Cucinare di più, arrendersi all’inutilità della scorta, assecondare fuori pasto e schifezze (alternate a cibo sano diabolicamente elucubrato): la nostra è vita è cambiata con l’emergenza Coronavirus, specialmente se attraversate una quarantena con bambini in casa. La nostra guida alla sopravvivenza alimentare.
Comincio autodenunciandomi. Il 23 febbraio, quando l’emergenza Coronavirus era appena all’inizio, il Piemonte e la Lombardia decidevano di chiudere scuole e università per una settimana; in realtà era un prolungamento di soli due giorni dato che da lunedì 24 a mercoledì 26 erano già previste le cosiddette vacanze di carnevale. Il giorno dopo io – che lavoro da casa e che già per tappare il buco di quei tre giorni con due bambini mi ero fatto tutto un programma con largo anticipo – scrivevo su Facebook:
Scuole chiuse.
Io non so se stanno sopravvalutando le potenzialità omicide del cornavirus. Ma di certo stanno sottovalutando quelle dei genitori.
Faccio qui pubblica ammenda perché non mi sbagliavo una volta, ma due. Stavo sottovalutando – facile dirlo col senno di poi – la terribile infettività e l’elevata mortalità del virus, da un lato. Ma dall’altro, sottostimavo anche la mia, la nostra capacità di resistenza. Altro che due giorni in più: è passato quasi un mese, e a casa mia siamo ancora tutti vivi. Certo ci mandiamo seriamente a quel paese venti volte al giorno, e sembriamo sempre a un passo dal metterci le mani addosso – ma per fortuna non ci siamo ancora sbranati.
E lo so che molti di voi vivono da soli e quindi pagherebbero per fare due chiacchiere con un essere umano in 3D, vi capisco e non vi invidio, ma vi assicuro che anche io per un giorno alla settimana vorrei fare a cambio con la vostra condizione, almeno quanto voi vorreste stare un po’ al posto mio. Capisco tutti, anche quelli che stanno sclerando (io sto sclerando). E lo so anche che oltre a esserci gente che vive sola, c’è gente che muore sola, in un reparto di terapia intensiva senza il conforto di un parente, e che se ne va all’altro mondo senza neanche un funerale: insomma se vogliamo fare la gara del benaltrismo, ci sta sempre una situazione davvero grave, o comunque più grave della nostra.
Se invece vogliamo sopravvivere non solo fisicamente, cerchiamo di prendere quello che c’è di buono nelle specifiche situazioni in cui siamo costretti, di tollerare un po’ di più gli scleri altrui (sì, anche di quelli che escono, e di quelli che se la prendono con quelli che escono, e di quelli che se la prendono con quelli che se la prendono con eccetera eccetera), di accettare che qualcuno ci faccia il predicozzo tipo quello che avete letto finora. E che qualcun altro – sono sempre io, da qui in avanti – si metta a dare consigli gastronomici semiseri per la quarantena con figli.
Mi rendo conto, infine, che per molti di voi siamo a “quarantena giorno 9”, ma qui in Piemonte le misure sono scattate prima, e ancor prima come dicevo hanno chiuso le scuole: ai fini che qui interessano, siamo con i bambini a casa h24 da un mese, fidatevi di chi ha un minimo di esperienza. Tra passare tutta la giornata ai fornelli e lanciare ai figli pacchetti di patatine e würstel crudi senza alzarsi dal divano, una via di mezzo c’è. Potete sopravvivere a una quarantena con i vostri bambini, credetemi, almeno sul fronte del cibo.
Cucinare di più
Mettetevi l’anima in pace: si cucina di più. Sia come quantità sia come varietà e complicazione. I miei figli fanno (facevano? faranno?) tutti e due il tempo pieno, quindi mangiano nella mensa scolastica. A conti fatti, sono 40 pasti in più al mese da preparare. Aggiungi che magari se sei solo o con altri adulti, a pranzo ti arrangi – un panino una piada una pasta veloce – mentre ai figli, non gli vuoi garantire un pasto completo ed equilibrato dal punto di vista nutrizionale, bilanciando carboidrati proteine e fibre, come quello della mensa, ma di qualità infinitamente superiore? Ecco, siamo già allo sclero.
Cuciniamo di più, e anche più cose insieme, perché è difficile mettere d’accordo tutti: bei tempi quelli in cui, nelle famiglie numerose, arrivava la minestra a tavola e quello era. Ora tra diete e scelte alimentari degli adulti, e cibi off per i bambini, o si mangia tutti i giorni pasta al sugo (sì ma spaghetti o penne?) o si fanno almeno due o tre alternative. Senza contare che il cibo è anche per noi consolazione e coccola: io ho fatto più dolci in quest’ultimo mese che negli scorsi 3 anni. E Pasqua deve ancora venire: che, restiamo senza pastiera?
L’inutilità della scorta
Fare scorte è inutile, lo sappiamo bene: sia perché c’è in giro un virus, non una carestia. (E anche se fosse: ma quanto pensate di poter durare con 50 kg di pasta? Due mesi? Tre? E poi?) Sia perché svuotare gli scaffali di tutti o di determinati prodotti (vedi lievito di birra) è il modo migliore per far autoavverare la profezia.
Il senso della scorta potrebbe essere un altro: quello di andare a fare la spesa il meno possibile, di farsi una lista di necessità per la settimana o almeno per qualche giorno. E non, come fanno molti, andare a comprare due o tre cose alla volta, visto che rifornirsi di beni di prima necessità è ormai uno dei pochi motivi per uscire legalmente. Bene: se siete a casa con i bambini, dimenticatelo. Perché per quanto possiamo scavare nei meandri della dispensa e del frigo, e fare la lista più accurata della storia, ci sarà sempre qualcosa che ci sfuggirà. E che al momento più inopportuno sarà il bene più indispensabile della vita: per i nostri figli, ovviamente.
Se abbiamo preso i Nutella Biscuits ci sarà un’improvvisa necessità di Oreo, se abbiamo gli Oreo vorranno i Baiocchi, e se abbiamo tutti e tre sarà la volta buona che la merenda migliore diventa un biscotto neutro con la nutella spalmata da papà. Che fare? Permissivismo a manetta o educazione siberiana? Certo l’occasione per far capire la differenza tra necessità e sfizio è ghiotta (quante volte all’ennesimo capriccio abbiamo detto, oh vi vorrei far vedere come si mangiava durante la guerra!, senza peraltro averlo mai provato neanche noi), ma un po’ di tolleranza non guasta. Almeno qui, cerchiamo di non trasformarci nei carcerieri dei nostri figli.
Alternare pasti sani e schifezze
Okay, i bambini sono corpi in fase di sviluppo, quindi hanno bisogno di più attenzioni, di un regime alimentare più equilibrato: quello che a noi grandi fa un baffo, per loro può essere deleterio nel lungo periodo. Però, cerchiamo di applicare con i figli un po’ di elasticità, la stessa che riserviamo a noi stessi. Alterniamo: concediamo più del solito qualche pasto senza verdure, o indubbiamente raccapricciante, prepariamo piatti sanissimi per bilanciare.
Con qualche attenzione, visto che tempo ce n’è: i legumi mia figlia non li sopporta tanto, ma ridotti in crema col passino sono diventati la cosa più buona del mondo. In alternativa al metodo un po’ e un po’, c’è la terapia d’urto: far mangiare loro tutto quello che vogliono a qualsiasi ora, e aspettare che siano loro dopo qualche giorno a venirci a chiedere implorando una bistecca, una cima di broccolo. Rischioso, ma in caso ci troviamo vicini al burnout, si può provare.
E i fuori pasto?
Chi ha figli o frequenta bambini lo sa: i giovani non hanno orari. Soprattutto per il cibo: i criaturi mangerebbero sempre, tranne quando è ora di mangiare. Anche qui, visto che gli orari sono più rilassati, e ovviamente senza sbracare, un po’ di tolleranza in più è la chiave: i bambini a volte mangiano perché si annoiano, e non sanno verbalizzare la noia in modo diretto. Per cui, via libera alla merenda di metà mattinata, e alla doppia merenda pomeridiana.
Cercando come sempre di alternare una Pringle con un più sano tarallo, una fetta di pane e burro a una merendina del Mulino Bianco. A volte può essere intelligente anticipare: preparare una spremuta d’arancia e poi proporla al volo. Oppure lasciare in giro dei piattini con dei pezzi di frutta – come suggeriva di fare con i bambini piccoli il pediatra e nutrizionista Piermarini in Io mi svezzo da solo – certo evitando di trasformare tutta la casa nel set della Grande abbuffata.
Farli cucinare
Questo è sempre valido, quarantena o meno. Aiutare in cucina per i bambini è divertente e li fa sentire importanti; per noi da un lato può essere seccante perché ci si mette un po’ di tempo in più e si sporca ovunque. Dall’altro li tiene impegnati, ed è l’occasione per fare ricette nuove o fuori dall’ordinario.
Proprio come si fa con i garzoni nelle cucine vere, io faccio partire i miei figli dai compiti più umili: buttare gli scarti e le confezioni, sbucciare le fave e i piselli, caricare la lavastoviglie. Devono capire subito che la cucina non è solo impiattamenti da Masterchef (le cui repliche comunque andranno guardate in rigoroso silenzio più tardi, durante la cena – dato che com’è noto noi italiani siamo l’unico popolo che riesce a parlare di mangiare nello stesso momento in cui sta a mangiare).
Prepararsi ai colpi di scena
Il lockdown annoia, lo abbiamo detto. Ma è anche una grande occasione di maturazione, uno stimolo per tirare fuori risorse inaspettate. E i bambini in questo stupiscono: io li vedo, in questi giorni, e mi meraviglio della loro resistenza. Non dico che non fanno una piega, ma si sono adattati alla nuova situazione più facilmente di noi grandi. D’accordo, il fatto che non si va a scuola per il momento è ancora una cosa da festeggiare per loro, però ad esempio la grande segue montagne di videolezioni tutte le mattine, e la vedo accendere il tablet con lo stesso aplomb con cui prima usciva di casa all’alba.
Lato gastronomico, sto osservando strani mutamenti: sarà appunto la noia, sarà che sotto pressione si cresce più in fretta; ma qualche giorno fa il piccolo, dai gusti molto selettivi a differenza della sorella, ha incominciato a dire che voleva le salsicce, forse perché le aveva viste in un video dei Me contro te. Avevamo solo delle salsicce dalla macinatura rustica e dal sapore deciso, dell’Agrisalumeria Luiset, verso le quali lui aveva sempre manifestato la naturale diffidenza del quattrenne. Ma carpe diem: proviamoci. Risultato, non me ne ha lasciato neanche un boccone.
Simulare l’uscita
Una cosa che pesa, più a noi adulti forse, è non poter andare a mangiare fuori. Non solo per il fatto che non dobbiamo preparare e lavare i piatti, ma per l’esperienza in sé. E anche per variare il menu. Ora, i locali sono tutti chiusi. Ordinare da asporto, dai pochi che ancora lo fanno, nei pochi posti in cui è ancora consentito? Qualche perplessità generale sulle condizione di lavoro dei rider, e in particolare ora sulle traballanti precauzioni sanitarie e sui rischi che corrono questi ragazzi, ce l’ho.
Oppure, si può fare il ristorante a casa: uno o due cucinano, gli altri fanno i clienti. È una specie di gioco di ruolo, da giocare rigorosamente alternando le parti. E ovviamente anche il menu deve essere fuori dall’ordinario, e a tema. Ma preparandosi prima, non sarà difficile simulare una piadineria o una creperie, con tanto di menu scritto.
Correre correre correre
Immobilità forzata + una torta al giorno = colesterolo a palla. Speriamo che la clausura duri poco anche per questo, perché stiamo tutti mangiando di più e in maniera meno sana, e d’altra parte manco i 5 minuti di camminata fino alla metropolitana facciamo.
Perciò, al di là della pia illusione di farsi la palestra in casa (vi sto credendo), se avete dei bambini approfittatene per acconsentire alle loro richieste di movimento. Loro non lo fanno per salute, o meglio non ragionandoci, ma istintivamente: devono muoversi, correre, scatenarsi. E fanno bene: per la salute fisica, e anche per quella mentale. Perciò, se avete dei figli che, come a me, all’improvviso vi dicono: Papà, mi insegui?, non pensateci un attimo. E iniziate a correre.