Non so esattamente quando, ma a un certo punto qualcosa è successo. Non saprei nemmeno spiegare per quali ragioni, ma l’idea che più spendi più i panettoni sono buoni si è impadronita di noi.
Invece non è un dogma: spesso –semplicemente– non è come siamo convinti che sia. Spesso –semplicemente– costano di più.
E noialtri per cosa siamo qui, se non per spiegare che differenza c’è tra panettone artigianale e industriale, cioè tra prodotti con lo stesso nome ma prezzi che spesso superano il rapporto 1 a 30?
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Leggendo fino in fondo scoprirete che:
1) Panettoni industriali: i prezzi bassi dipendono dalla grande distribuzione, dal costo inferiore del tempo lavoro di una macchina rispetto a quello di un uomo, dalla necessità di standardizzare i processi, dalle economie di scala, dalla durata più lunga.
Nonostante questo, sono tutt’altro che panettoni di serie B. La sola gestione di prodotti a base di lievito naturale su vasta scala è un vanto dell’industria italiana.
2) Panettoni artigianali: i prezzi alti dipendono dalla scelta degli ingredienti, da uno spreco inevitabilmente superiore rispetto all’industria, dal costo elevato del tempo lavoro umano, dall’abilità tecnica e creativa del produttore, dall’esclusività della ricetta quando c’è, e da un fattore che fa molta differenza da solo, ovvero l’estrema freschezza del prodotto.
Panettone artigianale e panettone industriale: in cosa sono simili
È una legge dello Stato a stabilire cos’è un panettone, senza fare distinzioni tra artigianale o industriale. I vincoli per i produttori non sono pochi. I panettoni devono essere fatti di:
– farina;
– zucchero;
– uova fresche (tuorli: non meno del 4% del totale);
– burro (non meno del 16% del totale);
– uvetta e scorze di agrumi candite (non meno del 20% del totale);
– lievito naturale ottenuto da pasta acida, sale.
Possono esserci altri ingredienti, tra cui i poco amati conservanti, a discrezione dei singoli produttori.
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Male che vada, comunque, le industrie che producono il panettone devono usare lievito naturale, uova fresche destinate al consumo diretto, burro e non grassi vegetali. Insomma, gli industriali condividono la stessa base di ingredienti con gli artigianali, benché questi utilizzino di norma ingredienti più costosi, dal burro francese alle farine progettate appositamente, dalle bacche di vaniglia del Madagascar ai canditi prodotti in proprio.
Anche quasi tutta la lavorazione, che dura minimo 30 ore, accomuna i due mondi. Si parte dal lievito naturale, che viene impastato la sera con parte degli ingredienti. La prima lievitazione dura in genere una notte; la mattina dopo si reimpasta con gli altri ingredienti.
Trascorso un nuovo periodo di riposo, inizia la spezzatura dell’impasto per comporre i singoli panettoni, ogni parte di impasto viene poi inserita negli stampi in carta che danno la forma. Segue la seconda lievitazione poi s’inforna.
A cottura avvenuta, i panettoni vengono girati al contrario, per non compromettere la forma bombata, e si lasciano raffreddare per 10-12 ore.
Al netto di questo passaggio, che in alcune industrie viene abbreviato grazie all’impiego del sottovuoto, la lavorazione è la stessa. I migliori artigiani possono fare la differenza anche in questo caso aggiungendo procedure ulteriori come una terza lievitazione, che rende l’impasto ancora più leggiadro.
Panettone artigianale e panettone industriale: in cosa sono diversi
Leggendo non vi sarà sfuggito che tra tempo-macchina (la misura del tempo nell’industria), e tempo-uomo, (la misura del tempo nell’artigianato), c’è una sostanziale differenza di costo.
Per tacere delle difficoltà legate alla produzione del panettone, giustamente ribattezzato “l’Everest dei lievitati”, una specie di benchmark per misurare le capacità dei produttori. Le industrie dispongono di reparti specializzati che, studiando temperature, umidità, ph dei ceppi di lievito e reazioni degli ingredienti, riescono a standardizzare i processi di lavorazione.
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Il risultato è la riduzione del tempo-uomo, degli imprevisti e dello spreco di ingredienti.
Discorso diverso per gli artigiani che puntano su abilità, esperienza e un’attrezzatura in genere essenziale, nonostante una lavorazione complicata e i possibile errori: dal riscaldamento eccessivo dell’impasto all’incorporazione sbagliata del burro, dall’inserimento affrettato delle uova a una bizza improvvisa del lievito madre, non per niente ribattezzato “cavallo pazzo”.
Perché i panettoni industriali costano poco?
Il costo contenuto dei panettoni industriali dipende anche dal principale canale di vendita. Ad avere l’ultima parola sui prezzi è infatti la grande distribuzione. I supermercati impiegano panettoni, colombe e gli altri lievitati da ricorrenza come prodotto civetta, vale a dire sottocosto, con l’obiettivo di attrarre clienti nei punti vendita.
Con il risultato di vendere sempre più panettoni ma anche di svilirne l’immagine ben oltre la reale qualità dei prodotti. È possibile, per fare un esempio, che il prezzo del panettone in alcune zone d’Italia sia inferiore a quello del pane?
La forte posizione contrattuale delle catene di supermercati che costringe l’industria a standardizzare per ridurre i costi, favorisce gli artigiani, i quali –data per scontata la preparazione tecnino-scientifica necessaria per prevedere i risultati– possono concentrarsi su metodi, variazioni sul tema o vere invenzioni, producendo piccoli capolavori di lievitazione.
Questo spiega perché, nel caso dei nomi più altisonanti –cercateli nella nostra classifica dei migliori panettoni artigianali– arrivino a farsi pagare 40 euro al chilo senza peraltro riuscire a soddisfare tutti i potenziali clienti.
Cosa fanno i mono-digliceridi nel panettone?
Mentre l’élite dei pasticcieri si concentra sulla produzione di panettoni con data di scadenza massimo a due mesi, l’industria è costretta dalla maggiore quantità di pezzi prodotti e dal lungo periodo che questi passano negli scaffali dei supermercati a una shelf-life lunga almeno 6 mesi.
A consentire la conservazione di prodotti che devono durare così a lungo, al netto del lievito naturale, un conservante di per sé, provvedono i mono-digliceridi.
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Si tratta di conservanti che esistono anche in natura e consentiti dalla legge, cercateli per esempio tra gli ingredienti delle merendine. Senza arrivare a demonizzarli, va detto con chiarezza che tra un panettone con i mono-digliceridi e un altro che deve la sua freschezza al solo fatto di essere stato preparato pochi giorni prima, le differenze al palato si sentono eccome.
In definitiva per il prossimo Natale regolatevi così: un buon panettone industriale è meglio di un panettone artigianale del quale non siete convinti. Ma se non l’avete ancora fatto, concedetevi il prodotto di uno degli artigiani che dettano le regole del panettone moderno. Lo troverete di un’altra categoria.
Dove trovate i nomi di questi pasticcieri? Nelle nostre classifiche, ovviamente.