. Per anni trattoria tradizionale che ha visto accomodare tra i tavoli lavoratori locali e impiegati, ora vede compiuto quel “passaggio generazionale” ultracitato. Che tuttavia qui non si traduce in colpi di testa e arroganza fatta di accostamenti improbabili, quanto piuttosto nell’inserimento di ingredienti che danno una spinta in più e in una modernità complessiva di gusto e di impiattamento.

La carta vini è una selezione di proposte, misurate ma curate, che dimostra competenza e che guarda soprattutto al Nordest.

Il servizio è caloroso, cortese, preciso. I piatti vengono illustrati senza sussiego, ma con cura. Dalla cucina escono suoni di ingredienti, pezzi di dialoghi e battute. E quando mi arriva in tavola l’antipasto, portato con le due mani che reggono il piatto e lo accompagnano quasi con affetto verso il suo destino, non posso fare a meno di trattenere un sorriso.

I piatti

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Tra gli antipasti, la proposta del giorno è un polpo con crema di carote e ciliegie. Deviazione dal consueto accostamento con patate, è una declinazione di toni di rosso-viola-arancio che attraversa il porpora, il vermiglio, l’amaranto, il cremisi e il carminio. Non bastano i cromatismi tuttavia a dare identità e carattere. In questo caso l’anticipazione visiva viene ampiamente confermata all’assaggio, con la morbidezza del polpo, accompagnata dalla dolcezza della carota e ravvivata dall’acidulo delle ciliegie, carnose al pari del polpo, a chiudere il cerchio del boccone perfetto. Da inserire nel menu in modo permanente, se fosse possibile.

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La scelta del primo è obbligata: in carta infatti compare un piatto che è l’emblema della trattoria, un’equazione algebrica che non dovrebbe nemmeno essere verificata, gli spaghetti con le vongole. Semplicissimi, strattonati da esecuzioni perfette da un lato e disastrose dall’altro, danno la misura della mano in cucina e della scelta degli ingredienti. La carta, in questo caso, aggiunge un “cipollotto” che incuriosisce. E il primo a prendersi lo spazio – olfattivo – è proprio lui, il cipollotto, cui all’assaggio seguono le note marine delle vongole, e a chiudere, di nuovo il cipollotto, che compare in forma di crema-emulsione lieve. Nel complesso le note sono bilanciate – forse una leggera sbavatura in eccesso per sapidità – e non ci sono sovrapposizioni piuttosto una rincorsa di sapori, che rendono il boccone bello pieno, complice anche una cottura corretta dello spaghetto. Viste le porzioni, alquanto generose, e visto che spesso sui dolci inciampano anche i bravi, salto il secondo e affido la conclusione al dessert. Tre le proposte, dalle quali estraggo una cheesecake scomposta con marmellata di sambuco. Diffido delle scomposizioni, che vedo come un tentativo non tanto di rivisitazione, ma di manipolazione, furbizia o pigrizia, mentre rincorro la parte croccante, quella cremosa e schizzi di glassa che il cucchiaino non recupererà mai. Aspetto il giorno in cui mi porteranno gli ingredienti separati come un kit Ikea e dovrò montarmi nel piatto il mio dessert.

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Detto ciò, quella che arriva nella ciotola è una scomposizione ottima e sensata e che permette di raccogliere tutti gli addendi per creare una somma compiuta, in cui consistenze e sapori sono presenti tutti contemporaneamente. Le note agrumate della crema, assai ben montata, hanno il merito di arrivare a chiudere con freschezza l’intero pranzo; il burro e il tocco leggermente salato del crumble danno la giusta spinta mentre il sambuco giunge come un sipario con dolcezza acidula a salutare il pubblico.

Trattoria Alle Due Gondolette a Venezia

Opinione

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Senza richiami nostalgici ma avendo semplicemente ereditato e appreso la lezione, la Trattoria Alle Due Gondolette è una sorpresa inattesa a Venezia. La cucina rivela una mano capace, seria, in grado di fermarsi al punto giusto prima di eccedere in colpi di testa. Pochi piatti, ma preparati con cura e ingredienti che rivelano una capacità di scegliere e selezionare. Un sorprendente conto di 37.50 euro rende il locale una tappa obbligata in città.

PRO

  • Il bel dehors
  • La proposta essenziale e centrata
VOTO DISSAPORE: 7.5 / 10
Voto utenti
Trattoria Alle Due Gondolette
Trattoria Alle Due Gondolette
Fondamenta de le Capuzine, 3016, 30121 Venezia, Venezia VE, Italia
Opzioni Vegetariano