Problema: siete a Venezia e volete sapere dove comprare pesce fresco adatto ai gourmet e ai cultori del buono. Soluzione: nella città a forma di pesce, per trovare piccoli e grandi meraviglie ittiche, il consiglio è uno solo.
Procuratevi un veneziano doc e seguitelo mentre fa la spesa. Direte: e come si individua? Semplice: il trucco consiste nell’osservare i dettagli.
In caso di esemplare di sesso maschile, puntate su un uomo di mezz’età, che abbia occhiali dalla montatura eccentrica, barba curata, capelli folti e brizzolati, sguardo vispo e accessori originali ma non chiassosi.
Se preferite le signore, cercate una donna elegante, sulla sessantina o poco oltre, unghie laccate di rosso. D’inverno indosserà un pelliccia (forse) ecologica, d’estate avrà un abito lungo di lino, con collana e orecchini di corallo o pietra turchese.
Fatto? Bene: ora state incollati con discrezione alla vostra inconsapevole guida, a seconda della zona di residenza sceglierà il banco migliore. Ascoltatela apostrofare il pescivendolo e guardate come scruta pesci e crostacei. Apprezzate l’abilità con cui riesce, in un minuetto di domande e risposte, a farsi consigliare il pescato migliore del giorno.
Pronti? Avete preso gli stivali per l’acqua alta? Non si sa mai…
1. PESCARIA RIALTO
L’odore si sente fin dal Ponte di Rialto. Inconfondibile.
E se a Venezia ci si perde sempre, in questo caso basta seguire il richiamo del pesce che vi tira per il naso: nel giro di qualche minuto sarete in Pescaria, affacciata sul Canal Grande.
E’ il mercato nobile del pesce, quello in cui comprare, guardare, ma soprattutto quello in cui fotografare con posa plastica, appoggiati a una delle colonne in pietra, aspettando la seppia perfetta.
Diversi i banchetti, posizionati sotto due edifici costruiti in stile neogotico nel 1907.
Fin dal 1173 la Repubblica di Venezia regolamentava la vendita del pesce con un editto che ne fissava le regole per il commercio: se alzate gli occhi da branzini e tranci di spada, vedrete una tabella in marmo bianco che indicava le lunghezze minime permesse per la vendita del pesce.
Per l’acquisto, munitevi di pazienza e di numero progressivo: seppie, scampi, moscardini, schie, branzini e orate vi aspettano a branchie aperte.
In quali banchi? Ecco qualche nome: Zane, Vio, Novello. Se ci riuscite, provate a rubare qualche parola di dialetto. Vi servirà per ordinare, spacciandovi per un veneziano vero.
2. CAMPO SANTA MARGHERITA, DORSODURO
Zona di studenti universitari e di bar da spritz universitari. Prima di arrivare ai due banchi del pesce, posti più o meno in mezzo al Campo, fermatevi al Rouge per un caffè: il bar è grande quanto uno stand Ikea, ma è suggestivo e il caffè aiuta a contrastare l’odore del pesce in orario da colazione.
Chi vende, qui, è silenzioso e lavora a testa bassa.
Ogni tanto da un banco all’altro rimbalzano dei suoni che sono segnali in codice tra un pescivendolo e l’altro. O appellativi decisamente affettuosi. Non ve ne curate: puntate a sogliole, tranci di salmone e vongole.
3. FONDAMENTA PONTE DELLE GUGLIE, CANNAREGIO
Dalla Stazione di Santa Lucia dirigetevi verso il Ghetto. Appena superato il Ponte delle Guglie, girate subito a sinistra e proseguite sulla Fondamenta.
Pochi passi ed ecco “Macoea” (soprannome di cui s’ignorano le origini: un’indagine sul patronimico ha dato risultati insoddisfacenti).
Sotto un tendone rosso, è l’emblema del pescivendolo: voce stentorea che magnifica le bontà del giorno e gesti che accompagnano con eloquenza l’illustrazione delle varietà ittiche. Nonostante gli spazi ridotti, la varietà è notevole.
Per l’acquisto, pazienza anche qui: il via vai di turisti che puntano al Ghetto è considerevole e lo spazio per camminare è stretto.
4. VIA GARIBALDI, CASTELLO
Avete presente quelle foto di Venezia con i panni stesi su una corda tesa da una finestra all’altra di una calle, con mutande in bellavista e canottiere di cotone? Ecco, il sestiere di Castello si presta a set d’eccezione.
Zona poco frequentata dalla massa turistica (qui arrivano solo quelli che girano con la Lonely Planet, uno zaino minimal e gli occhiali rotondi da intellettuale anni ‘30) e popolare nel senso migliore del termine. Ci sono due motivi per venire fin qui a comprare il pesce: uno è quello di poter osservare Venezia dal punto di vista di chi ci vive, senza fronzoli ed eccessi. Gustarsi la quotidianità, insomma.
L’altro è quello di poter dire di aver passeggiato nell’unica “via” di Venezia, praticamente una strada-panda in uno stradario fatto di rii, calli, corti e campi. La via è in realtà un rio interrato (in dialetto “rio terà”), voluto da Napoleone per creare una strada monumentale su modello di quelle francesi.
Quando avrete camminato a sufficienza meravigliandovi di quanto è larga a confronto di certe calli, puntate i banchetti del mercato e andate verso quello che vende pesce.
Non fate i furbi, scavalcando le signore: aspettate il vostro turno. Se la coda è tanta, ingannate l’attesa prendendo un aperitivo “Al Refolo”, un bacaro lungo e stretto con cicchetti memorabili.
5. MERCATO ITTICO, TRONCHETTO
Siamo all’isola del Tronchetto, nota più che altro per essere il luogo in cui arrivano le navi da crociera e le polemiche quotidiane sul futuro del turismo a Venezia.
Se riuscite a farvi strada tra valigie, zaini e trolley, scoprirete il Mit (Mercato ittico di Venezia, appunto).
Apre alle 2 del mattino: fino alle 4.30 si procede con le operazioni di ricezione della merce e scarico. Dalle 5.15 e fino alle 7 si apre la fase di vendita, rivolta a grossisti, ristoratori e pescherie.
Dalle 7 alle 8 infine, l’apertura ai privati.
La sala vendita è una successione ordinata di 28 posteggi, ognuno dei quali rappresenta una ditta.
Il Mit è un mercato “misto”, che combina vendita e produzione. Il pesce arriva dall’Adriatico e dal Tirreno (Chioggia, Caorle, Manfredonia, Sicilia e Sardegna) e da Francia, Danimarca, Olanda, Norvegia, Spagna, Croazia, Grecia, Canada e Stati Uniti.
Se, come me, ci passate dentro un’ora, munitevi di scarpe antiscivolo e battuta lesta, ché con la gente del pesce bisogna essere pronti a tutto.
Ah, quando tornate a casa, state attenti ai gatti dei quartiere: vi seguiranno come foste il Pifferaio di Hamelin.
Giusto per non farvi mancare nulla, ecco un elenco di pesci e dei loro corrispondenti in dialetto: se non riuscite a pronunciarli, scriveteli e mostrate il nome al pescivendolo.
Vi guarderà con compassione mista ad affetto.
— Anguela= latterino (pesciolino comunissimo in Laguna che si mangia fritto con la polenta)
— Barbon= triglia
— Bisato= anguilla di Laguna e valli
— Branzin= branzino. I piccoli sono chiamati baicoli, come i biscotti.
— Canocia= cicala di mare
— Caparozzolo= vongola
— Cievolo, lotregan, verzelata=cefalo, a seconda dell’età
— Folpo= polipo. Nelle osterie, chiedete i moscardini: più piccoli, sono un cicheto delizioso.
— Granso= granchio. Voi puntate alle moeche: granchi in fase di muta. Da pescare nel periodo brevissimo in cui perdono la corazza e non hanno ancora ricostruito quella nuova. Se non ne avete abbastanza, ecco le maśenéte, le femmine. Per trovarle al meglio, aspettate fine dell’estate quando hanno le ovaie mature.
— Go=Ghiozzo. Un pesce incredibilmente brutto dal quale si ricava uno dei risotti più deliziosi di sempre.
— Sarda e Sardea= sarda e sardina. Le “sarde in saor” (sarde fritte, accompagnate da cipolle caramellate, uvette e pinoli) sono uno dei piatti lagunari dai quali si diventa ben presto dipendenti. Schie= minuscoli gamberetti. Il matrimonio perfetto è con la polenta.
— Sepe e sepoine= seppie e seppioline
— Sfogio= sogliola
[Immagini: Caterina Vianello]