Il mondo dei tè è particolarmente vasto. Contemporaneamente la sua storia è secolare per cui non c’è da stupirsi se in tutti questi anni le tipologie di tè, i nomi, i riti, le ricette per il servizio del tè hanno proliferato un po’ ovunque producendo declinazioni infinite, affascinanti, talvolta confusionarie. Per comprendere meglio la vastità di questo universo, forse può esserci utile fare un paragone con il mondo del vino. La differenza più sostanziale, è che il vino in Italia viene osservato da un punto di vista privilegiato, mentre il tè è arrivato da noi piuttosto tardi e rimane per molti ancora misconosciuto.
Per definire le diverse tipologie di tè, è bene che si faccia ricorso alle conoscenze a disposizione e anche al nostro buonsenso. Ma soprattutto che si scavalli il mondo delle leggende che intorno al tè si sono costruite e si fondi la classificazione su basi più solide e scientifiche. Un documento di riferimento per questo tipo di lavoro è stato divulgato nel 1979, ad opera del Professor Chuan Chen dal titolo: “Classificazione del tè in teoria e pratica“.
Le tipologie di tè in Cina
Come riportato dal maestro Chuan Chen, il tè viene descritto e categorizzato sulla base delle varietà, dei metodi di produzione e lavorazione, che comprendono soprattutto la natura e lo status delle foglie. Su questi presupposti i tè vengono organizzati in base ai colori che nulla hanno a che fare con il colore della bevanda in tazza, ma con le sfumature relative alle foglie. Le sei tipologie di tè sono: bianco, verde, giallo, blu, rosso e nero.
Attenzione: nello standard europeo, per dinamiche commerciali, si parla di tè bianco, giallo, verde, blu, nero e pu’er. I tè sono sempre sei, ma vengono create delle sovrapposizioni che possono portare confusione. Ad esempio si sente parlare spesso di rooibos come di tè rosso: sbagliato poiché il rooibos non è un tè (non viene dalla camelia sinensis) e oltre tutto non è cinese. Il tè rosso cinese è quello che in Europa viene chiamato tè nero. Mentre il tè nero secondo lo standard cinese è il tè scuro, tè fermentato, o tè invecchiato. Anche qui una specifica. Come scrive Alessandra Celi, esperta e selezionatrice di tè, quella dei tè neri (o dark teas) “è una grande categoria che raggruppa i Pu Er dello Yunnan, ma anche i meno conosciuti Ancha di Anhui, Fuzhuan di Hunan e vari altri. La lavorazione di ogni tipologia è strettamente collegata alla storia delle minoranze etniche delle varie provincie, che sono riuscite a tramandare tecniche complicate e molto affascinanti“. Per un vero cultore del tè, questo è l’unico standard a cui fare riferimento.
Altre tipologie di distinzioni:
Tè in purezza e blend
È una distinzione che si utilizza anche per altri tipi di bevande. Esistono infatti foglie di tè che vengono consumate in purezza e blend che vengono creati dalla miscelazione di foglie di tè di diverso tipo, oppure di foglie di tè ed altri ingredienti, per esempio fiori, frutti, erbe, spezie. Il blending è un’arte specifica che richiede una buona dose di professionismo e capacità di analisi sensoriale non comuni. Per il vero cultore del tè tuttavia, è consigliabile assaggiare un’ampia gamma di tè in purezza.
Tè e tisane
Su questo aspetto si tende a fare confusione trattando le due parole come sinonimi. Pur essendo entrambe infusioni di foglie, la tisana non è un tè. Il tè infatti è il frutto della lavorazione di una pianta ben specifica, la Camelia Sinensis, e solo di quella. Si possono infondere anche altre foglie ed erbe nell’acqua calda o fredda per ottenere delle bevande, ma non sono tè ed è scorretto chiamarle in questo modo.
Tè pianta e tè bevanda
Con il termine tè in italiano si indica sia la pianta che la bevanda. Come sappiamo, la bevanda si ottiene dalla lavorazione delle foglie della pianta, che comunemente chiamiamo sempre tè, pur avendo un nome botanico più specifico, ovvero camelia sinensis.
Sinensins e Assamica
Le varietà della Camelia Sinensis da cui si può estrarre il tè sono essenzialmente due: la camelia sinensis sinensis (dove sinensis in latino vuol dire “cinese”) e la camelia sinensis assamica (dal nome di Assam, una delle regioni produttrici dell’India). Le due tipologie di piante non sono uguali, richiedono climi diversi e producono tè di tipologie diverse. Storicamente la sinensis era pensata per la produzione di tè bianchi, verdi e Oolong, mentre l’assamica per i tè rossi forti. Oggi le cose si sono un po’ evolute, ma la camelia sinensis per una ricchezza di oli essenziali senza eguali è destinata alla produzione di alta qualità.
L’ossidazione, sì o no
Una delle differenze più evidenti che distingue un tè dall’altro è insita nei processi di lavorazione. Nel bianco sono ridotte all’osso, nei pu’er si aggiunge l’invecchiamento, nei tè verdi può esserci la lucidatura delle foglie. Ma non tutte le lavorazioni hanno la stessa rilevanza, sicuramente l’elemento che fa la differenza è il processo e il grado di ossidazione.
Non vi chiedo di recuperare gli elementi base della chimica (di cui a dire il vero, non dispongo nemmeno io). Ci basti qui dire che l’ossidazione è un processo chimico che nel caso del tè viene gestito in maniera controllata, dosandone il tempo in primis, per permettere alle foglie del tè di venire a contatto con l’ossigeno. Se vedete una pianta di Camelia Sinensis e le foglie di tè in tazza, vi rendete conto che qualcosa deve essere successo tra il prima e il dopo. Tra questi “qualcosa” c’è anche l’ossidazione.
L’ossidazione è un processo più o meno lungo e gestito in modo controllato, che può durare dai 30 minuti alle 5 ore. Di solito chi si occupa di lavorare le foglie riesce a percepire se l’ossidazione è arrivata al punto giusto solo odorando le foglie. I tè ossidati sono per lo più i tè blu e i tè rossi, questi ultimi hanno il più alto grado di ossidazione nella scala dei colori del tè, mentre per gli Oolong l’ossidazione è variabile a seconda del risultato che si vuole ottenere. Si tratta di un processo fondamentale perché imprime alle foglie un profilo aromatico unico e riconoscibile.