C’era una volta il panettone. Morbido e dal gradevole profumo di burro, annunciava il Natale con la sua rassicurante immutabilità: si apriva la classica confezione quadrata e –toh!– spuntava fuori proprio il tondeggiante panettone, con tanto di uvetta e canditi!
Al massimo erano previste due declinazioni: quello alto e magro, senza glassa in superficie, denominato “milanese”, e quell’altro più basso e largo, ricoperto da una glassa a base di zucchero, mandorle e albumi. Entrambi vantavano una bella schiera di fan, che si dividevano tra chi amava la glassa croccante glassa e chi invece, coma la sottoscritta, la detestava cordialmente (e la detesta tuttora).
Ultima cosa, ma non meno importante, i panettoni “artigianali” da 60/80.000 lire al chilo –questo il corrispondente in lire di un attuale panettone di pasticceria– erano ancora lontani dall’invadere il mercato: i panettoni erano per la maggior parte industriali, fabbricati dai soliti marchi. Meno di una decina, in ogni caso.
Poi i tempi sono cambiati. E’ stata una deriva lenta e sottile, ma inesorabile.
Dagli scaffali dei supermercati e negli spot in TV, hanno fatto capolino i primi panettoni senza canditi, che si ponevano come l’alternativa seria, per intenditori, priva dei pezzetti plasticosi e multicolor nell’impasto.
Ma se i fautori del panettone senza canditi erano stati accontentati, perché allora discriminare il partito di coloro che detestavano trovarsi badilate di uvetta sotto i denti?
E così, dopo i canditi, si pensò per par condicio di togliere pure l’uvetta.
Peccato che senza canditi e senza uvetta,
Peccato che senza canditi e senza uvetta il dolce natalizio fosse triste, nudo e crudo, un po’ monotono. Così si pensò di aggiungere un tocco di crema, magari al cioccolato, per dare più di nerbo al dolce in crisi di personalità.
E da lì, è iniziata la rovina.
Nel giro di poco eserciti di simil-panettoni hanno iniziato a inondare il mercato:
— con crema pasticciera
— con crema al cioccolato
— con crema al pistacchio
— alle nocciole
— allo zabaione
— senza canditi
— con mandorle
— con canditi del Madagascar
— senza burro
— con olio di oliva.
Per arrivare agli attuali panettoni prodotti senza zucchero, senza glutine, vegani, con cipolla candita, formaggio o tartufo (no, non è una invenzione: la sottoscritta li ha assaggiati, e avrebbe tanto voluto non averlo mai fatto).
Durante il periodo natalizio centinaia di “panettoni” di tutti i tipi e le forme occhieggiano dagli scaffali dei supermercati.
“Dolci di Natale”, attenzione, e non “panettoni”, perché per usufruire della denominazione bisogna attenersi a quanto descritto dallo specifico disciplinare, sancito da un decreto ministeriale del 22 luglio 2005, che detta ingredienti e modalità perché un dolce possa fregiarsi del nome “panettone”.
Secondo il disciplinare, un panettone come Dio comanda deve essere composto da farina di frumento, zucchero, uova di categoria A –con non meno del 4% di tuorlo–, burro –non meno del 16% –, uvette, agrumi canditi –non meno del 20%– lievito naturale e sale.
Si possono aggiungere latte, miele, malto aromi, ma solo naturali, emulsionanti e un paio di conservanti ammessi, l’acido ascorbico e il sorbato di potassio, non utilizzati però dalle maggiori aziende produttrici.
Anche l’eterno rivale del panettone, il pandoro, viene regolamentato nello stesso disciplinare, ma va detto che il dolce di Verona non ha avuto le migliaia di rivisitazioni del panettone.
Ad ogni modo, oggi i panettoni alternativi sono una realtà, la richiesta è in rapida crescita tanto che le aziende produttrici si sono attrezzate proponendo prodotti per le varie esigenze.
Volendo fare un po’ d’ordine, possiamo tentare di ricondurre i panettoni a sette categorie principali:
1) Panettoni con creme e cioccolato
2) Panettoni senza uvetta e/o canditi
3) Panettoni senza zucchero o con aggiunta di altri dolcificanti
4) Panettoni biologici
5) Panettoni vegani
6) Panettoni “apparenti”, quelli cioè che non si possono fregiare del nome “panettone” perché non in linea con gli ingredienti o l’esecuzione contemplata nel disciplinare.
7) Panettoni senza glutine
Panettoni con creme e cioccolato
Con aggiunta di gocce di cioccolato al posto di uvetta e canditi, oppure farciti con le creme più disparate, dalle classiche creme al cioccolato o alla vaniglia, passando per quella alla nocciola, allo zabaione, al pistacchio, al gianduia o ancora ricoperti da glasse in genere al cioccolato, questi prodotti possono tranquillamente chiamarsi “panettoni”.
E’ infatti il disciplinare che consente al produttore di aggiungere ” farciture, bagne, coperture, glassature, decorazioni e frutta, nonché altri ingredienti caratterizzanti, a eccezione di grassi diversi dal burro”, riportando però sulla confezione “gli ingredienti utilizzati in aggiunta o in sostituzione” di quelli originari, ad esempio “panettone ricoperto con glassa al cioccolato” oppure “panettone con crema al pistacchio” e così via.
Inoltre, questi prodotti possono anche “essere presentati con caratteristiche di forma diverse da quelle classiche. Come a dire che potrà ancora chiamarsi panettone pur essendo ricoperto di cioccolato e avendo la forma di albero di Natale. Basta che in etichetta ci sia una foto del dolce che andremo a scoprire una volta tolto l’incarto.
Panettoni senza uvetta e canditi
In fondo, i più simili ai panettoni classici cui eravamo abituati. In questo caso infatti il dolce natalizio non è farcito da creme di tutti i gusti possibili né ricoperto da glasse extra, ma anzi, mancano un paio di ingredienti tipici.
L’umidità contenuta in uvetta e canditi, infatti, varia la consistenza dell’impasto nonché il suo assorbimento di farina, quindi un panettone senza questi due ingredienti non sarà semplicemente un panettone “senza”, ma avrà per forza di cose gusto e consistenza un po’ diversi.
Ciononostante, il disciplinare prevede una specifica deroga per ” l’assenza di uvetta o scorze di agrumi canditi”. Quindi sì, quel dolce anonimo e al vago sapore di Buondì può ancora chiamarsi “panettone”. Senza canditi.
Panettoni senza zucchero o con altri dolcificanti
No, questi non si possono chiamare “panettoni”. E non si può perché manca lo zucchero, tra gli ingredienti fondamentali previsti dal disciplinare.
Oltretutto, non sono certo meno calorici, considerato che in genere il loro apporto calorico è simile a quello dei prodotti tradizionali. Infatti, a fronte di un apporto pari a circa 360 calorie per etto di un panettone tradizionale, si rileva un apporto di circa 365 calorie per etto nel corrispondente prodotto con altri tipi di dolcificanti.
Si tratta quindi di prodotti particolari, destinati a coloro che non possono assumere saccarosio perché soffrono di intolleranze o patologie, quali il diabete, ma non certo utili per ingozzarsi a mano larga di simil-panettone al grido di “tanto è senza zucchero!”.
Panettoni “biologici”
Non potevano mancare, in questa carrellata, i panettoni “bio”, preparati cioè a partire da materie prime biologiche, ma che rispettano il disciplinare del panettone sia come ingredienti che come preparazione.
Questi panettoni si possono trovare in negozi specializzati quali NaturaSì, ma anche in alcune catene della grande distribuzione.
I panettoni “bio” non presentano alcuna differenza di gusto rispetto al prodotto tradizionale, ma il “bio” è un marchio che, giustamente, si paga: la differenza sta tutta nel prezzo, che può arrivare anche al doppio di un prodotto non “bio”.
Panettoni “apparenti”
Attenzione: la vostra manina è attirata dal panettone sulla cui confezione campeggia un bell’albero di Natale, con tanto di stelle, luci e candeline colorate ma non riuscite a scorgere, in mezzo alla bella scenetta natalizia, la magica scritta “panettone”?
Bene, allora sappiate che non la troverete mai, perché il prodotto non può chiamarsi “panettone”. Per quanto cerchi di intortarvi, o meglio di impanettonarvi, il dolce non rispetta il disciplinare, e quindi è un semplice “dolce di Natale”.
Magari c’è pregiato olio extravergine di oliva, al suo interno, ma manca il burro. Oppure manca lo zucchero, o magari ancora il processo di lavorazione non è quello previsto dal disciplinare.
Questo non vuol dire che non possano essere ottimi prodotti, semplicemente però non sono panettoni. Ricordatevene, quando cercherete un vero panettone e non un semplice “dolce di Natale”.
Panettoni vegani
E no, questi, con tutta la buona volontà, proprio non possiamo chiamarli panettoni. Come pretendere di chiamare panettone un prodotto dove non ci sono burro né tantomeno uova ma oli vegetali ed emulsionanti, per quanto naturali come la lecitina di soia ?
Non si può, per necessità o per scelta, rinunciare a ingredienti fondamentali del classico dolce natalizio e avere l’ardire di chiamarlo “panettone”. Facciamocene una ragione.
Panettoni senza glutine
Per quanto assurdo possa sembrare, nonostante manchi l’ingrediente principale, vale a dire la farina di frumento, questi dolci possono fregiarsi del nome “panettone”. Secondo l’Associazione italiana del dolce e della pasta (Aidepi), infatti, la scelta è stata determinata dalla volontà di non discriminare coloro che soffrono di celiachia.
Peccato che, in buona sostanza, si tratti di un prodotto diverso da quello tradizionale, per gusto e consistenza, nonostante la scritta “panettone” campeggi a caratteri cubitali sulla confezione del dolce. Inoltre, per avvicinarsi alla consistenza dell’impasto data dal glutine, questi prodotti devono essere addizionati con addensanti ed emulsionanti, di sicuro non catalogabili tra i componenti “salutari”.
Ciononostante, tutto il settore del “gluten free” è in netta ascesa: panettoni e pandori senza glutine hanno fatto registrare, lo scorso Natale, un incremento di ben il 70%.
Quindi, delle due l’una: o stiamo tutti diventando celiaci, oppure sempre più persone percepiscono erroneamente il glutine come un ingrediente infingardo da cui è meglio stare alla larga: niente di più falso.
E in più, ci si leva senza alcun motivo la gioia di poter gustare un “vero” panettone sostituendolo con un prodotto alternativo, pagandolo, inoltre, più caro del dolce originale.
Il test: panettone senza glutine
Il primo punto del decalogo inciso sulle tavole della legge di Dissapore recita: prima provare poi parlare. Non potevamo di conseguenza esimerci dal test, in questo caso svolto da Chiara Cavalleris, inviata di Dissapore, su un panettone senza glutine.
Abbiamo così acquistato il panettone senza glutine Giampaoli al Prestofresco, una catena di supermercati piemontese, pagandolo 6,50 euro.
Ecco le impressioni dopo l’assaggio
CROSTA: abbastanza appiccicosa, mentre il corpo del panettone all’esterno risulta leggermente gommoso.
TAGLIO: la sensazione al taglio è molto diversa dal panettone tradizionale. La consistenza è indurita, aspetto non per forza negativo anche se ricorda un po’ la base spugnosa usata nel bricolage per le composizioni floreali.
SAPORE: niente male per essere un panettone senza glutine, l’uvetta è tanta, probabilmente per compensare l’inevitabile secchezza di un prodotto privato del glutine, ben distribuita nella pasta, e di buon livello.
OLFATTO: sentori (non gradevoli) di acido citrico, ma per fortuna si percepisce anche l’uovo.
Prezzi: quanto costano i panettoni alternativi
I panettoni costano poco. Parliamo di quelli non artigianali, quelli della grande distribuzione, che nonostante siano erroneamente percepiti come prodotti dozzinali, sono invece dolci di tutto rispetto fatti con materie prime di qualità, dovendosi attendere a quanto stabilito dal relativo disciplinare.
Durante il periodo natalizio, infatti, nei supermercati i panettoni assolvono il duro compito di prodotti “civetta”, venduti cioè sottocosto per attirare clienti e indirizzarli verso ulteriori acquisti.
Così, un panettone che alla grande distribuzione costa non meno di 4 euro, viene venduto sottocosto al prezzo di due o tre euro, invece che agli 8 circa necessari per coprire tutti i costi e avere un minimo di ricarico. Stesso discorso per i panettoni arricchiti con creme e farciture, che si trovano in genere a sei-sette euro.
Un vero affare, una sorta di regalo di Natale del punto vendita che ha però l’effetto secondario di far avvertire il prodotto come non valido o di scarsa qualità.
Prendendo come riferimento i punti vendita Esselunga, in questo periodo pre-natalizio il panettone Bauli senza canditi e uvetta è venduto a 4,90 euro al chilo, il Maina gran nocciolato a 5,98 euro il chilo, il Motta al gianduia e gocce di cioccolato a 5,32 euro il chilo.
Più caro invece Le Tre Marie, a 10,90 euro il chilo, così come anche quello senza canditi. Il Tre Marie con cioccolato extra fondente è venduto al prezzo di 14,34 il chilo, e il Coeur de Milan a 9,74 il chilo.
Prezzi più elevati Cova e Loison, marchi considerati di segmento superiore o quasi di pasticceria: il panettone Cova classico viene venduto a 8,90 euro il chilo, mentre il Cova con pistacchio verde di Bronte a 10,90. Il panettone Loison classico è invece venduto a 15,87 euro al chilo, mentre quello senza canditi a 19,72 al chilo.
Nei punti vendita Carrefour, in particolare in Corso Monte Cucco di Torino, il panettone classico Melegatti è venduto a soli 2,65 euro al chilo, il panettone Cioco Soffice Bauli a 6,66 al chilo, il panettone Maxi Cioc Balocco a 5,62 il chilo e il panettone di Milano Terre d’Italia a 8,72 al chilo.
Tutti prezzi più che convenienti, che salgono inevitabilmente quando si parla di panettoni vegani o biologici.
Per quanto riguarda i panettoni vegani, non sempre presenti nella grande distribuzione, il prezzo medio rilevato è stato di circa 20 euro al chilo, il doppio di un panettone farcito ordinario, quasi il quadruplo di un panettone classico.
In particolare, i prezzi online di NaturaSì presi in considerazione sono stati quelli del Dolce di Natale senza glutine della Pasticceria Fraccaro a “soli” 35,98 euro al chilo e del Dolce di Natale di Kamut Aries Pasteria a 17,33 euro il chilo.
Mentre sul sito Ivegan il panettone vegano con latte di mandorla e cocco, senza uova e senza burro, è venduto al prezzo di 15,40 per 750 grammi, e il Dolce di Natale con gocce di cioccolato è venduto un prezzo di 16,40 euro, sempre per 750 grammi.
Leggermente meno cari i panettoni bio, con prezzi che variano dai 13,12 per 750 grammi di Sorgente Natura, al dolce di Natale di Benessere Mio da 750 grammi con crema al cioccolato per 13,49 euro.
[Crediti | Link: Il fatto alimentare, Dissapore]