Perché uno spot stagionato del Parmigiano Reggiano sta facendo scalpore

Perché si sta parlando di uno spot stagionato tre mesi del Parmigiano Reggiano (e che cos’è la renatinowave).

Perché uno spot stagionato del Parmigiano Reggiano sta facendo scalpore

È partita la renatinowave. È partita da uno spot del Parmigiano Reggiano, una clip video di poche decine di secondi, che è stata pubblicata a settembre, e dopo una stagionatura di tre mesi, è in questi giorni sommersa da un’ondata di polemiche. Sacrosante. Di che si tratta? Guardiamo il breve video.

https://www.youtube.com/watch?v=PeUHImm4itA

“Nel Parmigiano Reggiano ci sono solo latte, sale e caglio, nient’altro… L’unico additivo è Renatino, che lavora qui da quando aveva diciotto anni, tutti i giorni, 365 giorni l’anno”. C’è un tizio con la barba che spiega cose a dei giovani entusiasti, mentre gli operai dei caseificio versano il latte e mettono in forma la cagliata. Renatino all’inizio non si vede neanche, coperto dal cappello, poi sembra che non abbia facoltà di parola, perché alla domanda di una ragazza con la capigliatura afro, “Ma davvero lavori 365 giorni l’anno?”, lui muove solo la testa convinto, però poi quando un altro chiede “E sei felice?”, lui risponde “Sì” anche se con la faccia di chi non ha capito bene la questione.

La questione è stata sollevata su Facebook da Christian Raimo, scrittore (e politico romano) molto battagliero sui social. Il punto è, banalmente, quello dei diritti dei lavoratori. Certo un argomento molto novecentesco, ci rendiamo conto, ma finché esisterà ancora il lavoro, dovrebbero esistere anche quelli. Insomma, faticare 365 giorni l’anno forse solo nelle fabbriche inglesi del 1800, ma neanche, forse solo nelle piantagioni di cotone degli Stati Uniti prima dell’abolizione della schiavitù. Certo, c’è una differenza: lì non ti chiedevano se eri felice, almeno.

meme parmigiano reggiano

I commenti sotto il video vanno dal feroce al sarcastico, l’hashtag #parmigianoreggiano diventa trending topic su twitter, e insomma tutto il casino che succede di solito. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano risponde, non con un comunicato ufficiale o un post dei suoi account social, ma in un commento a Raimo. Che lo riporta. 

https://www.facebook.com/christian.raimo.7/posts/10158936200492831

In sostanza la difesa si articola su tre punti. Il primo, quello sostanziale, arriva alla fine: “I diritti dei lavoratori sono assolutamente garantiti secondo le normative vigenti e senza eccezione alcuna”. E vorrei pure vedere, mi viene da dire. Ma qui non stiamo parlando delle condizioni di lavoro in fabbrica, stiamo parlando dell’idea, dell’immagine che viene veicolata da un video promozionale: l’immagine del marchio in questione, in particolare, e l’idea del lavoro che si diffonde, in generale. Che, ve lo dobbiamo insegnare noi a voi come funziona il marketing?

Il secondo punto parla proprio di questo, della forma: si tratta di “un linguaggio cinematografico che ammette licenze per rafforzare messaggi e comunicazioni”. Come a dire, ragazzi è un’iperbole, una volontaria esagerazione, quando diciamo “il lavoratore Renatino” in realtà intendiamo “tutti i lavoratori, la produzione nel suo complesso, la macchina che non si ferma mai”. Anche questa identificazione mette un po’ i brividi, ma mettiamola un attimo da parte.

meme parmigiano reggiano

Infine c’è l’obiezione  del contesto, per così dire: “Lo spot in questione è tratto dal mediometraggio Gli Amigos diretto da Paolo Genovese”. Il senso sembra essere: non estrapolate i 30 secondi più assurdi, dietro c’è tutta una narrativa, una storia. È necessario allora vedere il film intero, per non fare come quelli che fanno partire una shitstorm solo dalla foto di un titolo senza leggere l’articolo.  

Mi sono recuperato tutti i pezzi del mediometraggio (ma a che serve poi un mediometraggio di mezz’ora circa?) e vi assicuro che raramente ho visto qualcosa di più imbarazzante e stereotipato. Ve lo riassumo perché vi voglio bene. I giovani protagonisti che partono per questa avventura on the road alla scoperta delle caratteristiche del parmigiano reggiano – un viaggio iniziatico a bordo dell’immancabile furgoncino – sono guidati dal tizio con la barba, un ex chef bastonato dalla vita per troppa presunzione: la figura del vecchio saggio insomma. Tra i 5 protagonisti c’è il simpaticone piacione che fa lo scemo con tutte le ragazze; c’è il suo opposto, timido e impacciato, che si attacca alla boccetta degli ansiolitici ogni volta che qualcosa lo turba; c’è la tipa marocchina che ovviamente lavora in un chiosco di kebab (e pazienza se ha un aspetto più afro-caraibico, l’importante è la pelle scura no?); c’è quella che deve salvare la trattoria di nonna; e quella che invece non sta vivendo il proprio sogno ma quello dei genitori. 

meme parmigiano reggiano

E questi sono solo i personaggi, le macchiette, vi risparmio il cringe dei dialoghi e lo sviluppo della sedicente storia. Arriviamo all’episodio controverso: mi sono dovuto sciroppare fino alla quarta puntata per trovarlo: 

“Lui è Renato”, dice il saggio, e già sembra andare meglio, senza quel diminutivo. Poi però arriva la parte dei 365 giorni l’anno, e qui la versione estesa vede una delle ragazze aggiungere: “Cioè, tu non hai mai visto il mare”. “No”. “Parigi?”. “No”. “Sciare?”. “Neanche”. Ora, a parte questa visione medioborghese dello svago e del dì di festa (come se andare a Parigi o in settimana bianca fossero i primi desideri/possibilità di chiunque); a parte lo straziante particolare del mare (ma dalla provincia di Parma prima dei 18 anni Renatino sarà andato una volta in colonia a Riccione?); quello che emerge da questi particolari, è che Renatino non è un simbolo, un’iperbole, non è “il caseificio”, “la produzione”, ma è proprio un individuo in carne e ossa (sempre nella fiction, nella narrativa, chiaro). E allora mi va in stallo il cervello, perché non riesco a capire come sia possibile che in nessun momento di tutto il processo produttivo di un mediometraggio ci sia stato qualcuno che si sia alzato e abbia detto signori, ma che cavolata stiamo facendo? 

E allora non resta che affidarsi ai meme, e all’inarrestabile renatinowave.

https://www.facebook.com/GiovanniLindoMemetti/posts/321143706496545

Tra l’altro come ricorda Greenme qualche giorno fa un altro spot è stato ritirato per lo slogan “Nelle nostre stalle non serve il veterinario”: l’intento, chiaramente, era quello di sottolineare che il processo produttivo è naturale e condotto nel rispetto del benessere animale, credo. Peccato però che il veterinario in un allevamento serva sempre, per legge, proprio al fine di garantire gli standard igienici e sanitari. Perciò l’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi) è intervenuta, e con ragione.

https://www.facebook.com/Vaberagaxi/posts/433302035137167