In fondo, vale la pena di fare ottomila chilometri o qualcosa in più per assaggiare un trancio di pizza all’ananas del supermercato. C’è qualcosa di strano in questa ossessione che noi Italiani abbiamo sviluppato nei confronti di una delle millemila derivazioni del nostro piatto simbolo, e dell’idiosincrasia che sviluppiamo nei confronti di chi deturpa il nostro patrimonio gastronomico numero uno piazzandoci sopra della frutta con il prosciutto.
La pizza hawaiana, la chiamano nel resto del mondo. L’affronto numero uno nei confronti della cucina italiana, secondo forse solo alla maionese nella carbonara, diciamo noi. Eppure, della pizza, ognuno ne ha fatto un po’ quello che voleva. Perfino noi, che a un certo punto abbiamo iniziato a metterci su le quattro stagioni, o addirittura i wurstel e le patatine, adducendo come motivazione il fatto che dovesse piacere pure ai bambini. Eppure, di tutto questo, ciò che non siamo mai davvero riusciti a tollerare è la pizza all’ananas. Nonostante talvolta potesse essere pure buona. Nonostante pure il commendator Sorbillo si sia cimentato con la ricetta più odiata dagli Italiani. Nonostante tutto, la pizza all’ananas è una di quelle cose che proprio non riusciamo a mandare giù, in una di quelle ossessioni vere che, insegna Freud, forse vogliono dirci qualcosa su noi stessi. Solo che siamo distratti dal sapore agrodolce e proprio non riusciamo a capire cosa.
La pizza all’ananas del supermercato thailandese
Così, come dicevo in origine, vale la pena di fare un po’ più di ottomila chilometri per togliersi uno sfizio legato all’ossessione tutta italiana per la pizza all’ananas. Destinazione Thailandia. Un posto dove i gourmet vanno per andare a cena da Gaggan Anand (che peraltro, fun fact, anni fa firmò una pizza con patate, gorgonzola, peperoncino fresco, olio al rosmarino, pesche, acciughe e pinoli, con buona pace dell’ananas), mentre i gastrocuriosi (e i tiktoker) non perdono occasione di fotografarsi mentre provano uno spiedino di scoprioni, o di cavallette fritte, o chissà cos’altro.
Ci sono poi i gastroappassionati (e i tiktoker), che invece vanno da Jay Fai, il celeberrimo street food stellato di Bangkok, che richiede ore e ore di paziente coda per essere assaggiato.
E poi, lì in un angolino, ci sono io, che in Thailandia (complice il collega Federico, che mi incita a tentare la sfida gastronomica del secolo) assaggio una fetta di pizza all’ananas del supermercato.
Prova d’assaggio (e di coraggio)
Per la ragguardevole cifra di 47 bath (un euro e qualcosina), al 7Eleven propongono, tra le altre cose, un trancio confezionato di meravigliosa pizza all’ananas. Decidiamo che è assolutamente indispensabile alla scienza gastronomica provarlo, e con grande meraviglia (leggi: disgusto) scopriamo che con l’euro e qualcosina vengono addirittura via con te in dotazione tre confezioni monodose di salse (maionese, ketchup e chili) che francamente fatichiamo a capire come debbano essere usate, e allora meglio non chiederle e conservarle gelosamente per un’altra ghiotta occasione.
Leggere gli ingredienti in thailandese è pressoché impossibile, e allora andiamo alla cieca, aprendo la confezione in plastica e tirandone fuori una sorta di focaccia piuttosto spugnosa ricoperta di un agglomerato di formaggio e – presumiamo, credendo in quello che ci è stato promesso – ananas e prosciutto.
L’assaggio va anche peggio di quel che ci saremmo immaginati, in effetti. La pizza è terribilmente sbilanciata verso il dolce, e l’impasto è così gommoso che si fatica a masticare. Un morso è più che sufficiente, e per fortuna che c’è la birra locale ad aiutarci a mandarlo giù.
Forse, in effetti, andare da Jay Fai sarebbe stata un’idea migliore. Anvedi quelli della Michelin.