Siamo a dicembre e bisogna fare i bilanci, anche se per molti quest’anno fare il bilancio della propria attività è divertente come farsi infilare degli spilloni sotto le unghie. Pare però che ci sia un comparto della ristorazione che l’ha svangata: siòre e siòri si tratta dei panettieri e, che ve lo diciamo a fare, di chi ha ben pensato di organizzarsi per vendere online il proprio panettone.
La fonte è autorevole, l’osservatorio di Natale SIGEP si butta sulle analisi degli store online che dalla scorsa Pasqua sono sorti come funghi in molte panetterie e pasticcerie peninsulari, e dice che ha funzionato. I dati, ovviamente, non sono ancora ufficiali, perché per tirare le somme delle vendite natalizie, da sempre il picco del settore, è un po’ presto. Tra i protagonisti di SIGEP, il presidente del Richemont Club [n.d.r. è un po’ il Lion’s club di panificatori e pasticceri] Roberto Perotti dice che quasi sicuramente per chi ha aperto un negozio online il fatturato del 2020 è identico al fatturato 2019, e che negli ultimi 20/25 gg c’è stata una crescita enorme. Si spinge addirittura a dire che quest’anno, a naso, si sono venduti più panettoni e pandori artigianali che negli scorsi anni.
Roberto Rinaldini, Accademia dei Maestri Pasticcieri Italiani, parla di “un Natale complicato, ma lo stiamo affrontando con una visione da imprenditori. Da luglio abbiamo un nuovo laboratorio, che gestisce tutti gli ordini online e una nuova rete Horeca.”
Ad aggiungere un dato interessante è il segretario di Richemont club e Presidente dell’Associazione Panificatori di Confcommercio Matteo Cunsolo, della panetteria di Parabiago (MI), che dice che gli affari sono andati anche meglio del 2019 perché per chi fa panetteria, il lockdown, lo smart working e la didattica a distanza hanno portato le famiglie intorno al tavolo più volte al giorno, il che ha significato più pane venduto.
Cos’è quell’impressione che le consegne non abbiano funzionato bene?
Certo esistono gli e-commerce online di panettoni, piattaforme aggregative che coprono le grandi città o radunano grandi e piccole griffe su tutta Italia, ma talvolta chiedono in cambio agli artigiani provvigioni alte, che assottigliano il guadagno. Così, anche i più riluttanti tra i pasticceri e i panettieri si sono aperti il loro negozio, anche per arrivare alla clientela di quartiere che quando non può uscire di casa non sa come fare.
La vendita online ha cambiato la vita a tantissimi panificatori, e non sempre in meglio. Innanzi tutto il panettiere è uno che lavora di notte, di conseguenza di giorno non ha voglia di combattere con la logistica del magazzino e delle spedizioni.
É un problema di magazzino, che non sempre si ha a disposizione se si è un piccolo artigiano, e poi è un problema di packaging: panettoni e pandori sono morbidi e delicati, e rischiano il peggio se vengono sballottati. A tutto questo si aggiunge la shelf life di un prodotto artigianale a base di burro e uova, che a 60 giorni è immangiabile, ma che già dopo 45 è diverso. Bisogna studiare quindi, e bisogna far presto.
E in più la logistica delle spedizioni in Italia non sembra ancora adatta a poter affrontare i volumi che questo 2020 ha portato con sé. Ad esempio nella provincia Bresciana DHL sembra essere andata in tilt per le spedizioni a Natale, tanto che per tre giorni ha bloccato i ritiri nelle aziende, e per i giorni successivi il camion era sempre troppo pieno per poter caricare tutto, così alcuni si sono attrezzati con mezzi propri a portare le merci nel magazzino centrale dove potevano essere spedite.
Per non parlare delle tempistiche, i prodotti, per arrivare entro natale, non possono essere spediti oltre al 17 dicembre, il che impone a molti di chiudere i negozi online a dieci giorni da Natale.
Le vendite all’estero
Per molti artigiani panificatori quest’anno è stato anche l’anno della vendita all’estero. per alcuni una consuetudine già di qualche anno che si è andata rafforzando, per altri una novità e un deciso ampliamento del mercato.
Una delle storie sociologicamente più interessanti che mi è capitato di ascoltare è quella di Matteo Cunsolo, Presidente dell’Associazione Panificatori di Confcommercio di Milano e Province, segretario Richemont Club Italia. All’estero lui non aveva mai venduto, ma quest’anno un imprenditore italiano, Michelangelo Guglielmetti, che vive in Asia e ha tra i suoi molti progetti anche La Vin Group, azienda che si occupa di distribuzione di prodotti alimentati ad Hong Kong, ha messo su uno store online di prodotti artigianali italiani.
Tra tra le proteste di piazza e il lockdown, pare che molti a Hong Kong si siano messi a cucinare in casa e abbiano riscoperto il valore del buon cibo artigianale. Così oggi il panettone di Matteo Cunsolo, milanese tipico, sul sito si vende a 498 dollari di Hong Kong, circa 52 euro.
Il link tra l’imprenditore e il panettiere pare sia stato creato dalla sorella di Guglielminetti, ma probabilmente non sarebbe bastato se sul web non ci fosse una ricca rassegna stampa dell’attività di Cunsolo.
Beniamino Bazzoli è diventato famoso a Londra perché nel 2014 il suo panettone è stato comprato da Lady Gaga. Anche lui è stato contattato quasi per caso da un imprenditore italiano a Londra, che commercia in cibo biologico e artigianale. Per il primo anno ha spedito circa 1500 panettoni, ma dopo la paparazzata ne partono 10.000 all’anno. Il panettone di Bazzoli, che per il mercato londinese è da mezzo kg, si vende a 14,9 sterline, e gli inglesi lo comprano per un periodo molto lungo che va da settembre alla fine dell’anno ingrandendo quel mercato stagionale che è da sempre croce e delizia del lievitista. Il link tra Bazzoli e l’imprenditore estero lo ha creato il fatto che Bazzoli ha vinto o si è sempre piazzato molto bene nella coppa del mondo del panettone organizzata dalla FIPGC, la federazione internazionale di pasticceria, gelateria e cioccolateria.
Sul mercato estero si piazza benissimo anche la pasticceria Olivieri, che voi lettori di Dissapore conoscerete bene per la classifica dei migliori panettoni artigianali d’Italia, che da quest’anno triplica il magazzino e realizza un panettone speciale, in un packaging speciale che arriva in 48 ore negli Stati uniti e che costa, spedizione compresa, 70 dollari. In questo caso il contatto è stato creato dallo stesso Nicola Olivieri, che prima di impegnarsi nell’azienda di famiglia ha trascorso un anno sabbatico in Australia.
Cosa ci raccontano queste storie?
Che il panettiere all’estero vende bene, e ha un margine interessante (non enorme viste le spese di spedizione e le spese di packaging). Ma il panettiere vende all’estero laddove è riuscito a stabilire un contatto con un imprenditore di lì, il che funziona a passa parola, a incontro fortuito, per affiliazioni. Probabilmente quello che manca ai panificatori italiani in questo mento è una solida rete che permetta a tutti di accedere al mercato e non solo di posizionarsi in alcune delle sue aree in maniera del tutto fortuita.
Inoltre queste storie raccontano che il made in Italy, soprattutto per quanto riguarda il cibo, non solo resiste, ma forse viene favorito da queste contingenze storiche. A fronte di un anno drammatico per la piccola e media impresa, bisognerebbe imparare ad approfittarne.
[Immagini: Chiara Cavalleris per Dissapore (tranne quella di Lady Gaga..)]