In calce ai 150 assaggi tra panettoni e pandori durante il panel per redigere la nostra annuale classifica è apparso un fuori concorso, opera della gelateria Ciacco di Parma – sempre ben piazzato tra i nostri selezionati – che ci ha letteralmente spiazzati: il panettone amaro. Certo, per noi che dopo due giorni di zucchero, vaniglia, pasta d’arancia, uvette e canditi ci siamo fiondati al bar del Mercato Centrale di Torino per riassestare il palato con copiosi americani, trovarsi davanti a un lievitato che sviscerava il tema “bitter” era un gol a porta vuota. Ma consci di questo bias ne siamo comunque rimasti conquistati e, ora che l’autore Stefano Guizzetti punta di rimetterlo sul mercato, riteniamo che sia meritevole di una Prova d’assaggio con relative riflessioni a bocce (e papille ferme).
L’idea del panettone amaro
In questo articolo citeremo diversi nomi di cocktail e spirit, ma si tratta solo di assonanze gustative create dagli ingredienti, perché Guizzetti non cerca arruffianamenti e mette il tema bene in chiaro dalla partenza: non è un “panettone al -inserire drink a base bitter qui- “, non si tratta di un lievitato con bagna all’americano, daiquiri o quant’altro, ormai nemmeno più originalissimi e, nei miei assaggi, raramente riusciti. Il tema è l’amaro, il più respingente dei sapori primari, il cui apprezzamento significa la maturità palatale dell’individuo, e lo espone con chiarezza e profondità inesorabili, sovrapponendo toni su toni di amari radicali e agrumati.
È subito evidente quindi che questo prodotto nasca da un’idea forte e senza compromessi, ma è l’esecuzione a rendere il tutto fruibile e ad averci impressionato maggiormente. La prima cosa a saltare ai sensi è il lavoro chirurgico sulle infusioni. Non essendoci bagne, l’estrazione aromatica delle componenti amaricanti quali radice di rabarbaro, genziana e corteccia di china non poteva avvenire in alcool: potrà essersi aiutato con un po’ di zucchero, ma ci vuole comunque grande attenzione a tempi e alle temperature per non ottenere solo un generico brodo amaro, e mantenere l’eleganza e la complessità delle sfumature di terragne e legnose degli ingredienti. Le opportunità per la sperimentazione non sono d’altronde mancate, vista la presenza tra le carapine di Ciacco del sorbetto omologo, da cui questo “panettone da degustazione” prende le mosse, pur totalmente diverso come struttura.
Il panettone amaro di Ciacco è sostanzialmente un negroni
Rabarbaro, genziana, china: per quanto si parli di un prodotto circondato da un’aura di segretezza che ha contribuito a crearne la leggenda, gli appassionati concordano sul fatto che si tratti di alcuni degli ingredienti fondamentali del Bitter Campari, atmosfera palatale che viene armonizzata con maestria sorprendente. Si parte con l’obbligatoria -tanto per un panettone quanto per un Americano- scorza d’arancia, su cui Ciacco non lesina né risparmia: l’avevamo notato anche nel panettone classico, e l’etichetta ce lo dimostra con la firma di Corrado Assenza; anche qui si lavora sulla verticalità, restando coerenti al tema delle sovrapposizioni usando al posto della pasta d’arancio nell’impasto quella di pompelmo, aggiungendo un livello di profondità ulteriore sia alla parte agrumata che al più ampio corredo amaro.
Partendo dal presupposto che tutta questa abbondanza amaricante è contestualizzata in un panettone, verrebbe facile pensare di facilitare l’approccio equilibrando il tutto con lo zucchero: funzionerebbe, sarebbe un’opzione legittima ma non è questo il caso. Se lo zucchero è il secondo ingrediente di bitter, aperitivi e liquori amari, la sua funzione è anche tattile e serve a creare -insieme ovviamente all’alcool- quella consistenza e rotondità che rendono la bevuta piena e lo preparano ad accogliere distillati, spumanti e sodati. Questa funzione è svolta dal lievitato in sé, arioso, umido, ricco di burro, uovo e impreziosito dalle note fruttate del miele di Ailanto, con la dolcezza giusta a coprire proprio quel ruolo di tramite, di mezzo espressivo di tanta complessità, fermandosi un grammo prima di diventarne pari grado, quale non vuole né deve essere. Durante l’assaggio condiviso c’è chi ha parlato di Americano da mangiare, chi di Negroni solido, tutte suggestioni realistiche, io ho optato per la similitudine col Boulevardier, col lievitato a fare le veci della “ciccia” del Bourbon e delle note dolci della lignina.
Un prodotto del genere è sintomo di palato allenatissimo e grande sensibilità negli abbinamenti, e a ben vedere non dovrebbe stupire. Da anni i gelati più avventurosi di Ciacco ne sono dimostrazione lampante, dal funambolico “Anima nera” con banana, aglio nero e pepe Andalimane, o il “Ricordo di un tortello”, che ricrea il piatto nella sua totalità con burro, Parmigiano e salvia fritta. Vedremo se e come questa capacità si tradurrà in altri grandi lievitati, e se questa versatilità aiuterà finalmente a sdoganare il panettone tutto l’anno.
Ingredienti e prezzo
“Amaro” è in vendita sullo shop online di Ciacco a 22€ per il formato da mezzo kilo.
Ingredienti: farina di frumento, infuso di radici di rabarbaro, infuso di radici di genziana, burro (Cuneo), arancia candita (Corrado Assenza), tuorlo d’uova fresche (Cuneo), infuso di cortecce di china, lievito madre (farina, acqua), zucchero grezzo di barbabietola italiano, home made pasta di pompelmo, miele biologico di Ailanto (Parma), sale.