Il tè è la seconda bevanda più bevuta al mondo, come sostenuto anche dalla FAO, dopo l’acqua. Il quantitativo delle tazze consumate ogni giorno è inconteggiabile, molte culture hanno costruito riti e usanze sociali proprio intorno al tè. In Italia la bevanda è sì molto apprezzata, ma copre un mercato ancora di nicchia, al netto dello spazio al supermercato ad esso dedicato.
Nel 2018 Il Sole24Ore riportava che nel nostro paese si acquista 1 grammo di tè per ogni 84 grammi di caffè, ma che il mercato sarebbe stato destinato a crescere del 14% entro il 2021. Previsione disattesa? Sembra di sì, visto il boom del consumo di tisane che ha superato anche il tè a causa di guerra e pandemia.
Il tè in Italia
Essere un paese dove il tè è una nicchia significa avere diversi risvolti negativi, per esempio una scarsa cultura del prodotto, preferirvi altro (per esempio il caffè) e avere poche isole felici per accedere a un prodotto al massimo della sua qualità. Acquistare e bere un tè di qualità è un tema complesso, su cui ci siamo già soffermati, come è complesso definire in modo oggettivo la qualità di un tè è, ce lo dimostra il fatto che il significato di specialty tea non sia ancora condiviso.
reschezza, periodo di raccolta, metodo di coltivazione e lavorazione, provenienza e tipologia di foglie sono tutti elementi importantissimi che possiamo prendere in esame per capire meglio come scegliere un tè di grande qualità senza andare fino in Cina o in Giappone.
Il tè da scaffale
L’approccio al tè in Italia avviene prettamente in un ambiente: quello della grande distribuzione organizzata, ovvero nei supermercati. La presenza di un immenso scaffale stipato di scatole e scatoline genera un certo spaesamento. Le proposte sono talmente tante e diversificate che non è semplice neppure capire dove stiano le tisane e dove i tè, quali differenze intercorrano fra un tipo e l’altro, se sono tè in purezza o miscele di tè. In questo marasma è inevitabile che il cliente finisca per affidarsi a due fattori: la marca e, purtroppo, il prezzo. Dico “purtroppo” perché se il discrimine è il prezzo, l’unico discrimine, c’è poco da argomentare: sarà sempre più vantaggioso in termini economici un tè che proviene da questa filiera.
Altri contesti di acquisto del tè possono essere i negozi di prodotti sfusi, i bar e i ristoranti (dove spesso i metodi di preparazione e la qualità sono molto simili a quelle casalinghi) i negozi specializzati, che non sono tantissimi ma ci sono. Tè e teiere è uno di questi e la sua proprietaria, Alessandra Celi, ci aiuterà nella parte di analisi sensoriale delle scatole di tè che abbiamo comprato per indagare alcuni aspetti che riguardano odore, colore e gusto.
Il tè in bustina
Sull’argomento tè da bustina e tè sfuso c’è un dibattito senza tempo. Il tè in bustina è sempre stato considerato un prodotto di scarsa qualità rispetto a quello sfuso. Tuttavia molti fattori collaterali possono fare la differenza: oggi per esempio nei filtri si possono trovare prodotti molto più qualitativi di quelli di 20 anni fa, mentre in un negozio di prodotti sfusi una cattiva conservazione potrebbe vanificare completamente le prestazioni di un tè. Insomma il punto non è fare la crociata contro le bustine, ci tengo ad anticiparlo.
Il punto è perché: consumare un tè in bustina significa trasformare un rito e un prodotto agricolo prima che culturale (il tè è una pianta, non scordiamocelo) in una commodity, praticamente un servizio. Nelle confezioni di tè in bustina, il tè viene venduto già porzionato per una persona, imbustato per essere calato in acqua bollente (che è esattamente il contrario di quello che dovrebbe accadere con il tè “vero”, per cui è l’acqua a bagnare le foglie, non il contrario), in formati già predisposti per una lunga conservazione. Per questo tipo di infusione il tè non necessita di grosse strumentazioni, come un filtro, una teiera o un bollitore per l’acqua. A dire il vero basta una tazza e il gioco è fatto. Chi lo acquista risparmia tempo, sa che non deve preoccuparsi di una conservazione specifica e che ogni mattina ritroverà in ogni tazza un gusto rassicurante e abitudinario, quello che per lui o per lei è “il gusto del tè”.
Il gusto del tè
Ma le cose chiaramente non stanno proprio così. Come ci spiega Alessandra “le piccole produzioni artigianali non possono garantire che il prodotto sia uguale di anno in anno. Sono due mondi completamente diversi. Tutto quello che troviamo nella grande distribuzione, soprattutto nei filtri, ma non è detto che non avvenga anche nel mondo dello sfuso, va osservato con un occhio critico. Il metodo di produzione è una discriminante fondamentale perché incide sulla quantità. Per arrivare a grandissime quantità di tè non possiamo escludere la presenza di coltivazioni intensive. Nel mondo dei tè di alta qualità, la pianta del tè invece viene gestita con il massimo della cura, in modo che possa produrre un tè che si distingue per gusto e non per quantità. Le foglie del tè si raccolgono solo una volta l’anno, se escludiamo qualche piccola eccezione. La grande distribuzione esiste proprio per rispondere a una domanda di tè mondiale”.
Per quanto riguarda il gusto infatti, le aziende più grandi si impegnano a proporne uno che sia affidabile, riconoscibile e ripetibile nel tempo, tanto da rappresentare un vero e proprio standard. Non è un caso che molte delle scatole che abbiamo osservato parlassero di un “tè classico” come se esistesse un canone originale del gusto del tè, che di fatto non esiste, se non una distinzione nata in Cina di tipologie di tè che tiene conto dell’ossidazione delle foglie. Per avere un parametro di riferimento invece, abbiamo scelto solo tè “English Breakfast”, un nome commerciale con cui si indicano le miscele di tè nero destinate alla colazione e che rappresentano una buona alternativa al caffè. In assenza di “English Breakfast” abbiamo scelto quello che viene indicato dal brand come “tè nero da colazione”.
Verso una degustazione di tè
Per avere un termometro di paragone, ho chiesto ad Alessandra di assaggiare la sua miscela di tè da colazione, Good Morning. Quello che non ci aspettiamo è di avere due esperienze del tè simili, sarebbe stupido pensarlo. Quello che invece vorrei da questo confronto è acquisire degli strumenti per comprendere cosa possiamo trovare in un tè di qualità, visto che a molti sarà capitato di non imbattervisi mai. Prima di tutto Good Morning è una miscela di due tipologie di tè, 70% tè nero dello Yunnan (ricordiamo che in Cina il tè nero è in realtà il tè rosso, fuori dalla Cina i tè rossi prendono il nome di tè neri) e un 30% di Assam (India).
“Il tè dello Yunnan del Good Morning è un tè nero che è stato raccolto in primavera” spiega Alessandra “ha sentori fruttati che ricordano la corteccia e il tabacco. Rimane comunque molto morbido, con un contenuto di tannini abbastanza basso, quindi non ha astringenza al palato. Il 30% di Assam mi è servito per dare maggiore forza e bilanciare il gusto. La mattina chi lo beve ha la sensazione di qualcosa di corroborante, caldo, morbido che restituisce una sferzata di energia. Guardando in trasparenza il colore è arancio, tendente al rosso. Questi tipi di tè devono avere un gusto maltato con sentori di frutta, cereali tostati, tabacco. Il sapore si deve armonizzare fino a risultare morbido, caldo, rotondo. Il colore in trasparenze invece deve essere limpido e lucente (non spento ed opaco). Nel caso di Good Morning c’è anche una nota acidula che rimanda agli agrumi.”. In poche parole la complessità aromatica è un pregio, non un difetto.
Leggere le confezioni e degustare
La degustazione che faremo è molto semplice. Leggiamo le informazioni presenti sulla confezione, sentiamo gli odori, guardiamo il colore e poi assaggiamo, aspirando una piccola quantità esattamente come si fa per la degustazione di altre tipologie di bevande. Non è una degustazione professionale ma mira a far arrivare alcuni concetti in modo accessibile a tutti. La lettura della confezione (o delle etichette in altri tipi di prodotti) è uno strumento necessario per andare oltre il gusto nonché il primo passo per un acquisto informato. Quando ci rechiamo in un negozio che vende sfuso, queste informazioni si chiedono direttamente al commerciante, ma è bene che permangano anche sulle confezioni che acquistiamo. In particolare sono essenziali: paese di provenienza di un tè, se si tratta di un blend (una miscela di diversi tipi) oppure di un tè in purezza, infine il metodo di infusione, ovvero quantità d’acqua per temperatura per quantità di tè.
“Un’altra informazione centrale” spiega Alessandra “è il periodo di raccolta delle foglie che stiamo bevendo”. A questa informazione dobbiamo rinunciare sicuramente per le scatole da scaffale. “È importante che il tè sia fresco, per godere al massimo del profilo aromatico delle foglie. Alcuni tè, come quelli verdi, dopo 12 mesi perdono la maggior parte del “gusto”. Un’altra informazione molto interessante è quella del numero di infusioni delle foglie del tè. “Il tè in bustina suggerisce l’idea che il tè sia usa e getta, ma la preparazione del tè non è assolutamente questa. Il tè di qualità si infonde tantissime volte al giorno”. Infine c’è il discorso dell’aspetto: nei tè da scaffale della grande distribuzione non troveremo foglie più o meno scure, magari miscelate con frutti ed erba chiaramente riconoscibili, ma una polvere, il cosiddetto “dust”. I gradi intermedi sono le foglie spaccate (più grossolane) o quelle spezzate (più piccole). A occhio nudo la differenza si vede subito tra i due poli opposti. Non mi dilungo, ma incide fortemente sui tempi di infusione e, ancora una volta, sulla praticità.
Informazioni mancanti o ambigue
Guardando le scatole abbiamo appreso che molte delle informazioni che cercavamo sono assenti. In particolare in un solo caso su cinque era indicata in modo preciso la provenienza, e spesso mancava la definizione specifica del quantitativo d’acqua. “Dire “una tazza” spiega Alessandra “non vuol dire nulla. Ci sono tazze minuscole e tazze enormi, sempre tazze sono”. Altro elemento importante è il tempo, che viene spesso indicato con un range di minuti. “Da 3 a 5, da 2 a 4: dico una cosa banale ma un minuto o due di differenza nel mondo del tè sono tantissimi. Le foglie sono piccolissime, figuriamoci con la polvere. Tempi di infusione e proporzioni dell’acqua sono fondamentali per avere un gusto del tè equilibrato in tazza”. Per fare del nostro meglio useremo solo acqua filtrata a basso residuo fisso e, laddove non indicato, 250 ml di acqua.
C’è poi il discorso delle informazioni di contorno, quello che potrebbe andare sotto il generico cappello del marketing. “Tè premium”, “Alta qualità”, “foglie pregiate” sono informazioni spesso presenti che rischiano di essere del tutto inutili se non supportate da una spiegazione (che manca sempre). Altro elemento, è la menzione dei benefici del tè e i riferimenti al benessere che sono troppo spesso un motivo per cui le persone bevono questa bevanda. Perché pensano che faccia dimagrire, che sia diuretica, che dia forza, che ringiovanisca: tutte cose da prendere con le pinze. “E poi ricordiamolo” chiude Alessandra “i veri appassionati di tè, lo bevono per il gusto. Tutto il resto è superfluo”.
Il miglior tè del supermercato? Prova d’assaggio
Star Tea
“Star Tea è stato il primo tè in filtri lanciato in Italia. Una geniale invenzione che, a partire dagli anni ’60, ha contribuito alla diffusione del tè, creando una bevanda accessibile ad un pubblico più vasto” spiega il brand sul proprio sito. E infatti qui siamo di fronte a Star, azienda con sede in Brianza da anni leader di mercato nella vendita di insaporitori e sughi. Ma anche di tè e infusi. A un primo sguardo la loro confezione di “tè classico” ricorda moltissimo quella della Twinings per colori e forma.
All’interno troviamo un formato convenienza da 60 filtri. Sappiamo che è una miscela ma non abbiamo indicazione sulla provenienza del prodotto. “Con la frase “Gusto puro e da sempre inconfondibile” andiamo nel terreno che abbiamo già identificato” spiega Alessandra “ovvero un gusto riconoscibile nel tempo che il distributore si impegna a riproporre sempre identico. In questo caso la riconoscibilità è un punto di forza”. Qui per tazza si intendono 200 ml (ma l’informazione va cercata accuratamente). In compenso viene suggerito di berlo senza zucchero, miele o latte. All’assaggio “Il colore è limpido, un bel colore a dire il vero, molto vivido con tendenza al rossastro. Non c’è un vero e proprio profumo, piuttosto un odore. Al palato non è persistente, ha un gusto piuttosto piatto che non rimane in bocca, privo di aromaticità. C’è anche un vago sentore di carta”.
Twinings
Quando dici tè, dici Twinings. Come molti sanno, il marchio appartiene a un’azienda britannica, la Twining and Company, che dal 1706 ha immesso sul mercato britannico il tè e che dall’inizio dell’800 ha ricevuto il Royal Warrant presente su tutte le scatole come produttore ufficiale della famiglia reale. Anche per questo motivo la confezione è, oltre che riconoscibile, di una bellezza senza tempo, classica ed elegante.
Abbiamo anche qui il riferimento a un tè “classico” nella descrizione, sebbene sia indicato chiaramente che si tratta di un “English Breakfast Tea”. Abbiamo un’indicazione sull’intensità di sapore – 4 foglie su una scala di 5 – c’è inoltre scritto chiaramente che è un gusto “forte e deciso”. Nelle indicazioni di infusione manca il riferimento al quantitativo d’acqua, ma c’è una grafica che destina una bustina di tè per una persona e 3 bustine di tè per due persone. “Questa è una vecchia favoletta: “una bustina per me, una per te e la terza per la teiera” spiega Alessandra. Da non tenere in considerazione.
“Dalla bustina percepiamo una nota oleosa e una nota fruttata. Il colore è rosso scuro, abbastanza spento e tendente al marroncino. Acido è la prima sensazione che si sente al palato, appena ingoi sparisce il sapore, ma la nota acida rimane. È estremamente tannico, più si beve più la lingua si allappa. L’astringenza tende a trasformarsi in amarezza: nel tè viene considerata un difetto, un errore di lavorazione”.
Lipton
Anche Lipton è una marca famosissima in tutto il mondo, nata in Scozia e poi acquisita da Unilever. La sua “Yellow Label” è l’etichetta sotto cui vanno le miscele di tè da infondere a casa, tra cui, nuovamente, il tè “classico” che berremo a breve. C’è da notare che invece, per le distribuzioni nei paesi anglofoni, esiste un tè Lipton che si chiama proprio “English Breakfast”. Nell’etichetta ci sono molte informazioni di interesse. Per esempio abbiamo il luogo d’origine del tè, il Kenya, illustrato su una mappa geografica. A differenza degli altri, Lipton infatti non solo distribuisce il tè ma ha anche delle piantagioni di proprietà. Molto apprezzabile il fatto che su ogni bustina ci sia una frase simpatica per cominciare bene la giornata.
“Al colore abbiamo un rosso profondo che tende leggermente al marrone. Al naso percepiamo una nota oleosa. Al palato, la prima cosa che mi colpisce è il tannino accompagnato da una profonda astringenza. È percepibile anche un piccolo difetto nell’ossidazione, probabilmente fatta in modo troppo repentino, che si concretizza nella presenza di una nota erbacea. Le foglie del tè durante l’ossidazione perdono gli elementi erbacei proprio per liberare il loro potenziale aromatico”.
Cupper
L’azienda nasce nel Dorset da una coppia di appassionati e nel tempo si evolve fino a coprire oltre 50 paesi nel mondo. Sulla confezione del tè Cupper viene specificato che si tratta di un tè di agricoltura biologica. Viene miscelato e confezionato nel Regno Unito, ce lo dice la confezione, che specifica anche che si tratta di “non-UK agriculture”, un’informazione abbastanza ovvia perché nel Regno Unito non si produce il tè. Le indicazioni di infusione sono un po’ più precise. Ha un packaging molto accattivante e fresco, che trasmette un’idea di un prodotto “naturale” e “artigianale”.
Alla vista e all’assaggio “Il liquore è torbido, meno lucente e più tendente al rosso. Anche in questo caso troviamo un’assenza di aromi riconoscibili, il gusto è piuttosto piatto, senza punte di acidità, leggermente allappante sul palato. Quando annuso la bustina posso ritrovare lo stesso sapore anche sul palato”. Anche questo tè, sul quale nutrivamo molte speranze, non sembra spiccare per aromi e gusto.
Real Tea
Arriviamo dunque all’ultimo assaggio, che abbiamo accantonato per via della presenza del ginseng. Real Tea è un’azienda che realizza e confeziona miscele di tè in Italia, precisamente a Bologna (ricordo che i tè, com’è ovvio, sono tutti importati visto che, fatta eccezione per due piccolissime produzioni, il tè in Italia non si coltiva) a cui affianca anche tisane e caffè. Le linee dei tè sono tre: piramidali, origins e biologici. A quest’ultima categoria appartiene il tè che abbiamo comprato perché era quello presente in scaffale. Sarebbe stato interessante avere tra le mani lo “Scottish Breakfast” della linea “origins” per fare un altro paragone con un tè da colazione, ma purtroppo non era disponibile. In questo caso comunque il ginseng (non gli aromi, ma proprio la radice) è presente in una piccolissima percentuale, lo 0,5%. La grana della confezione trasmette un concetto di qualità. Tuttavia la grafica è leggermente confusionaria e persino il logo risulta difficile da leggere.
“All’aspetto ha un colore poco lucente, tendente più al giallo che al marrone. L’odore, anche in questo caso, è piuttosto piatto. Il gusto è molto tannico, ha un sentore che tende all’acido e una leggera nota balsamica che avvicina questo prodotto più a una tisana che a un tè. Possiamo supporre che, nonostante le piccole quantità, la presenza del ginseng abbia determinato questo tipo di gusto”.
Conclusioni
“In generale mi aspettavo qualcosa di meglio” aggiunge Alessandra “invece possiamo concludere che il livello è all’incirca lo stesso, con più o meno errori di lavorazione. Per quanto riguarda il sapore del tè, ritroviamo in tutte le tazze un gusto estremamente piatto, non c’è complessità aromatica. In qualche caso abbiamo una maggiore astringenza. Un altro aspetto fondamentale per un tè di qualità è la persistenza, quello che ti rimane in bocca dopo aver bevuto, anche a distanza di minuti. Qui non riusciamo a riscontrarla, se non con note astringenti e troppo tanniche. Visto che la qualità è molto simile, sul tema del prezzo possiamo ipotizzare che la differenza non la faccia il tè in sé ma tutto il resto, come il packaging, il brand e il prezzo applicato dal distributore finale”.
Il prezzo
Sul tema del prezzo, come anticipato, dobbiamo considerare anche il prezzo di vendita perché non abbiamo quello del distributore. Di base i prezzi di un tè di qualità possono essere anche elevatissimi come più accessibili. Con Good Morning, il tè nero che abbiamo preso ad esempio parliamo di 13 euro l’etto, con la coscienza però che ogni etto vale diverse infusioni. Nel caso dei tè esaminati, avendo a disposizione le bustine abbiamo dovuto operare le giuste proporzioni. Ne consegue quindi che: Star Tea, il più economico, costa 2,71 euro all’etto (90 grammi in una scatola per 2,44 euro a scaffale), Twinings costa 6,97 euro all’etto (40 grammi per 2,79 euro), Lipton costa 5,04 euro all’etto (37,5 grammi per 1,89 euro), Cupper costa 6,77 euro all’etto (44 grammi per 2,98 euro), infine Real Tea costa 10 euro all’etto (36 grammi per 3,60 euro).