Che Renato Bosco differenzi, come si dice degli imprenditori accorti, non è una novità. La pizza surgelata che si infighettisce a suon di partnership blasonate, invece, è una nuova. E speriamo buona nuova, dopo aver visto tentativi più o meno riusciti, da parte dei marchi della grande distribuzione organizzata, di posizionarsi un gradino più in alto nella piramide gastronomica. Pensiamo, su tutti, alla linea “Cornetti Stellati” di Algida. Questa volta l’azienda in campo è Roncadin, la friulana specializzata in pizze surgelate che ha da poco rilanciato la sua linea “top di gamma” ExtraVoglia.
Per “chi vuole consumare in casa quanto di più simile alle pizze che si consumano in pizzeria”, promette Roncadin, mettendo a scaffale la “ExtraSottile” e una nuova tipologia, la “Classica a bordo alto”, realizzata in collaborazione con nientepopodimeno che Renato Bosco, star della pizza veronese, che si è impegnato nella realizzazione di Margherita e Parmigiana con 30 centimetri di diametro, impasto con farina di tipo 1 macinata a pietra, lievitazione di 24 ore e ingredienti 100% italiani.
Potevo non fiondarmi al supermercato più vicino per una delle Prove d’assaggio di Dissapore?
Packaging e descrizione del prodotto
La confezione, che mi porto a casa con 4.29 euro di spesa, è tra le più belle che mi sia capitato di vedere per una pizza surgelata, e invoglia sicuramente all’acquisto. Semplice, essenziale, ordinata, ma con tutte le informazioni immediatamente utili per capire di quale prodotto si tratta.
Sul fronte c’è la foto della pizza (e quella va beh, era scontata), il logo di Roncadin, quello di ExtraVoglia (il brand top di gamma dell’azienda, per l’appunto), la tipologia di pizza e la collaborazione con Renato Bosco. Poi sì, chiariamoci, a meno del 100% ingredienti italiani (che ormai inizia ad essere decisamente retorico) qualche piccola divagazione si poteva anche evitare, come “pomodoro maturato al sole” o “cotta in forno a legna su pietra lavica dell’Etna”.
Il retro è dedicato invece alle informazioni più tecniche e di consiglio; a una breve presentazione di Bosco, segue la disamina della tipologia di ingredienti utilizzati (farina di tipo 1, mozzarella italiana e basilico in foglie), e le indicazioni di cottura.
La parte centrale è un elenco di paroloni a presa sicura e ormai scontati; “solo ingredienti selezionati per garantire una pizza di altissima qualità”, come dire, ci mancherebbe che scrivessero che la pizza è fatta con materie prime pessime per avere un risultato orribile..
Oltre alla composizione obbligatoria (farina di grano tenero tipo 1, acqua, mozzarella 12.5%, semiconcentrato di pomodoro 7.3%, polpa di pomodoro 7.3%, PERLE di mozzarella 4.8%, olio di semi di girasole, olio extravergine di oliva, sale, basilico in foglia, lievito) e al peso complessivo (415 gr) è indicato anche il peso totale della farcitura, 36.4%, che ci permetterà di fare anche qualche considerazione aggiuntiva in seguito.
Il primo impatto
Conosciamo tutti il vero problema della stragrande maggioranza delle pizze surgelate: l’effetto “saccottino”. Sul pack le pizze sono sempre stupende, poi le apri e ti ritrovi delle masse informi, con la mozzarella tutta su un lato, il pomodoro arancione e l’impasto pallidissimo.
La Roncadin di Bosco, a grande sorpresa, mi ha stupito. L’impatto è decisamente positivo: la farcitura è in ordine, ma con quelle piccole imperfezioni che quasi ricordano una pizza artigianale (il bordo non uniforme, il basilico meno distribuito).
Anche la base inferiore pare essere ben cotta, tostata, senza segni di bruciatura o di pasta cruda.
Ho voluto fare un gioco, ragionando sui pesi, sulle misure e sulle proporzioni. La pizza pesa 415 grammi, di cui il 36.4% è farcitura; quando il processo di surgelamento è professionale, le variazioni di peso sono minime, assumiamo pari a zero. Significherebbe avere circa 151 gr di condimento, e 264 gr di impasto; anche qui, dobbiamo tenere conto di una perdita di peso del prodotto cotto, che per cotture più veloci come quella della pizza tonda sono tra il 5 e il 10% per l’impasto e tra il 15 e il 20% per gli ingredienti di una margherita (pomodoro e mozzarella).
Possiamo supporre quindi il peso medio degli ingredienti di partenza: un panetto da 285 gr, 80 gr di pomodoro e 100 di formaggio, per una pizza da 28.5 cm di diametro e un cornicione di 2 cm.
Si tratta ovviamente di considerazioni indicative, che consentono però di trarre una conclusione: la pizza è molto in linea con le caratteristiche classiche di una tonda al piatto e rispetta tutte le proporzioni.
Anche tolta la pellicola protettiva l’impatto è buono; la farcitura ispira parecchio, il pomodoro è di un rosso vivo ma non finto, le mozzarelline di bufala (l’aspetto che mi convinceva meno) e la mozzarella a scaglie danno un tocco di personalità, che permette al contempo di avere a fine cottura una parte di mozzarella sciolta in modo più omogeneo e una più “fondente”.
La parte che convince meno è la precottura, meno uniforme, ma potrebbe anche essere un effetto dovuto al surgelamento.
La cottura
Le indicazioni sulla cottura sono molto chiare: il forno va preriscaldato a 200 °C in caso di modello statico, 180 °C in caso di ventilato.
Va (ovviamente) rimosso l’involucro trasparente, e la pizza posizionata sulla griglia in posizione centrale per 10-13 minuti; si sconsiglia il forno a microonde, che in questi casi non fa altro che rendere gommoso il prodotto.
La precisazione aggiuntiva è altresì importante: ogni forno lavora in maniera diversa, e le istruzioni sono quindi da considerarsi una guida.
La pizza sarà cotta quando tutto il formaggio sarà fuso.
Nel mio caso, ho un forno classico e relativamente nuovo, che funziona molto bene in modalità statica con un’ottima distribuzione, mentre noto che il ventilato tende a scaldare più verso il fondo. Funziona, insomma, in maniera opposta a come dovrebbe, ma tant’è. Ho pre-riscaldato a 200 °C e infornato sulla griglia in posizione centrale, impostando il timer inizialmente a 10 minuti.
Dopo già 8 minuti la mozzarella era completamente sciolta, il pomodoro e il bordo molto caldi.
Ho lasciato ancora poco più di un minuto abbassando a 180, per poi sfornare.
Ho preferito seguire le indicazioni alla lettera, ma vi do un consiglio: in situazioni simili, con forni performanti che difficilmente perdono temperatura, anche in modalità statica è meglio lavorare sui surgelati con qualche grado in meno, per evitare di seccare repentinamente l’impasto. Avrei probabilmente ottimizzato ancor di più con 10-11 minuti a 175-180 °C, piuttosto che con 8 a 200 °C, ma poco male, la pizza è uscita dal forno perfettamente rigenerata.
L’assaggio
Facciamo un passo indietro: mentre avevo il prodotto in forno, la stanza era pervasa dal classico profumo di pizza margherita, e riconoscevo perfettamente l’amalgama di pomodoro, mozzarella e basilico che contraddistingue la farcitura.
Un’ottimo segnale di partenza, sintomo che le materie prime sono di ottima qualità.
All’uscita dal forno, la sensazione è contrastante; visivamente è invitante, ma se solo avessero sporcato leggermente di pomodoro tutto il bordo anziché metà, l’effetto sarebbe stato veramente ottimo.
La cottura sotto è come “da pellicola”; bianca, tostata in vari punti. Non male ma si può fare di meglio.
Sul contenuto del cornicione so cosa state per dire. “Pieno di pasta, sarà sicuramente pesante”. “Qualche alveolo sporadico, ho visto di meglio”.
Tenete presente che, in realtà, per una pizza surgelata è bene che il cornicione deve cuocere, ma non seccare.
Mi è capitato di assaggiare pizze con il bordo vuoto, che al rinvenimento diventavano cracker secchi e duri; la via di mezzo in questo caso è spesso la strada più intelligente (se si mira ad un prodotto con un buon contrasto morbido-croccante), quindi un cornicione non esplosivo ma nemmeno compatto.
E l’assaggio conferma quanto detto: la pasta risulta perfettamente cotta, la mollica morbida e la crosta ha un piacevole effetto croccante. Rimane tuttavia una sensazione strana; l’impasto ricorda parecchio il pane, quelle forme da 50 grammi piene di mollica della pausa pranzo a lavoro. Non è spiacevole e nemmeno cruda, per carità, ma ogni tanto si percepisce qualche sentore di farina non perfettamente amalgamata, che stona con il resto.
Percezione che aumenta quando si arriva alla zona più sottile e non pre-cotta egregiamente, come anticipato.
Soprattutto nella parte centrale, l’effetto è più presente e copre anche il sapore del condimento; verso il bordo invece il sapore migliora, e la croccantezza rimane.
Che la farina è una tipo 1, si vede (e si sente) eccome: analizzando l’impasto sono ben visibili i puntini della crusca. Non una delle più saporite, ma nel complesso si avverte la differenza.
La farcitura è la componente più meritevole dell’insieme: un ottimo pomodoro, relativamente asciutto (il giusto, per un prodotto surgelato), basilico profumato, ma soprattutto una buona mozzarella, anche se rimane piuttosto soda e non fila particolarmente.
A conclusione, l’ho finita, senza fatica, e non ho avuto nessun tipo di problema a posteriori; questa è senz’altro la prima delle affermazioni che chiunque ha voglia di sentire, e che rassicurano il consumatore.
Pur con qualche piccolo difetto legato alla cottura di metà bordo e della base, o alla farina in eccesso, ci troviamo di fronte a un grande prodotto, sicuramente tra i migliori sul mercato delle pizze surgelate. Gli ingredienti della farcitura sono di ottimo livello e la qualità percepita è alta, ma quel che più ho apprezzato è il contrasto tra la croccantezza della crosta (friabile e mai dura) e la morbidezza dell’impasto, che il rigenero in forno ristabilisce alla perfezione.
Se l’intenzione era davvero quella di ottenere il risultato più simile possibile alla pizza di una pizzeria, ce l’hanno fatta. Con tutti i limiti del caso, si intende. Promossa.