La pandemia di Covid-19 era agli albori quando i grandi marchi italiani della grande distribuzione organizzata, scandagliato il terreno dei prodotti plant-based (e sul successo già assodato di Beyond Meat) inserivano tra gli scaffali dei supermercati la loro versione di burger vegetale concentratissimo in proteine, nel tentativo di accaparrarsi una fetta di mercato in ascesa. Tra questi Granarolo, con la sua Unconventional Srl.
Oggi il mercato delle atl-proteins è ormai un cavallo in corsa, secondo i dati diffusi nel 2022 da Unione Italiana Food la crescita a valore in Italia dei prodotti plant-based è stata di 8 punti percentuali sull’anno precedente, per un valore di mercato complessivo che si attesta sui 500 milioni di euro. Traino di questo carrozzone alternativo proprio burger vegetali e piatti pronti, che crescono di quasi il 12%.
Unconventional Srl è l’azienda riminese del gruppo Granarolo, colosso italiano fondato nel 1957 con sede a Bologna, che tra il 2015 e il 2016 acquisì quella che all’epoca era Conbio, azienda specializzata in gastronomia vegetale, oggi quartier generale della linea prodotti vegetali: burger, salsiccie, nuggets, ravioli, cotoletta e addirittura un fake filetto di pollo. Risale a Marzo 2020 il lancio del loro primo burger “buono e succoso, ha vinto per il secondo anno di fila il premio come miglior burger vegano nel concorso organizzato da @PlantBasedWorldExpo di Londra, il più grande evento professionale per il 100% vegetale in Europa”, così leggiamo sul sito dell’azienda. Com’è, alla prova dei fatti?
Ingredienti e prezzo
Ingredienti: Preparazione vegetale alimentare a base di soia decongelata. Acqua, proteine di SOIA concentrate, oli vegetali (mais, cocco), aromi naturali, amido (patata, tapioca), proteine isolate di SOIA, fibra vegetale di agrumi, stabilizzante: metilcellulosa, lievito essiccato, estratto di barbabietola, sale, aroma.
Prezzo: confezione da 2 burger da 110 grammi: tra i 4 e i 5 euro in base ai supermercati.
Profilo sensoriale di Unconventional burger
L’aspetto è credibile. La consistenza da crudo è meno tenace e compatta rispetto ad un burger di manzo, meglio maneggiarlo con cura per evitare si stacchino delle parti. Cotto sulla piastra seguendo le indicazioni riportare in etichetta rilascia liquidi e grassi e ‘caramellizza’ esternamente (Monsieur Maillard). Un buon inizio.
Il naso è dominato da sentori affumicati, note empireumatiche, paprika, pomodoro e poco altro. Moderata la salinità, più percepibile la nota sapida. Intelligente la gestione dei dosaggi di aromi, salinità e umami, pensati per un prodotto che evidentemente sarà consumato tra due fette di pane e arricchito con salse e altri sollazzi sensoriali.
Gusto e opinioni
Io però lo sto assaggiando in purezza, ed è proprio questa nudità a evidenziale un aspetto su cui solitamente si riscontrano le maggiori differenze rispetto ad una proteina animale: la consistenza. Ed è proprio sulla texture che impugno la penna rossa. L’esterno ha sviluppato quell’effetto crispy tipico delle cotture alla piastra, l’interno ha conservato liquidi e il morso non risulta secco, il primo impatto è tutto sommato godibile.
Ma, perché c’è un ma, a convincere meno è la percezione dei grassi, che a masticazione quasi ultimata, poco prima della deglutizione, si palesano come a ricordarci che sono esogeni, aggiunti, non integrati in modo così convincente con la massa. È come se dopo un po’ si slegassero dal resto, non saprei spiegarlo in altro modo. Il ricordo dopo la deglutizione è meno gradevole del primo morso, l’esperienza della masticazione si fa via via un po’ faticosa, dubito avrei saputo finire il burger in purezza. Mi è insomma chiaro che non sto mangiando carne, ma se pensiamo che la sua fruizione è appunto solitamente arricchita da altri elementi, il prodotto risulta credibile, al netto di una lista ingredienti tutto sommato corta.
Fossi un onnivoro che ha deciso di ridurre drasticamente il consumo di carne e ne sentissi terribilmente la mancanza, con tutta probabilità ne avrei qualcuno nel frigo.