La guerra tra Russia e Ucraina e appena scoppiata e non sappiamo come si evolverà. Non sappiamo quindi quali saranno gli effetti del conflitto sul cibo e sull’economia in generale, ma sappiamo quali sono le conseguenze che si stanno già producendo in questo momento.
Come scrive il Time, Ucraina e Russia insieme rappresentano più di un quarto del commercio mondiale di grano, nonché un quinto delle vendite di mais. La chiusura di porti e ferrovie in Ucraina, che è notoriamente detta il granaio d’Europa, ha già messo in crisi le esportazioni di merci della nazione. Rispetto all’Italia in particolare, l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano.
Ma non c’è solo l’import, c’è anche la questione dell’export: negli ultimi sette anni l’Italia ha perso circa un miliardo e mezzo di euro in mancate esportazioni verso la Russia, in conseguenza dell’embargo su determinati prodotti, tra cui prosciutto San Daniele e Parmigiano Reggiano, deciso da Putin come risposta alle sanzioni dell’Unione Europea seguite all’invasione della Crimea nel 2014. E secondo Coldiretti la guerra potrebbe farci perdere un altro miliardo.
Bisogna considerare poi i riflessi indiretti della crisi sull’agricoltura e quindi sul cibo. La Russia è anche un importante esportatore a basso costo di quasi ogni tipo di fertilizzante. Se il commercio globale viene interrotto, ci saranno costi più elevati per gli agricoltori di tutto il mondo e, quindi, una maggiore inflazione sui beni alimentari.
I prezzi stanno già aumentando, dal grano – che ha registrato ieri un record, superando il livello di 9 anni fa, quando nei paesi del nord Africa c’erano state le cosiddette rivolte del pane – al mais, alla soia, in aumento questa settimana. Secondo gli analisti di Rabobank, una guerra che fermerebbe le esportazioni di grano ucraine aumenterebbe probabilmente i prezzi del grano di un altro 30% e il mais del 20%.
Sul Guardian si legge una panoramica breve ma ad ampio raggio sui beni e i settori maggiormente colpiti dalla situazione: insieme al grano ci sono petrolio, gas, oro e mercati finanziari. Che c’entra col cibo? Tutto, c’entra: perché in un mercato globale interconnesso qualsiasi crisi di settore si trasmette a molti altri. In più i problemi energetici si ripercuotono immediatamente su tutti i beni, dato che vanno a incrementare i costi di trasporto.
Andrew Harig, vice presidente del Food Marketing Institute ha dichiarato qualche giorno fa all’annuale Forum del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense che “l’inflazione crescerà. Solo che non abbiamo una totale comprensione di come il processo funzioni”. Inflazione che è già una caratteristica degli ultimi mesi, tra condizioni ambientali difficili che hanno portato a una diminuzione nella produzione agricola e crisi della supply chain, tra tir che bloccano le strade e navi container che non scaricano nei porti. Jack Scoville, vice presidente di Price Futures Group Inc. ha detto che la crisi Ucraina non farà che aumentare ancora di più i prezzi: “The sky’s the limit”, e questo purtroppo non ha bisogno di traduzione.