È caccia alla vaniglia naturale.
Ambitissima dalle aziende italiane del settore, soprattutto oggi che “biologico” e “sano” sono i nuovi trend, la vaniglia naturale è infinitamente più apprezzata del suo sostituto sintetico.
La vaniglia naturale si erge a nuovo oro, in quello che è il mercato delle spezie: quasi totalmente prodotta in Madagascar, è difficile da reperire e i suoi semi sono ricavati da orchidee che vengono impollinate manualmente.
E il tutto per ricavarne appena poche tonnellate all’anno, ben poca cosa se paragonate alla quantità ottenuta in maniera sintetica.
Ed è qui che entra in gioco Edith Elise Jaomazava, 46 anni, imprenditrice e proprietaria di un noto import-export di Torino, l’Atelier Madagascar.
Edith commercializza la vaniglia naturale che viene ormai venduta a peso d’oro. Letteralmente.
Duecentoventicinque euro (sì, 225) per un chilo di baccelli della varietà bourbon, quella più pregiata: cento semi per ottenere due grammi di estratto di vaniglia, mica pizza e fichi.
E i prezzi per il consumatore finale? Tra tasse, trasporti e margine di guadagno, si arriva fino a 400 euro al grammo. “Una cifra altissima.” – racconta Edith – “Due anni fa la stessa quantità la vendevo a 110 euro”.
Ed è proprio per il suo prezzo proibitivo che aumenta l’impiego della vanillina da laboratorio (composta da un miscuglio di chiodi di garofano, catrame dei pini e noce moscata) che comunque, precisa il professor Ciro Vestita, docente di fitoterapia, non comporta rischi per la salute.
Un prezzo da capogiro che viene battuto unicamente da quello di un’altra spezia, notoriamente costosissima: lo zafferano.
L’aumento spropositato del valore di mercato della vaniglia, secondo gli esperti di Assoerbe, è da attribuirsi a diversi fattori. I più rilevanti: il clima sfavorevole e le pratiche dei produttori malgasci che, per paura di furti, prelevano anzitempo i baccelli dai fiori.
“Da quando le multinazionali hanno deciso di usare i semi naturali al posto dell’aroma sintetico” – dice Edith – “l’interesse per il Madagascar è aumentato. Io lì ci sono nata, la mia famiglia ha una piccola piantagione di vaniglia, so bene com’è la situazione. C’è chi compra i terreni dei contadini a due soldi per poi rivendere piante e semi a cifre altissime. E le grandi aziende hanno un enorme potere nell’influenzare il mercato a proprio vantaggio.
Le conseguenze sono, dunque, inevitabili. E l’incremento spropositato del prezzo, come si può intuire, non aiuta gli importatori, sebbene i baccelli siano richiestissimi soprattutto nell’alta pasticceria e nell’arte gelatiera.
[Crediti | Link: Corriere della Sera]