Tra le durissime lezioni impartiteci dal Coronavirus, c’è che avremmo dovuto adoperarci per rodare lo smart working prima dell’arrivo di una pandemia, ma pure sulla spesa a domicilio l’Italia non si è fatta trovare pronta.
Okay, ora come ora non sono attrezzati per lavorare da casa (al netto di chi già lo faceva da tempo); nemmeno i nostri Onorevoli, che proprio in queste ore si stanno domandando come votare a distanza, danno proprio il migliore degli esempi alle aziende. Quando a noi, professionisti a partita IVA e dipendenti, con i bambini a casa rischiamo di impazzire. Gli avvocati divorzisti, pare, saranno i primi a riprendersi da questa crisi economica.
Però su, nell’epoca delle piattaforme di delivery, dei droni di Amazon e dell’iperconnessione, eravamo ultra certi di potercela cavare con il carrello digitale. E invece no: non siamo pronti noi, che ripensiamo con nostalgia ai tempi in cui potevamo fare serenamente le vasche fischiettando tra una corsia e l’altra del supermercato, ma – un po’ più inaspettatamente – non è pronta neanche l’offerta.
Se è vero che fare la spesa in questi giorni in un supermercato pieno di gente è il modo più stupido per alimentare il contagio, se è altrettanto vero che il pizzicagnolo sotto casa è un’ottima soluzione (ci darà da mangiare, magari il minimo indispensabile, e oggi più che mai le piccole imprese hanno bisogno di essere sostenute), la scelta migliore è la spesa online: comprare dalla grande distribuzione organizzata e nei negozi digitali.
Non si esce di casa, e il delivery è sicuro (lo ha detto esplicitamente il Presidente Conte, in diretta nazionale). Però. Se abbiamo il – fondato – dubbio che gli Italiani non siano del tutto pronti a un cambiamento così drastico delle loro abitudini, siamo sicuri che la grande distribuzione italiana, invece, lo sia?
Chiaro, gli ipermercati sono in affanno, travolti da troppe richieste improvvise, ma i loro e-commerce sono in tilt ormai da qualche settimana, da quando le misure del Governo per limitare l’emergenza erano assai meno restrittive. Questo, d’altronde, non vuole essere un articolo polemico fine a se stesso: ci si domanda, qui in redazione, se i grandi big della distribuzione alimentare non possano fare qualcosa per implementare il servizio di vendita online, che ci parrebbe in questo momento assai risolutivo.
Carrefour, Coop, Esselunga: i classici della GDO in down
Tre servizi di spesa online della grande distribuzione disponibili in Torino (Carrefour, Coop, Esselunga), diversi tentativi al giorno (e di notte, per la verità), per cinque giorni totali. E niente, stiamo ancora mangiando carboidrati. Perché la verità è che non siamo riusciti in nessun modo a ordinare la nostra spesa. Non oggi, non domani, nemmeno fra una settimana.
L’accesso ai servizi di spesa online è pressoché impossibile. I siti vanno in crash, la connessione rallenta, le immagini dei prodotti non si caricano. Non ci siamo fatti scoraggiare: noi quella spesa online volevamo farla a tutti i costi. Abbiamo provato durante la notte, riempiendo i nostri carrelli di generi alimentari mentre il resto dell’Italia tendenzialmente dormiva. Niente. Sia con Coop che con Carrefour, dopo ore passate a fare la spesa virtuale, al momento del pagamento le nostre transazioni sono state negate (e no, non è un problema del mio conto, perché non ho avuto problemi a pagare, ad esempio, un delivery con Glovo).
Con Esselunga, non siamo mai riusciti ad arrivare a riempire il carrello virtuale senza che la borsa piena di cibo vero ci fosse promessa tra una, addirittura due settimane.
Niente: nel nuovo millennio, seppur ai tempi del Coronavirus, stare in casa e avere il frigo pieno sono due concetti incompatibili fra loro. Abbiamo atteso qualche giorno, prima di scriverne. Era ragionevole che nemmeno le grandi aziende fossero preparate ad affrontare una simile situazione di emergenza, e non avremmo potuto biasimarle più di tanto. Abbiamo continuato a provare, e a oggi non siamo ancora riusciti a fare niente. Ragionevole che non fossero preparate sì, plausibile che nel frattempo non siano riuscite a organizzarsi un po’ meglio, meno.
In soldoni, questo disservizio significa solo una cosa: non eravamo pronti noi, ma non lo erano neanche loro. C’è qualche speranza che il servizio degli amici della GDO venga implementato durante questa emergenza? Speriamo di sì.
Cortilia: il nativo digitale
L’ultima speranza la riponevamo nei nativi digitali. Quei servizi che, per loro stessa natura, sono nati online. Spese da sempre virtuali, abituate a gestire le richieste (certo, non QUESTE richieste). Però loro ce la faranno, ci siamo detti. Sono stati pensati per la spesa online, è il loro pane.
Così, eccoci da Cortilia, la soluzione perfetta. Spesa online, e pure di prodotti sani e genuini. Invece niente, anche Cortilia è andato offline, e a me manca tanto un’insalatina scondita. Meno male che ci sono i delivery (qui i migliori di Torino e di Roma) e le botteghe che si sono attrezzate per le consegne a domicilio.
Eataly
Ma attenzione: in questo disservizio generale di spese online, abbiamo un vincitore: Eataly. Nessun intoppo, spesa digitale fatta in dieci minuti. Ok, arriverà a casa nel giro di dieci giorni (e in un orario non meglio specificato tra le 12 e le 22, per meglio gestire tutti gli ordini che stanno ricevendo), ma almeno ho portato a termine l’ordine. Fare la spesa su Eataly punto Net è esattamente come farla da Eataly nel mondo reale: il carrello si riempie di cose buone, bellissime da vedere. Certo, un tantino care ogni tanto, ma per la verità abbiamo trovato diversi prodotti in offerta e usufruito anche dello sconto dedicato ai nuovi clienti digitali. Quindi ne usciamo soddisfatti: qualcuno, in questo delirio di spese sul web, ne esce vincitore (e noi abbiamo la nostra tanto desiderata insalata).