Dal 2022 il riso Venere sarà venduto in esclusiva da Scotti. Una vera rivoluzione per quella che sicuramente è una delle eccellenze del territorio italiano, ma a differenza di altri nostri prodotti tradizionali è una creazione recente. Fino a questo momento il riso Venere veniva commerciato da decine di marchi (Gallo, su tutti), nella GDO e nei negozi specializzati.
A breve invece entrerà in vigore il nuovo contratto, un accordo di cui ha dato notizia il sito specializzato Riso Italiano un paio di settimane fa e che l’azienda di Dario Scotti spiega in questi termini: “Dal 1°agosto Riso Scotti assume l’esclusiva della commercializzazione del riso Venere in Italia e all’estero. I precedenti distributori potranno smaltire le scorte fino al 31.12 di quest’anno. Dal 1° gennaio 2022 il Venere in commercio sarà esclusivamente Riso Scotti”.
Fa sempre specie notare come certe bombe possano passare in sordina, considerando il successo di pubblico del Venere e la prospettiva prossima di una varietà monomarca.
Un netto cambio di strategia da parte della Sa.pi.se., la società che controlla la filiera e che detiene sia la registrazione della varietà che quella del marchio. Infatti il riso Venere ha più di una particolarità: è una varietà recente, come si è detto, ed è un marchio registrato, come il Kamut. Cambio di strategia, o meglio accentuazione dell’atteggiamento che fin dall’inizio è stato improntato al massimo rigore nel controllo: non solo per tutelarsi dalle imitazioni ma, come scrivevano Dario Bressanini e Beatrice Mautino nel libro Contro natura, per evitare che chiunque prenda i semi e li pianti facendosi la propria produzione di Venere, e così vanificando anni di ricerca e marketing.
Che cos’è il Riso Venere
Riso Venere e riso nero sembrano sinonimi, ma non lo sono. O meglio: Venere è una varietà di nero, ma non tutti i neri sono Venere. Si tratta di un incrocio, studiato negli anni ’90 da un genetista cinese chiamato in Italia apposta per incrociare il riso nero asiatico (varietà Japonica) e una varietà della pianura padana: il primo diede il colore, il sapore e le proprietà nutritive (antiossidanti ecc.), il secondo la coltivabilità e l’adattamento alle condizioni italiane.
Per mantenere un controllo stretto, solo una decina di produttori sono autorizzati a coltivare il riso Venere, e sono quelli che hanno costituito la società Sa.pi.se., che ha registrato non solo la varietà ma anche il marchio, assumendone di fatto il controllo. Ristrettissime anche le zone di produzione: quelle classiche nel vercellese e novarese, e la Valle del Tirso in Sardegna.
Addirittura il raccolto di Venere è lavorato in una sola risiera, che poi lo distribuisce alle varie aziende che sono autorizzate alla vendita. O meglio: che erano. Perché a breve non troveremo riso Venere sugli scaffali, che non sia marchiato Scotti.
Cosa cambia, dottor Scotti?
Per il consumatore potrebbe anche essere una buona notizia, dal punto di vista della chiarezza: alla fine se il riso Venere è quello, perché tanti marchi (e tanti prezzi) differenti? Da un altro punto di vista, un monopolio non è mai una cosa per cui rallegrarsi.
Non conosciamo ovviamente nel dettaglio i termini dell’accordo, ma si può ipotizzare che Sa.pi.se. avrà avuto la classica offerta che non si può rifiutare, mentre Scotti – che finora era rimasta fuori dal business del Venere, e infatti vendeva “Riso Nero” – ha intenzione di utilizzare le proprie dimensioni a fini espansivi: “Il proposito è quello di consolidare ulteriormente il consumo nazionale, per cercare di espanderlo all’estero. Venere è un Riso straordinario; è un riso molto versatile, che può sposare i gusti di palati molto diversi tra loro e molte differenti esigenze di consumo: per questo crediamo nella sua fortuna internazionale“.