Una delle espressioni più furbescamente utilizzate a Venezia per indicare l’attrattività di un locale è “a pochi passi da …”, che ognuno può completare aggiungendo Rialto o San Marco alla fine della frase”. In città, molto si misura – turisticamente – in funzione della posizione rispetto ai due poli principali su cui si concentra il flusso dei visitatori. Con esiti poco felici o inganni, che si trasformano in camminate chilometriche per raggiungere la meta agognata. In questo caso però, i pochi passi sono sorprendentemente reali e un pranzo all’Antico Calice finisce per essere una sosta in pieno centro cittadino (se a Venezia esiste un centro), a meno di due minuti dal Ponte di Rialto.
La sorpresa si fa poi stupore puro o addirittura incredulità quando si scopre che in un luogo così centrale e a rischio precotti e scontrini-salasso, il rapporto qualità-prezzo (e felicità) è ottimo: non a caso Elio Zorzi in “Osterie Veneziane”, summa della storia gastronomica di Venezia, scrive che l’insegna “rappresenta una delle osterie più celebrate di Venezia e della Regione Veneta”.
La storia del locale e dello spritz
Non si può recensire l’Antico Calice tralasciandone la storia. Zorzi ne fa risalire le origini al 1537. Dei secoli successivi, tralasciando passaggi di proprietà e vicissitudini, una data deve essere assunta come riferimento e discrimine: il 1902, anno in cui i fratelli Bolla avviano il locale: “venivano da Soave, il bel castello della Marca veronese, che fornisce il famosissimo vin bianco secco e il meno famoso ma più dolce Torbolino”. Oltre a Soave e Torbolino, l’offerta si amplia a “rossi delle colline di Verona, rossi di Valpolicella e Reciotti”, mentre viene abolita la cucina, sostituita da un “servizio di rifreddi” che vedeva prosciutto, salame di Verona, vitello arrosto freddo e acciughe. “Questa specie di buffet (…) attrasse ben presto i clienti, tra i quali si notò subito il Prof. Marsich, il geniale inventore dell’ombra.
L’ombra consiste nel mezzo bicchiere di vino bevuto in piedi, al banco. Etimologicamente, l’ombra deriva da quella eccezione della parola ombra che significa un pochino, un’idea, un fiato (…) e standardizzata nella misura della metà esatta di un quarto di litro”. Fin qui la cornice e la precisazione circa un’espressione che fa parte del vocabolario minimo veneziano e dell’essenza stessa del frequentatore di osterie (e bacari, ovviamente): l’ombra di vino. Sono tuttavia le righe che seguono ad essere fondamentali, ed è bene appuntarsele perché codificano una volta per tutte la nascita dello spritz, individuando nell’Antico Calice il luogo dove è nato il celebre aperitivo, diventato un simbolo stesso di Venezia: “Al Calice potrete gustare a mo’ di aperitivo una scorzeta, ovverossia un bismarck o spritz, delicata ed innocente invenzione del Calice, che offre sotto tale nome una mezza ombra di vin bianco al selz con una fettina di buccia di limone”. Questo il punto di partenza per tutte le interpretazioni e variazioni sul tema che seguiranno. L’Antico calice, insomma, come ombelico del mondo.
La storia del Calice è legata oltre che alla nascita dello spritz, anche a quella del Gazzettino, quotidiano locale fondato da Giampietro Talamini nel 1887. Ancora Alvise Zorzi ricorda infatti come la vicinanza della sede del giornale a quella dell’osteria, di fatto trasformò il Calice in una seconda redazione: molti giornalisti “ne fecero il loro recapito e il loro ufficio” e oltre i confini cittadini, il locale raccolse una varia umanità proveniente da tutto il Veneto.
L’ambiente è accogliente, con dettagli che rimandano alla venezianità (cappelli da gondoliere appesi alle travi del soffitto) ma senza esasperazioni grottesche o pacchiane. Il servizio va di pari passo: cortese, presente ed efficiente, ma in modo discreto.
Il menu, i piatti
Consegnato al passato il servizio di rifreddi, oggi la gestione attuale affidata a Cristiano e Marco – esperienza maturata alla osteria Alla Botte, poco distante – vede l’insegna trasformata in una trattoria classica, in cui la tradizione è proposta rispettando stilemi e qualità. La carta è un percorso tra grandi capisaldi della cucina lagunare (folpetti, baccalà mantecato, bigoli e risotto al nero, sarde in saor, frittura, seppie e polenta) con poche ed essenziali concessioni al gusto turistico (prosciutto crudo, filetto e tagliata). I prezzi sono nella media, ma considerando posizione, qualità e quantità, assolutamente competitivi: antipasti dai 15 ai 22 euro, primi piatti a 15, secondi tra i 15 e i 22. Articolata la proposta di vini, con riferimenti che si muovono in regione e sanno uscirne denotando conoscenza.
Tra gli antipasti, il misto è un buon banco di prova: spesso ridotto a 3 o 4 proposte, qui rivela la volontà di far assaggiare anche pesci-crostacei-molluschi meno conosciuti, che implicano l’uso del dialetto: se infatti baccalà mantecato, canocchia, capasanta al forno, polenta e gamberetti, insalata di piovra, uova di seppia e alici marinate sono più noti e frequenti, meno lo sono garusoi e bovoeti, rispettivamente murici e lumachine, non facilmente comprensibili, non solo linguisticamente ma anche al gusto. Un misto di rara varietà.
Tra i primi, dalle proposte non in carta ma elencate a voce la scelta non può che cadere sugli spaghetti con le telline, semplici e insidiosi. Qui la dolcezza delle telline (in buona quantità) riceve una spinta misurata da una lieve nota piccante e da tocchetti di pomodoro. Lo spaghetto nervoso raccoglie bene il sugo e rivela una mano esperta in cucina: niente sabbia ovviamente, telline carnose e note aromatiche che esaltano il mollusco invece di coprirne il sapore. Prendeteli.
I dolci proseguono nella direzione tracciata dal resto del menu: crostate, biscottini secchi locali, tiramisù, crème brûlée. Fatti in casa, anche in questo caso rivelano un’esecuzione decisamente buona, senza eccessi di ruffianeria nel tiramisù né anonima dolcezza nella crème brûlée.
Opinione
Nel cuore della città, l’Antico Calice mantiene fede alle sue origini e ad una storia che ne ha fatto una delle insegne di riferimento a Venezia. Con un’offerta in linea con la tradizione ed eseguita a regola d’arte, senza sbavature e senza che traspaia la noia dell’esecuzione dei classici, è una meta sicura, gastronomicamente ed economicamente.
PRO
- Costante presenza, a pranzo, di molti gondolieri: buon segno
- Piatti in menu che raramente troverete altrove
- Un grande rapporto qualità-prezzo, considerando anche la posizione
CONTRO
- Impiattamenti che non valorizzano appieno le proposte in carta