Pensate a quei 5 camerieri sudati e stravolti dal servizio di 200 umani vocianti in un ristorante qualunque.
E poi pensate a Trippa, la trattoria post-moderna che ha conquistato i cuori dei milanesi. Anche qui sono in 5, ma i coperti non superano gli 80 affamati e l’attenzione al dettaglio riesce a fare davvero la differenza.
Se siete anche voi dei professionisti del settore, o vi fate raccontare come si fa da Pietro Caroli, uno dei due ideatori di Trippa, oppure partecipate al corso di Accademia Ferrarelle, partner di Dissapore, sull’arte e tecnica del servizio.
Gli appuntamenti Accademia Ferrarelle per il 2017 sono imperdibili se avete l’istinto, ma sentite di doverci mettere qualche base più solida, in questo caso riguardo a: servizio in sala, galateo della tavola, presa dell’ordinazione e tecniche di vendita.
Veri professionisti (tipo Matteo Zappile, Direttore e Sommelier del Ristorante stellato Il Pagliaccio di Roma) prenderanno a cuore il vostro futuro lunedì 19 Giugno nella sede di Riardo (CE), al costo di 150 euro.
Iscrivetevi, fatelo subito! Fatelo per voi, ma anche per noi, poveri clienti in balia di personale di sala troppo spesso improvvisato e musone!
E adesso chiediamo a Pietro Caroli di Trippa cosa fa davvero la differenza nel servizio in sala
“Al primo posto c’è di sicuro l’EMPATIA. Per mettere a proprio agio i clienti e farli sentire un po’ a casa, in famiglia diciamo, è necessario che si instauri da subito tra l’ospite e il personale. L’esperienza appagante va bene, ma in un ambiente rilassato e rilassante.
Poi direi che fondamentale è l’ATTENZIONE. Abbiamo un servizio intenso e concentrato in un lasso di tempo relativamente breve; nonostante questo cerchiamo di capire chi abbiamo davanti per fare in modo, ove possibile, di prevenire le esigenze del cliente.
Sembra una banalità, ma sostituire il cestino del pane prima che sia vuoto fa risparmiare tempo al personale di sala e non costringe il cliente a “sbracciarsi” per chiederne ancora. Una piccola attenzione solo per spiegare di cosa stiamo parlando.
Infine l’EDUCAZIONE: un termine semplice, una cosa scontata, ma mai del tutto. Fa parte del bagaglio personale e pesa molto nella scelta del personale di Trippa. Buone maniere e buon senso permettono di gestire ogni tipo di situazione capiti in sala. Certo, le tecniche di servizio sono importanti, ma ho imparato che l’educazione è un metodo infallibile per conquistare i clienti.
C’è un modo per orientare il cliente nella scelta di un piatto o di un menu, senza risultare invadenti?
Oggi il cliente ha bisogno di qualcosa di più: da dove viene la materia prima, come è realizzato il piatto, con quali tecniche di cottura, eccetera. Lo stesso vale per i vini: orientare il consumatore vuol dire raccontarlo, rispondere alle domande, comunicare che si conosce realmente il prodotto che si sta cercando di vendere.
E’ per questo che ogni cosa in carta, vini e piatti, devono essere degustati dal personale. Solo a questo punto è possibile consigliare il cliente e orientarlo nella scelta del piatto o del calice che fa per lui.
Nello specifico, mi riferisco ai momenti caldi della cucina. Quando entrano molte comande cerchiamo di suggerire la condivisione di alcuni antipasti, in modo che allo chef non arrivino ordinazioni tutte diverse.
Lo chef, appunto. Nel caso di Trippa, Diego Rossi ha una finestra sulla sala che permette di “tastarne il polso” pur restando in cucina. Ma così non si perde il contatto umano col pubblico, cosa che in molte sale riesce a fare la differenza?
La sala ha il suo equilibrio e la cucina altrettanto. L’idea della cucina aperta e “affacciata” sulla sala è stata uno dei tratti fondanti di Trippa: mette in costante comunicazione il cliente con lo chef, senza distoglierlo dal suo lavoro che, lo abbiamo detto, in alcuni momenti risulta molto intenso.
Credo che il cliente preferisca un servizio di livello, rispetto al momento un po’ folkloristico del passaggio ai tavoli dello chef, che può capitare anche da noi, ma non sempre.
Prendete ad esempio il piatto del giorno. Le porzioni disponibili sono limitate, l’uscita dello chef in sala potrebbe creare disguidi sul numero di porzioni vendute. In questo caso, la sala tiene costantemente monitorati i numeri dei piatti: è un incastro con le sue regole: solo in questo modo cucina e sala non si “pestano i piedi” a vicenda.
Trattoria, certo, ma qui il vino viene servito in calice. Non proprio un servizio spartano…
Direi che il nostro servizio è una buona via di mezzo tra quello di una classica trattoria (tovagliette di carta, per esempio) e un ristorante vero e proprio. Il vino è un buon esempio per far capire questo concetto: pur restando un ambiente informale e rilassato, non troppo impostato, l’offerta è comunque di qualità.
Mi occupo personalmente della carta dei vini privilegiando etichette di nicchia e produttori dai numeri molto piccoli. Per capire cosa vuole bere il cliente che ci troviamo davanti serve un po’ di intuito, visto che, a parte delle eccezioni, è possibile che non conosca i vini in carta.
Si carpisce qualche dettaglio e, con un po’ di intuito si riesce a orientare il cliente. Abbiamo scelto come standard il calice, per regalare l’esperienza di una degustazione ad hoc, ma il servizio si occupa di versare solo il primo bicchiere di vino e acqua.
Per il resto della cena, poi, il cliente si autogestisce la bottiglia al proprio tavolo. Ecco il nostro stare a metà tra ristorante e trattoria, insomma.
Anche gli elementi della tavola sono fondamentali…
“Anche i piatti hanno la loro importanza, non solo per quello che contengono. Noi, ad esempio, abbiamo scelto di mantenere una certa coerenza con lo stile vintage che caratterizza il locale, in questo modo il cliente si sente rassicurato.
Abbiamo dei piatti di latta da rancio militare per la trippa fritta di cui andiamo fieri, e poi terracotte per le zuppe e semplici piatti con profilo per gli altri piatti. Il momento del conto è l’ultimo scambio tra la sala e il cliente ed è un po’ “delicato”, per così dire.
Abbiamo pensato di portare il conto al tavolo all’interno di una scatola vintage insieme a delle caramelle. Non caramelle qualunque, però: ricordate le Rossana, quelle che vi metteva in tasca la nonna?
Tutti vogliono raccontare il loro ricordo legato a queste caramelle, cosa che aiuta a stemperare la tensione legata al momento del conto. L’ultima fase della cena da Trippa è conviviale e divertente: esattamente quello che volevamo come ultima sensazione prima di uscire dal nostro locale.
[Crediti | Link: immagini: Chiara Buzzi/Flawless, Ristorantiweb]