Parola d’ordine: minipastifici. Le scatole retrò, colorate, preziose, contengono pasta artigianale italiana di rappresentanza, da Represent, il verbo americano con cui si indicano i consumi di successo, specie quelli alimentari.
I minipastai nazionali con fatturati di pochi milioni di euro che puntano ossessivamente su procedure artigianali e selezione della materia prima vengono giustamente celebrati da Repubblica: sono la new wave della pasta italiana, gli imprenditori capaci di creare griffe tricolori che riescono a vendere perfino alle Figi, alla faccia della stagnazione economica.
I motivi? Un prodotto indiscutibilmente buono, in grado di garantire sapore, colore, tenuta della cottura e fabbricazione artigianale (a fare la differenza sono la qualità dei grani e i tempi di essiccamento che devono essere lenti e a bassa temperatura). Commercializzato a prezzi elevati se paragonati ai corrispondenti formati industriali ma non in assoluto, parliamo di 4 euro contro 50/60 centesimi.
In Italia la produzione totale di pasta, divisa tra cruda, all’uovo e farcita, è pari a 3,46 milioni di tonnellate, in crescita costante da 10 anni: nel 2015 era 3,19 milioni di tonnellate. La produzione artigianale, si parla al massimo dell’1%, viene venduta soprattutto all’estero, specie in USA, Canada, Russia e Cina.
Ma quali sono i minipastifici artefici del momento magico che la pasta artigianale italiana sta vivendo all’estero? Vediamoli nel dettaglio.
#1 Antico Pastificio Benedetto Cavalieri dal 1918
Il forte sapore di grano, la deliziosa masticabilità, le miscele di grani selezionati per ogni formato, l’essiccazione lentissima e a bassa temperatura hanno reso il pastificio di Maglie, in Puglia, una vera griffe di rappresentanza.
E come non parlare del prodotto di culto (quello che ha generato più adepti di qualunque altro tra i redattori di Dissapore), cioè i mitici spaghettoni, difficili da cucinare ma assolutamente splendidi, tanto da convincere grandi ristoratori come Cracco e Aimo e Nadia.
Quasi 5 milioni di ricavi, una crescita del 10% nel 2015 e un export del 63%, oggi l’azienda fondata nel 1919 e guidata da Benedetto Cavalieri insieme al figlio Andrea, punta più al consolidamento in Italia che al mercato estero, anche grazie alle inesauste ricerche sulle coltivazioni biodinamiche e sostenibili.
2# Pastificio Gentile
Siamo nella Pasta Valley, un distretto che parte da Torre Annunziata (Napoli), antica terra di pastai, e si arrampica su fino alla cittadina di Gragnano, già nel ‘500 conosciuta come la patria della pasta con l’assetto urbanistico modificato a metà ‘700 dai Borboni per favorire l’essiccazione dei “maccheroni”.
E’ è qui che, tra tanti altri, dimora il Pastificio Gentile, forse l’unico a seguire il disciplinare IGP che prevede l’intera produzione della pasta fatta a mano. Nessuna fase viene automatizzata.
A capo del pastificio c’è Alberto Zampino, che commercializza il 70% della sua produzione all’estero (arriva perfino a Dubai) con un fatturato tra 2 e i 3 milioni di euro all’anno.
3# Pastificio Gerardo di Nola
E’ Giovanni Assante l’anima del Pastificio Gerardo di Nola, nato sempre a Gragnano sul finire dell’Ottocento. Anche nel suo caso una corposa fetta della produzione (il 60%) se ne va all’estero: Europa, Stati Uniti, Brasile e Perù.
Piccoli ma belli, dice Assante: un milione di euro di fatturato fatto soprattutto di vendite ai ristoranti, tra i migliori del mondo a Londra e New York, precisa Assante orgoglioso.
4# Pastificio artigianale Nicola Russo di Cicciano
Dopo i problemi dovuti a una complicata gestione familiare, il pastificio Russo vive una nuova stagione di successi grazie alla cessione della società (Pasta Russo di Cicciano) e alla creazione ex novo di un’altra, a nome Nicola Russo, erede di pastai già attivi alla fine dell’800.
I segreti di Russo sono quelli dei migliori pastai artigianali: lavorazione lenta, graduale, seguendo i ritmi della natura con essiccazioni a non più di 40-45 gradi.
5# Monograno Felicetti
Ma non è solo la Campania, o il Sud in generale, a giocare il ruolo del leone in materia di pasta. E’ trentino, in particolare di Predazzo, in Val di Fiemme, il pastificio Felicetti, fondato nel 1908.
Oggi Riccardo Felicetti è a capo di un gruppo da 35 milioni di fatturato realizzato per il 60% con coltivazioni biologiche, che si spende nella ricerca di metodi non invasivi per il territorio come l’acqua prelevata a 2000 metri di altezza.
[Crediti | Link: Repubblica, immagini: Rossella Neiadin]