Il fatto: un operaio edile, tale Costantino, viene “sorpreso” dalla polizia a bordo di un bus, che sta percorrendo via Cassia, a Roma, con una cassa di birre al seguito. Viene multato di 400 euro, perché in giro “senza giustificato motivo di necessità, urgenza o salute”: era uscito, probabilmente, per comprare le birre. La sua spesa, del tutto lecita fino a prova contraria.
Birre che apparentemente costituirebbero, pertanto, la ratio in virtù della quale viene comminata la sanzione; in quanto ci si è allontanati dalla propria abitazione per acquistare generi “non di prima necessità”.
Ma cosa sono i generi di prima necessità, allora? Latte, pane e acqua; e basta.
La carne è una necessità primaria o no?.
E la verdura fresca da comprare ogni tre giorni o se ne va a male, è necessaria o ci diamo tutti ai surgeloni e via? Le crocchette di prosciutto ripiene di emmenthal, i Sofficini, le uova di Pasqua si possono comprare?
Se la categoria “alimentari” è stata sdoganata in blocco dai vari DPCM, consentendo ai punti vendita il commercio al dettaglio di qualsiasi categoria merceologica pertinente al cibo e alle bevande, qual è il discrimine interno tra ciò che è indispensabile e ciò che non lo è? E chi lo decide e quando, se nelle pronunce del Governo di questa distinzione non si trova traccia?
La necessità va concepita in senso strettamente fisiologico o il bisogno di generi di conforto al benessere mentale è contemplato tra le esigenze che un essere umano può sentire durante i severi giorni di quarantena?
Queste e molte altre domande mi vengono alla mente. E l’unica risposta che so darmi è: se il commercio di questo articolo è consentito dai DPCM, tu sei autorizzato ad uscire per comprarlo.
E poco importa che tu sia un’anziana signora, un pischello, Giuseppe Conte o quel povero cristo denunciato in Piemonte perché al supermercato aveva comprato “solo vino”: se è legale venderlo, tu puoi comprarlo.
Ovvio, ci vuole buon senso: se vai a fare spesa sei volte al giorno perché ti annoi, allora beccati il multone. Se attraversi 14km di città perché all’Esselunga ci sono le offerte sul salmone, denunciato subito.
Ma se sei Costantino che è su un bus della Cassia all’altezza del civico 1056 (che, aggiungo per i non romani, vuol dire “in culo alla luna”, non è che ci sarà andato per piacere o per la movida, ma più probabilmente perché era il primo posto dove poteva comprare le preziose birre al seguito), e ti fanno la multa perché ti porti dietro le tue Peroni o quello che erano “senza giustificati motivi di necessità, urgenza o salute” (ma di sicuro con una gran sete), allora tu ribellati di fronte all’illogicità della sanzione e all’incongruenza dell’atteggiamento di chi te l’ha comminata.
Perché se è consentito vendere birra, e non solo al supermercato, ma anche se sei un negozio che vende solo quella (così come è consentito vendere salumi, se sei una salumeria, o pane se sei un panificio, o tabacchi se sei una tabaccheria… Ah no aspe’, quelle sono aperte solo per pagare le bollette!), allora è un paradosso illegittimo impedire ai potenziali clienti di comprarla.
E per di più è illegittimo sindacare, dato un insieme di categorie merceologiche di cui è consentita la vendita, sull’onda di un impulso o chissà magari di un pregiudizio, su cosa sia necessario o meno comprare; senza conoscere le esigenze, le condizioni mentali, le abitudini di una persona.
Per esempio, a me, vuoi lasciarmi senza birra? Tu sei pazzo! È un bene di prima necessità, senza mi deprimo e mi manca qualcosa che è frazione fondamentale e innocente della mia quotidiana serenità. Il latte invece, ecco, quello me lo puoi levare.
Quindi dico, amici, compagni: restiamo a casa sì, ma non lasciamo che chicchessia ci imponga, entro i limiti del legale, di cosa possiamo o non possiamo necessitare.
Caro Costantino, siamo tutti con te, a scegliere cosa ci fa felici e a combattere per poterlo ottenere. Birre al seguito, com’è naturale.