Se, almeno negli intenti lessicali, l’Östaia a Ribotta di Genova vorrebbe evocare un’allegra bisboccia (la ribotta, appunto), nella pratica – dopo due visite attente – ci pare tuttavia più calzante il malinconico soprannome di Osteria delle occasioni perdute.
È infatti proprio il potenziale sprecato, più della gozzoviglia epicurea, a tracciare il filo rosso di un locale che, pur avendo tutti i numeri per primeggiare, sembra invece accontentarsi di una stanca sufficienza.
Occasione sprecata nr. 1: il glicinicidio
Se le sale interne sono curate e accoglienti grazie alla riuscita alternanza di arredi rustici ed elementi industriali, il valore aggiunto dell’Östaia (la sua cifra, potremmo dire) è il vasto giardino pensile sovrastato da un enorme glicine lussureggiante.
Uno strabiliante miracolo natural-metropolitano – ci troviamo, infatti, nel cuore cittadino, proprio sopra la trafficata piazza Portello – che offrirebbe a una cinquantina di avventori la rara e romanticissima opportunità di essere avvolti in un abbraccio verde nel bitumico grigio urbano, se solo… tra i tavoli e il pergolato non fosse stato frapposto un mega tendone di polietilene (“cadevano le foglie” è stata la laconica spiegazione alle nostre rimostranze).
Così, del frondoso manto smeraldo non restano ora che qualche indisciplinato tralcetto laterale, una grande ombra da intravvedere e un ricordo da rimpiangere.
Occasione sprecata nr. 2: la cantina del Re Sole
La cantina segue le medesime orme del giardino: grande potenziale, sconcertante messa in opera.
Di oltre un migliaio di etichette non esiste, infatti, traccia scritta. Così, dopo averci spiegato che i vini “sono troppi” per essere intrappolati in una lista, il cameriere asserisce, in un afflato à la Luigi XIV: “la carta sono io”.
Très bien. Ma tale scelta non è priva di rischi perché, tanto più con una cantina assai bene assortita, il tempo sottratto al vergare (diciamo per essere poetici, ché basterebbe un software) dovrebbe essere, per contro, impiegato nell’inquadrare il cliente, carpirne i gusti, conoscere i piatti ordinati, informare, suggerire, proporre, guidare. E, non meno importante, indicare i prezzi, aspetto non trascurabile che può orientare, se non fondare, la scelta.
All’Östaia, tuttavia, l’auspicato accompagnamento si riduce, purtroppo, a uno sbrigativo interrogatorio (“bianco o rosso?”/ “fermo o mosso?/ “Liguria, ok?” / “Pigato, Vermentino o Cinque Terre?”), senza ulteriori indicazioni (produttore, peculiarità, prezzo ecc.).
Fatichiamo, davvero, a comprendere la ragione di questa politica che invece di valorizzare una cantina invidiabile – solo uscendo abbiamo adocchiato straordinari champagne, ad esempio – la tiene gelosamente nascosta.
Occasione sprecat(in)a, nr. 3: la cucina
L’offerta gastronomica dell’Östaia oscilla tra capisaldi della cucina ligure (capponmagro, ravioli al tocco, gnocchetti al pesto, acciughe fritte), invitanti proposte personali e alcuni piatti fuori menu (di cui, qui sì, viene indicato il prezzo).
Ma, di nuovo, fa capolino il leitmotiv delle occasioni sprecate.
Se, da un lato, si apprezza infatti la qualità delle materie prime, un menu ben studiato e una buona tecnica, dall’altro – tranne alcune eccezioni come l’eccellente capponmagro – il risultato potrebbe essere assai migliore con poche, semplici, accortezze.
Ad esempio, la (buona) salsa agrodolce è indispensabile per attenuarne la pastosità delle (altrettanto buone) polpette di acciughe cui è abbinata, ma il dosaggio con il contagocce la rende sufficiente per nemmeno la metà.
Gli spaghetti con julienne di friggitelli e acciughe, più al chiodo che al dente (mancano alcuni minuti di cottura all’appello), svelano una piccantezza assai marcata, ma del tutto indichiarata.
I calamari ripieni, accompagnati da una riuscita salsa di datterini gialli e da un’evitabile insalatina da busta, hanno una farcia piacevolissima di gamberi e borragine racchiusa, tuttavia, in un mollusco decisamente troppo asciutto.
Il fritto infine, sia di verdure che di acciughe, conferma come le capacità tecniche non manchino – è infatti leggero e croccante – ma infonde il sospetto che a difettare sia, invece, la volontà di dare qualcosa in più: piatto gradevole, ma non incisivo.
Conto
Il conto è in linea con le proposte della zona e giustificato dalla qualità delle materie prime. Si mantiene, infatti, nel range dei 35 – 45 euro (bevande escluse) e rende a Ribotta un’opzione comoda e centrale per mangiare discretamente, all’aperto nella bella stagione e in un ambiente accogliente nei restanti mesi, a prezzi non eccessivi e, se armati di una certa pervicacia, anche bere benissimo.
Un vero peccato, perché con qualche sforzo in più potrebbe, invece, ambire a ben altro ruolo.
Opinione
Osteria moderna e curata nel cuore di Genova con il potenziale per diventare una delle più apprezzate della città se si affrancasse dalla china autolesionista: così, nello spazioso giardino pensile la vista del bellissimo pergolato di glicine è soffocata da un telone plasticoso che ne uccide il fascino; dell’esistenza di una splendida cantina non è data notizia alcuna ai clienti, né è possibile farsene autonomamente un’idea perché non esiste una carta; la cucina è discreta, ma con qualche accortezza potrebbe fare molto meglio.
PRO
- Ubicazione centralissima con grande giardino pensile
- Servizio veloce
- Cantina vasta e articolata, ma...
CONTRO
- Carta dei vini inesistente
- Cucina perfezionabile