«Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta» cantava così Guccini della sua Bologna nel 1974, ma negli ultimi cinquant’anni le cose sono cambiate e non sono solo scomparse le osterie, ma anche quasi tutte le trattorie in cui trovare uno o due piatti caldi a un prezzo modesto.
Ovviamente non è una tendenza solo di Bologna, anche se in altre città questa carenza è meno evidente e basta pensare ai bacari veneziani o alle piole torinesi per rendersene conto. Per diversi motivi, non ultimo la grande fama raggiunta dalla sua gastronomia negli anni del boom economico, molte trattorie bolognesi si sono trasformate in veri e propri ristoranti, mentre altre hanno lasciato il posto all’invasione delle pizzerie prima, dei cinesi poi e ancora dei fast food, continuando con i vari tipi di ristorazione etnica che sono dilagati pressoché ovunque nel paese, andando a riempire il vuoto lasciato dai ristoranti tradizionali di fascia economica.
Se si pensa a oggi si fatica anche a capire cosa sia diventata la classe stessa delle “trattorie”, molte delle quali mantengono solo il nome, mentre tutto il resto assomiglia a un vero e proprio ristorante, dalla scelta dei piatti, alla carta dei vini, fino al conto, a volte superiore alla media. Delle vecchie trattorie rimangono alcune caratteristiche come il profondo legame con il territorio, la proposta di ricette tradizionali più o meno desuete, il desiderio (in mancanza della necessità) di utilizzare materie prime “povere”, spesso accuratamente selezionate tra le eccellenze regionali.
Le poche “vere” trattorie che ci sono ancora si trovano spesso fuori dal centro cittadino ma lo scontro è sempre più impari e in queste classifiche ogni tanto si ha l’impressione di arruolare la squadra di calcio dell’oratorio per il campionato serie A. Questo, che potrebbe sembrare un disclaimer da parte di chi scrive e si trova a dovere incasellare i vari locali sulla piazza, in realtà è una presa di coscienza della situazione attuale, in particolare quella bolognese che sconta ancora un ultimo peccato, ovvero di sopportare male qualsiasi tipo di innovazione in campo gastronomico.
I bolognesi da questo punto di vista si confermano grandi estimatori della loro cucina al punto da rappresentare il vero zoccolo duro della domanda sul mercato cittadino. Una delle spiegazioni risiede nel fatto che la maggioranza dei piatti tipici bolognesi sono lunghi e complessi da fare, mentre sono sempre meno le famiglie che fanno i tortellini a casa, così come le lasagne o la cotolette, ma negli anni non è diminuita la richiesta di cucina tradizionale. I ristoranti suppliscono a questa mancanza e si potrebbe pensare che la presenza di centinaia di luoghi in cui gustare la cucina petroniana abbia un risvolto sulla qualità media, ma non è sempre così, anche se ci sono alcune punte d’eccellenza. Quello che non varia più di tanto è invece lo scontrino medio che raramente scende sotto i 40 euro e spesso si attesta sui 50.
Ma non bisogna disperare, e questa guida delle migliori trattorie di Bologna, frutto di mesi e mesi di recensioni indipendenti e assai critiche, nasce proprio come strumento per orientare i lettori nella smisurata proposta cittadina. A voi.