L’8 marzo è vicino, e Barilla (così come altre aziende) ci tiene a celebrarlo nel migliore dei modi. Non tanto con un prodotto dedicato, ché ormai le mimose sono un cliché, quanto con un elogio della rappresentanza femminile nella sua azienda. Azienda che è certamente un’eccellenza imprenditoriale italiana, e che sta facendo moltissimo per ammodernarsi e costruire una struttura sempre più paritaria. Ma, forse, è un tantino prematuro cantare vittoria, nonostante gli sforzi fatti per dare più spazio (e più spazio dirigenziale) alla rappresentanza femminile dell’azienda.
Il risultato è che, con tutta sincerità, non tutti i dati diffusi da Barilla in occasione della Giornata Internazionale della Donna (8 marzo) sembrano essere tali da battersi le pacche sulle spalle e stappare bottiglie di champagne festeggiando la parità raggiunta.
I dati sulla parità di genere in Barilla
“Barilla non è solo sinonimo di qualità, sicurezza e gusto nei suoi prodotti, ma anche di impegno per l’inclusione e la valorizzazione del talento femminile”, dice la più celebre azienda produttrice di pasta in occasione dell’8 marzo. E qui inizia ad elencare i dati che la rendono così encomiabile dal punto di vista della parità di genere e della “valorizzazione del talento femminile”.
“Oggi, il 38,5% degli Executive e Manager dell’azienda sono donne, con il 47% delle dipendenti che lavora a stretto contatto con il Global Leadership Team”. Un numero che pare ancora abbastanza lontano dalla parità, in effetti, se la matematica non sbaglia. Per arrivare al 50% i passi da fare sono ancora undici e mezzo, più o meno.
A guardare i dati del rapporto “Sesso è Potere” di info.nodes e onData, sono comunque un po’ più in alto della media, che viene stimata in un 35% di posizioni di comando occupate da donne. Quindi, bene Barilla, ma con la consapevolezza che quel 38% è davvero solo l’inizio, se è vero che nello stesso rapporto il 35% viene considerato una percentuale “che indica una disparità radicata e profonda”. Non è un 3,5% in più che cambia la situazione, per il momento, e sarebbe bene ricordarlo per continuare a proseguire il più in fretta possibile il gender gap, cosa su cui l’Italia è fanalino di coda dell’Europa, con dati che spesso anziché migliorare peggiorano di anno in anno. Per dire, nel Gender Gap Index 2024 l’Italia, con un punteggio di 0,703 su 1, si posiziona all’87esimo posto a livello generale, perdendo ben 8 posizioni rispetto al 2023. In Europa, significa collocarsi al 37esimo posto su 40, più virtuosi solo di Ungheria, Repubblica Ceca e Turchia.
In effetti, Barilla dichiara anche di guardare al futuro, con il 42% delle professionalità femminili coinvolto in percorsi di crescita per assumere ruoli di leadership nei prossimi 5-10 anni. Qui andrebbe sicuramente approfondito l’argomento, perché 5-10 anni sono tanti, e bisogna capire cosa si indica per “percorso di crescita”, e in che percentuale vengono coinvolti gli uomini.
Nel 2020, prosegue Barilla, è stata raggiunta la parità retributiva, e alleluja, ma il 2020 era l’altro ieri ragazzi e, anche se è vero che non tutte le aziende ci sono ancora arrivate – nonostante le direttive europee che la impongono chiaramente – è un po’ presto per farci gli applausi su qualcosa che in un mondo normale avrebbe dovuto essere data per scontata, e cioè che le donne e gli uomini, a parità di mansioni, percepiscano uguale stipendio.
Ovviamente, ben vengano le iniziative che Barilla adotta per colmare il gap – come per esempio aver introdotto nel 2023 una nuova policy per il congedo parentale, garantendo congedo retribuito al 100% a tutti i genitori, indipendentemente da genere, stato maritale o orientamento sessuale – ma, ecco, suggeriremmo un po’ più di understatement, almeno finché la parità (quella del 50% tondo tondo) non sia davvero raggiunta, e speriamo che succeda al più presto.