Spesso indicazione di quanto poco si conosca un luogo è l’ostinata, solida banalità dei cliché che lo riguardano. E allora Trieste è la mittel-Europa; tutto il Friuli terra di confine e di cultura dai confini sfumati, dalle influenze slave e boeme. Tutto vero, ma c’è di più tra le pieghe della storia ed è di nuovo il cibo, formidabile veicolo di indagine culturale, a consentire un viaggio più nudo e particolareggiato dentro le tradizioni a volte esotiche e sconosciute di questi luoghi lontani, un po’ italiani un po’ forestieri. Sauris & Borc da Bria, trattoria friulana semi nascosta in una traversa di via Padova, Milano, ci fornisce più di un esempio a riguardo.
C’è qualcosa di bizzarramente medievale dell’eccentrico mix di spezie del loro magnifico brasato di guancia di manzo arricchito alla cannella e chiodi di garofano. Un tocco antico che, se può far storcere il naso ai portabaniera del gusto contemporaneo, marca tuttavia una forte identità a questa e altre tipicità friulane. Come gli gnocchi di susine, di antica provenienza boema, o i cjalsons, agnolotti ripieni di mix strambi, pre-moderni, come cipolle, uvetta, biete, a volte cacao.
Gli gnocchi e i cjalsons non sono presenti in carta, insieme a un’altra manciata di cose tipiche come il muset (muso di maiale da cuocere tipo cotechino) e in effetti il menu conciso e parziale è l’unico aspetto un po’ off di questa trattoria che, per il resto, è una vera preziosità. Peraltro il menu cambia di continuo e segue l’estro della cucina e l’offerta stagionale, quindi più che di mancanza si puo’ parlare di un’occasione per ritornare.
Certamente non manca il frico, tortino morbido di formaggio all’apice del comfort food friulano, la cui essenza è, beh, quella di essere un tortino morbido al formaggio, in quanto ogni altro elemento costituisce variazione sul tema, e quelle ammesse sono molteplici. Qui è proposto con Montasio, patate e cipolla, in una terrina di terracotta che fa da contorno a una crosta bronzea dall’aspetto lussurioso della crème brûlée. L’interno è un amalgama spumoso, indistinto e in perfetto equilibrio, dove la cipolla arricchisce con discrezione la struttura e il gusto senza imporsi.
Pareti bianco acceso, come calce grezza, ricoperte da innumerevoli cimeli legati alla campagna e alla vita rurale rendono il luogo al contempo spoglio ma ricco di suggestione. Umile e rustico ma caldo ed evocativo. Come un’antica casa di contadini. Per associazione sinestetica sembra – ma è un illusione – di sentire l’atmosfera impregnata dei fumi di un calderone che ribolle lento. Sarebbe il solito cliché della trattoria calda e rustica, se non fosse che qui il rimando alle atmosfere d’origine è vero e lontano da ogni estetica preconfezionata: la Carnia, regione friulana da cui provengono molti prodotti usati in cucina, è uno dei territori più isolati e rurali d’italia.
Il servizio è gentile e appropriato, anche se la competenza sui piatti e soprattutto sui vini sembra essere esclusiva solo del capo servizio. Facciamo due chiacchiere sulla carta, che è breve ma – nota di merito – ad esclusiva rappresentanza del territorio friulano. Abbiamo bevuto molto bene, ma giusto per spaccare il capello, avrei giudicato adeguato un maggior riguardo per le etichette artigianali e naturali, essendo il Friuli territorio a questo vocato per eccellenza e tradizione.
Il tagliere misto è una diligente rassegna di alcune tipicità, tra cui spiccano un affinato di malga al cioccolato alquanto insolito (dicevamo le stramberie negli accostamenti?) e il formadi frant, un formaggio di recupero la cui ricetta cambia da casa a casa. Ma quello che rende speciale questa selezione è il corteo d’accompagno in pompa magna: il cestino del pane. La pagnotta integrale, tagliata a spesse fette squadrate come brownies fondenti, pur ottima, è ultima nel podio quando a competere ci sono dei grissini eterei e friabili fino all’impossibile, in bocca un’esplosione di micro schegge polverizzate come fuochi d’artificio. E del pane bianco denso, casereccio, dolce come il pan di patate. Forse è arricchito da farina di mais.
I blecs, una versione triangolare dei maltagliati fatta con grano saraceno e conditi al ragù di manzo bianco sono un altro tassello, onesto e ben realizzato, a comporre il parterre delle tipicità. Protagonista dei secondi è la polenta. Il colore brunito e puntellato fa pensare illusoriamente alla polenta taragna con grano saraceno, ma potrebbe essere invece il risultato della rosolatura nel burro da cui emergono note tostate e intense. Si accoppia alla perfezione con il goulash di manzo e la sua pastosa salsa alla paprika. Ancora meglio il connubio con la scaloppa di fegato d’anatra nel toc’ in braide, un piatto sommariamente traducibile come polenta condita e di cui si ammettono innumerevoli varianti. L’ossimoro audace del ruvido della polenta con la ricercatezza del foie gras contrasta con la monocromia continua dei due componenti, dal cipria al nocciola debole, che dona all’insieme una bellezza quasi superflua per una portata da trattoria, e per questo ancora più spiazzante. Peccato solo che il fegato non fosse svenato, ma non siamo in un grand hotel parigino ed è un peccato veniale.
Il gubana, lievitato arrotolato a chiocciola ripieno di frutta secca e dessert tipico delle feste friulane, fa da guardiano alle riflessioni di fine pasto. A prescindere dal tipo di cucina, non ci vuole forse poi molto a mettere in piedi la trattoria definitiva, che trova la sua essenza in un ambiente caratteristico e sincero, in una cucina rustica, di peso, ma solida nella tecnica e nella qualità degli ingredienti. E nel livello dei prezzi adeguato, cioè da trattoria. Perché è invece così raro trovarne a Milano?
Opinione
Come ogni città italiana, Milano è ricolma di trattorie. è dunque paradossale come sia tutt’altro che facile trovare, tra le molte, quelle più fedeli ai pochi, ma certi, principi che del concetto di trattoria dovrebbero essere caposaldo. Cucina sincera e senza artifici, ma capace di farti appassionare alle tradizioni del territorio rappresentato; Un contesto gioviale e caratteristico senza essere macchiettistico. E un livello di prezzi da trattoria. Questo è uno dei pochi casi vincenti.
PRO
- La trattoria definitiva. Piatti solidi e semplici ma capaci di grande slancio
- Rappresentazione autentica delle specialità del territorio friulano
- Ambiente e servizio caldi e accoglienti
- Il conto molto onesto
CONTRO
- Mancano alcuni piatti iconici della gastronomia friulana, i più difficili da preparare
- Pochi vini naturali e artigianali in carta, peccato vista la vocazione e tradizione del Friuli