La parola “Trapizzino” mi piace così tanto (e non solo a me, a giudicare dalla quantità di imitazioni che può vantare) che a volte mi metto a improvvisare mentalmente quei giochetti di parole che vanno forte tra le pagine normie di Facebook, tipo “sostituisci una parola del titolo di un film (o di un proverbio, o di un modo di dire, a seconda dei casi) con Trapizzino”.
Così’ sono venuti al mondo capolavori concettuali della mia personale cinematografia psichica quali “Trapizzino di fuoco”, “Non si sevizia un Trapizzino”, “Il Trapizzino suona sempre due volte”.
A volte, anziché ricorrere ai film, ripeto il gioco con proverbi, aforismi e frasi celebri: abbiamo così “Tanto va la gatta al lardo che ci lascia il Trapizzino”, “De Trapizzino non disputandum est”, e quella che è la mia citazione preferita per introdurre l’argomento che ci apprestiamo a trattare: “Il Trapizzino logora chi non ce l’ha”.
Il goloso triangolo di pizza farcito coi condimenti della tradizione romana, inventato da Stefano Callegari, è infatti imitatissimo e soggetto alle scorrerie di bande di plagiatori che vorrebbero carpirne parte del successo planetario; tentando di appropriarsi tanto dell’idea di base, semplice e versatile quanto geniale, che a volte dell’intero impianto di servizio, immagine e format, quando non addirittura del nome.
Primo palese caso di trapizzino fake che sottoponiamo oggi al vaglio dei lettori (per la serie: diteci voi se è scopiazzato o no, tanto è una domanda puramente retorica) è quello di Bello Pieno, apertura recente e straripante di originalità in zona San Paolo, a Roma.
Il perfezionista: Bello Pieno
Ecco, Bello Pieno è uno di quei casi in cui l’imitatore si dona all’attività della carta carbone con tutto sé stesso: copiare il prodotto non bastava, così gli imprenditori, ai loro bei triangoli di pizza farciti e “liberamente ispirati” al Trapizzino – ovviamente mai citato da nessuna parte, nella comunicazione dei nostri – hanno messo un contorno complesso, ma tutto copiato anche lui.
Sono copiati i condimenti (dalle polpette alla parmigiana, dal pollo alla cacciatora al doppia panna – cioè ripieno di stracciatella di burrata e alici), è copiato il format del locale, con le pentole nelle quali vengono custodite le farce tenute in caldo, coi coperchi in bella mostra, all’interno di appositi pozzetti ricavati nel bancone.
È ricopiata la modalità di servizio, con la tasca di pizza ripiena ravvolta in un “cuoppetiello” logato di carta paglia triangolare, ma soprattutto – e qui risiede il vero capolavoro, l’ostinazione del male, il genio – è copiato il “porta-trapizzino” da banco, una sorta di cavalletto in acciaio su cui va poggiata la preparazione finita. Ma perché, direte voi, questo dovrebbe essere indizio grave più di altri della deliberata intenzione di plagiare? Beh, perché questi cavalletti hanno le dimensioni e la forma adatta ad ospitare un Trapizzino (anzi, tre) – e null’altro. Cioè, in altre parole, sono oggetti che NON ESISTONO sul mercato, creati dall’azienda produttrice SPECIFICAMENTE per Trapizzino… Che questi eroi della replica, ammirabili nella loro meticolosità, sembrano essersi fatti ricreare appositamente da un qualche talentuoso fabbro per compiere a pieno la loro opera di falso d’autore.
Non basta: i veri campioni non si accontentano, non resistono alla tentazione di apporre firma autografa ai frutti maturi del loro ingegno. Così i nostri aggiungono, al danno, la beffa: molta della comunicazione (per quanto generalmente scopiazzata anch’essa) è giocata sul nome, con claim che sostengono attraverso varie formule – alludendo probabilmente a una maggiore generosità nei condimenti rispetto all’inconsapevole concorrente, nonché ricordiamo unico meritevole detentore del format – che “Bello Pieno è meglio”!
In questa apparentemente innocua affermazione pubblicitaria si cela un triplo senso col quale raggiungiamo l’apoteosi della stima, che sfocia ormai in adorazione.
Cioè, al primo e più immediato livello di lettura questi alfieri della Xerox gastronomica dicono “abbiamo copiato Trapizzino dalla T fino alla O ma siamo più forti noi zì”.
Se scendiamo a un secondo livello vediamo i nostri sminuire l’originale insinuando l’idea che manchi di farcitura, tentando l’equivalente pubblicitario di una 619 di Rey Mysterio (senza però rendersi conto di passare più per “Brooklyn Brawler” Steve Lombardi).
Infine, procedendo verso un terzo, epico atto; testimoniamo la discesa di questi argonauti della sfacciatagine nei meandri della semiotica, ove azzardano un all-in rutilante e subliminale.
Lo storytelling, a queste profondità, recita più o meno così: nonostante il mefistofelico e machiavellico Callegari progetti di conquistare il mondo non riempiendo abbastanza l’antica tasca di pizza, per fortuna sono arrivati i nostri eroi a salvare la preziosa idea dai maltrattamenti del suo aguzzino! Plebei, non dovrete più temere di trovare nel tramezzino di pizza 10 grammi di pollo in meno: adesso ci sono qui gli Avengers de San Paolo, grazie al cielo, e salveranno la giornata agli amanti del triangolino delle meraviglie. Visibilio generale, orgasmo, applausi.
Il creativo: Tascapizza
Ma lasciamo ora i prodi Belli Pieni a questa travolgente acmé comunicativa, e voliamo poco lontano da Roma, in quel di Lariano. È infatti il comune dei Castelli, celebre per il suo pane, che ospita Tascapizza; altro succosissimo tentativo di clonazione della… Tasca di pizza (duh).
Anche qui triangoli lievitati cotti in forno elettrico – check – vengono farciti impunemente con condimenti della tradizione – check – all’interno di conetti di cartapaglia – ri-check: è da dire però, che a differenza dei concorrenti alla palma di “TraPezzotto dell’anno” di cui abbiamo parlato finora, l’operazione di replica non è del tutto pedissequa e contiene in sé almeno un tentativo di emancipazione dall’archetipo.
Tascapizza infatti quantomeno serve, oltre al core product comunque identico all’originale, anche “beni accessori” (pizza alla pala e fritti) che allontanano il format del locale da quello di Trapizzino; e si abbandona volentieri in termini di farcitura a delle derive stile Napoli Food Porn che, per quanto talvolta oggettivamente discutibili, se non altro contribuiscono a differenziare l’offerta del ristorante… Tanto che, forse per eccesso di originalità, su alcune “invenzioni” ci mettono addirittura il copyright (!).
L’ispirato: Panizzino
Offerta che risulta leggermente differente anche nel caso del toscano Panizzino, che scegliamo per completare la panoramica degli emuli più o meno sfrontati di Callegari&Co.: il pan pizza farcito, in questo caso, non è infatti triangolare ma discoidale, forse più “panoso” che “pizzoso”, e farcito con ripieni regionali direttamente dalla terra di Masaccio (lampredotto, peposo, spezzatino di cinghiale…).
Autore di questa libera interpretazione è il brewpub Bifrons di Bibbiena (AR), che nonostante il suo prodotto sia in effetti più un qualcosa di ispirato al Trapizzino che un vero e proprio plagio, abbiamo inserito nell’elenco degli “innumerevoli tentativi di imitazione” (cit.) per indiscutibili meriti comunicativi: gli emuli toscani detengono infatti il record, tra i casi qui presentati, per il nome che conta assonanze più decise verso l’originale; hanno scelto di avvalersi anche loro degli impareggiabili cavalletti porta-panizzino realizzati ad hoc, hanno infine optato – e qui sta il tocco di classe – per realizzare il logo impresso sull’onnipresente cuoppetiello con un font pressoché identico a quello del modello-tipo. Giocatori!