Esquire, il celebre maschile americano pubblicato da Hearst, ri-ri-ridebutta in edizione italiana.
Non che le altre volte sia andata benissimo, ma il primo numero del nuovo corso –un tomo di 330 pagine pesante anche per vostre finanze (6,50 euro)– è infarcito di pubblicità.
Perché ne stiamo parlando? Perché sul nuovo Esquire sono molto presenti chef, ristoranti e trattorie.
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A proposito di trattorie, la rivista ha chiesto a Paolo Vizzari, rampollo di Enzo, direttore e plenipotenziario delle guide l’Espresso, di vergare un manifesto della “new trattoria“.
Non le trattorie vecchio stampo, ma posti dove la tradizione rivive in chiave contemporanea, i piatti della storia si mescolano a ingredienti etnici e moderni, il grembiule dell’oste si fonde con i tatuaggi delle nuove generazioni di cuochi metropolitani.
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Queste sono le 5 regole individuate dal critico gastronomico, ereditario ma comunque preparato:
Le 5 regole della Nuova Trattoria Italiana
1) Crea un ambiente che sia confortevole, con arredi e colori che ricordino le trattorie di una volta. Il primo impatto deve far sentire subito gli avventori come se si trovassero dentro una foto di famiglia d’altri tempi.
2) Impara a lavorare ogni taglio di carne e ogni specie di pesce, non soltanto quelli nobili. Lascia perdere i bocconi costosi in favore delle frattaglie e parti considerate povere, così potrai offrire una qualità migliore a un prezzo più basso.
3) Insegui sempre la verità degli ingredienti che utilizzi per i tuoi piatti. Una volta che hai cercato e comprato gli ingredienti più adatti, evita di coprirli esagerando con la tecnica e la voglia di far vedere quanto sei bravo.
4) Non spaventare i tuoi clienti con un’estetica troppo complessa. Il piatto dev’essere costruito in modo che a ogni boccone si rieca a godere di tutti i diversi elementi che lo compongono, non solo in funzione della sua bellezza.
5) Non dimenticarti mai di vivere la tua vita al di fuori del ristorante. L’atmosfera giusta non si può creare senza una squadra di persone rilassate, che si tuffano nel mondo per portare indietro idee e stimoli.
Di regole sulla nuova trattoria italiane se ne potrebbero scrivere molte, ma siete d’accordo con il giovane Vizzari che sono queste le principali e niente di decisivo è stato tralasciato?
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Oltre al manifesto, Vizzari descrive gli eventi che, secondo lui, hanno influenzato il corso contemporaneo della trattoria italiana. Di seguito trovate alcuni estratti: siete d’accordo con lui anche in questo caso?
Cambio d’abito della trattoria italiana: cronologia degli eventi
– Fine anni 60:
“La meta obbligatoria di ogni gourmet italiano è l’evoluzione geniale di una bottega con tabacchi a Samboseto (Parma). L’insegna sul muro diceva solo Cantarelli, come il cognome di Peppino e Mirella, leggendari proprietari che cambiarono in punta di piedi il modo degli italiani di stare a tavola.
Oste d’altri tempi lui, provinciale nell’ospitalità ma visionario nello scovare bottiglie allora introvabili come Pétrus o Romanée-Conti; cuoca di casa eppur raffinata lei, che si ‘permetteva’ di aggiornare ricette tradizionali come i tortelli di ricotta e il savarin di riso, spingendosi a proporre un soufflé di lingua”.
– Anni 80/Duemila:
“La trattoria diventa il simbolo dell’abbondanza contrapposta alle porzioni scarse dei cuochi fighetti, con la qualità a pesare meno possibile pur di lasciare spazio alla proporzione quantità/prezzo.
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Cresce oltre ogni previsione la dignità dell’alta cucina, con la prima generazione dei nuovi cuochi italiani: Massimo Bottura, Carlo Cracco, Davide Scabin, Moreno Cedroni, Enrico Crippa, Pino Cuttaia, Massimiliano Alajmo…)”.
– 2008:
“A Torino, il duo di osti col pallino dei vini naturali Andrea Gherra/Pietro Vergano apre il Consorzio (e poi il fratellino Banco), per proporre bei bicchieri e una cucina povera incentrata sulle frattaglie in un contesto da tovaglia a quadri e camerieri in jeans”.
– 2014:
“Damiano Donati apre a Lucca Punto – Officina del Gusto. “Cucina istintiva e tavoli di legno nudo con tovaglioli dai ricami pirateschi, vini naturali e servizio basato sull’empatia. Con il Punto si arriva per la prima volta alla trattoria contemporanea, ma è un caso isolato letto ancora come eccezione e non come nuova norma”.
– 2015:
“La vera rottura avviene l’anno dopo a Milano quando Pietro Caroli e Diego Rossi uniscono le forze e creano quella che diventerà il simbolo per acclamazione popolare della Nuova Trattoria Italiana. I due insieme s’inventano Trippa.
Quella di Diego Rossi è una cucina che propone pochi piatti fissi e vive di fuori carta per sfruttare ogni giorno i movimenti del mercato, nobilita verdure e frattaglie grazie a una mano d’alta scuola, ma mantiene impiattamenti rustici per non spaventare l’ospite con un’estetica troppo complessa.
L’impatto visivo del locale è un elemento chiave, studiato per ricordare a noi italiani le trattorie dell’infanzia tramite il recupero di arredi come l’appendiabiti con cappelliera accanto all’ingresso, gli specchi, la radio, la bilancia, la ventola enorme che spostava solo un filo d’aria per volta”.
– Oggi:
“Mazzo a Roma, Nana a Senigallia, Tosto ad Atri, Oltre a Bologna sono altri interpreti che stanno cambiando l’abito alla trattoria in giro per l’Italia”.
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Avete idee, pensieri o nomi da aggiungere a questa storia?
Se non l’avete letta tutta si potrebbe riassumere così: materie prime da bistrot e atmosfera rilassata in sala, ma ordine, rigore e tecnica da alta cucina. Ecco come sono nate le Nuove Trattorie Italiane.
[Crediti | Esquire]