Venezia: cosa significa fare pesca sostenibile in Laguna

Venezia: cosa significa fare pesca sostenibile in Laguna

Cosa significa fare pesca sostenibile nella Laguna di Venezia? Ve lo raccontiamo, attraverso il sistema delle valli da pesca e il progetto virtuoso ItticoSostenibile. 

Le cozze, in questa stagione, hanno il mollusco piccolo e insapore. Questo accade perché il ciclo riproduttivo della cozza avviene in inverno e il 60% del corpo della cozza maschio è costituito dalle gonadi: praticamente dovete vedere una cozza come il Rocco Siffredi del mare. Ora, verso novembre, le gonadi si sono spremute per bene per rilasciare, appena arriva una mareggiata, gli spermi che feconderanno le cozze femmina.

Questo accade praticamente con i cicli riproduttivi di tutti i molluschi, ed è solo una delle competenze di pesca che mi hanno insegnato quelli di ItticoSostenibile, un progetto di vendita di pesce sostenibile avviato a Venezia (precisamente a Favaro Veneto) da gennaio 2019.

valle da pesca; pesca sostenibile

Pesca sostenibile: cosa vuol dire

Ma esattamente cosa significa pesca sostenibile? Direi che la faccenda si può riassumere in quattro punti:

  • il metodo di pesca,
  • il consumo delle qualità locali,
  • il rispetto della stagionalità,
  • il lavoro sulle valli di pesca.

Il metodo di pesca è forse, tra questi argomenti, quello su cui la soglia dell’attenzione è già abbastanza alta: più o meno tutti sanno che la pesca a strascico non va bene. In particolare nella laguna di Venezia si usa una tecnica, detta “a rampone”, che prevede uno strascico pesante che tira su dal fondale tutto quello che c’è, provocando la morte di molti pesci che non sono commerciabili perché non hanno ancora raggiunto la pezzatura per cui è legale venderli.

pesca sostenibilemoeche; pesca sostenibile pesca sostenibilepesca sostenibile

La stagionalità del pesce per me, fino a qualche giorno fa, si riduceva a quello che avevo sentito sempre dire da mia madre: “il pesce è buono nei mesi con la “R””. Quando chiedo a Riccardo, il grossista che fa parte del team di ItticoSostenibile, se questa sia la classica perla di saggezza popolare, lui manifesta una delle più sottili, e per me gradite, forme di cortesia, evitando di ridermi in faccia. Mi spiega però che la stagionalità nel pesce deriva soprattutto dai cicli vitali propri di ciascuna specie, uniti, nel caso di ItticoSostenibile, alla volontà di non commercializzare il pesce prima che abbia compiuto almeno un ciclo riproduttivo.  In fondo perché abbiamo tutti più o meno conservato nel nostro bagaglio culturale che la stagione dei broccoli è l’inverno, mentre quasi nessuno conosce la stagione delle sardine? [per la cronaca le sardine si mangiano da aprile a settembre].

La valle da pesca

Comunque la nozione più importante che mi son portata a casa è quella del sistema delle valli da pesca, diffusissime in tutto il golfo veneziano ed oltre. Si tratta di un sistema ingegneristico affascinante, anche se vecchio 1000 anni, che sfrutta la naturale inclinazione dei pesci a godersi la vita e quindi andare verso il caldo e il cibo. Negli ambienti lagunari quando arriva la primavera l’acqua si riscalda molto più rapidamente di quella del mare, questo fa sì che gli avannotti, gli adolescenti delle varie specie, decidano di trasferirsi in Laguna, un po’ per lo stesso motivo per cui, noi del Nord, ad aprile cominciamo a guardare i low cost per la Sicilia.

valle da pesca; pesca sostenibile

Quando il pesce comincia ad affluire in laguna viene pescato da professionisti muniti di apposita licenza e quindi seminato nella cosiddetta valle di pesca (ce ne sono di varie dimensioni, arrivano anche ai 1400 ettari) dove il pesce si nutre con quello che trova. Per il legislatore la valle di pesca produce pesce che va definito di allevamento, ma non c’è alcuna somministrazione di mangimi o di farmaci su questo pesce che rimane del tutto simile al pesce pescato.

Nella valle di pesca il pesce rimane due anni prima di raggiungere la dimensione adatta ad essere pescato, durante gli inverni che trascorre nelle valli si sente attratto dal mare, in cui l’acqua mantiene una temperatura più mite. Non c’è problema: un sistema di chiuse, detto lavorièro, lo incanala in una vasca riempita di acqua di mare, e può svernare lì, nuotando solo per qualche metro ma pensando di essere nel sud della Florida.

Peccato che questo sistema valga solo per i pesci “a forma di pesce”, mentre non è riproducibile con molluschi e crostacei (a parte le mazzancolle), che quindi continuano ad essere dei prodotti a minor sostenibilità.

ItticoSostenibile

Il progetto ItticoSostenibile è nato da poco, e al viandante distratto appare come una normale pescheria, a volte un po’ meno fornita delle altre. In realtà dietro al progetto ci sono tre scienziati e due grossisti che lavorano con questi temi da almeno 10 anni.

Chiaramente si tratta per loro di una mission: una pescheria, nemmeno senza adottare un rigido criterio di sostenibilità, non dà da mangiare a cinque persone. Tanto più che qui i prodotti sono selezionati con estremo rigore – mi accennano anche a delle diatribe interne al loro gruppo tra puristi e compromissori -.  Può succedere che il banco sia abbastanza scarno magari perché c’è stato brutto tempo la notte prima, oppure perché, come in questo periodo, la stagione della valle da pesca si è conclusa. Succede invece sempre di non trovare salmone, spada, persico, pangasio…

L’animatore e l’inventore del progetto è Federico che si è occupato per tutta la sua vita lavorativa dei problemi della pesca elaborando per l’ex Provincia, attuale Città Metropolitana di Venezia, un piano di gestione delle risorse, cercando di comunicare alle istituzioni che “si pesca un po’ male”. Ma far passare il messaggio e ottenere legislazioni e controlli non è facile. Federico aveva già avuto l’idea di fare delle cene con il pesce sostenibile, finanziato dalla Camera di Commercio di Venezia in concomitanza con l’expo del 2015 dal titolo “non è pesce per pochi” e mostravano come sia possibile poter mangiare pesce sostenibile, almeno 4 portate, con una ventina di euro a testa.

Poi si è inventato questa pescheria, partendo dal presupposto che è più facile che il cambiamento avvenga dal basso e dal mercato, piuttosto che dalle istituzioni.

Si sono aggiunti all’impresa Andrea, dottore in biologia marina, e Riccardo, dottore in scienze ambientali. Il know how commerciale è dato da un altro Riccardo, che da dieci anni vende il pesce all’ingrosso, ma solo se è sostenibile, e un altro Riccardo ancora (nomen omen), impegnato nello stesso lavoro.

orata; pesca sostenibilebanco del pesce

A proposito, sapete come si distingue un’orata di allevamento da una di valle o di mare? Dal Pantone. Innanzi tutto devono avere un anello dorato intorno al muso tra gli occhi e la bocca, da lì, peraltro prendono il nome orata. Poi devono avere una macchiolina arancione subito sotto alla pinna anteriore, e dalle 6 alle 12 scaglie ì sulla pancia devono essere colorate di giallo formando una linea più o meno parallela al taglio che si fa per pulirle dalle interiora. Oltre a questo il colore dell’orata tende al giallastro verdino.

A questo punto la butto lì, almeno qualcosa di pesce so, ed esclamo: “Mentre quelle di allevamento tendono all’azzurro”, Federico sorride e mi chiosa: “Io direi più color piombo”.