Seguite la mucca. O i biscotti, se preferite. La mucca però è più facile da individuare, campeggiando bella grossa su uno dei lati in mattoni rossi che sono il tratto distintivo del Chelsea Market. Siamo a New York sulla 9th Avenue, tra la 15th e la 16th quartiere di riferimento per arte e design secondo guide e trendsetter.
Gallerie d’arte, negozi di abbigliamento e accessori, spazi in cui creatività e sperimentazione prendono forma. Tutti buoni esempi di ex edifici industriali che hanno cambiato destinazione d’uso. Il migliore di tutti, specie per chi come noi ha la mente ottenebrata dal cibo, resta però il Chelsea Market, un simbolo di riconversione ottimamente riuscito. Nonché quello che più di altri rende esplicito il legame con il passato.
Infatti la zona in cui si trova è nota come Meatpacking district, un tempo dedicata alla lavorazione della carne, e dove un tempo arrivavano i treni merci sull’High Line, linea ferroviaria costruita nel 1930 e da qualche anno riconvertita a “parco sopraelevato” (una bellissima passeggiata che costeggia il fiume Hudson).
Qui i treni scaricavano il bestiame per i macellai che avevano i negozi e le fabbriche proprio sotto la ferrovia.
Frutto di un restauro meticoloso terminato negli anni Novanta, l’edificio che ospita il Chelsea Market è stato la sede della National Biscuit Company (Nabisco), famosa per i biscotti Oreo, la cui presenza come ingrediente nella cucina degli Usa è pari a quella del Parmigiano in Italia: sapete che esiste anche la pizza agli Oreo?
La presenza dei biscotti in mezzo a tanta carne si deve a ragioni di economicità: dai macellai la fabbrica acquistava il lardo per gli impasti, all’epoca molto più economico del burro.
Quel che a noi interessa molto dell’enorme edificio che al piano terra ospita negozi di abbigliamento vintage, e ai piani superiori gli uffici di alcuni tra i più famosi network e social media del mondo (Emi music, Food Network Channel, Youtube e Google), è l’ampio piano terra destinato al cibo, che ha fatto del Chelsea Market in soli 15 anni uno dei saloni alimentari coperti più prestigiosi del mondo.
Per capirsi: con una trentina di locali attira oltre 6 milioni di visitatori l’anno.
Aperto tutti i giorni (dal lunedì al sabato dalle 7 alle 21, la domenica dalle 8 alle 20), è una successione di negozi di prodotti freschi, piccoli ristoranti, pasticcerie, panifici artigianali, spazi dove poter contemporaneamente comprare e mangiare, microcosmi dedicati al cibo etnico.
L’architettura interna, tra mattoni scuri, finestre che garantiscono un’illuminazione a effetto e sapiente riuso dei materiali del passato, enfatizza le delizie e accompagna nella scelta.
L’unico problema è quello di tenere a bada narici e palato.
The Lobster Place
Partiamo subito con i fuochi d’artificio. Amanti del pesce, adoratori dei crostacei, devoti alla divinità della Grande Aragosta: questo è il vostro tempio.
Mercato e luogo di degustazione e assaggio multiplo, The Lobster Place si presenta come una successione di banchi forniti di qualsiasi tipo di pesce e crostaceo.
Oltre alla vendita, si possono assaggiare porzioni di sushi preparato a vista e al momento ma in particolare zuppe e panini.
Tra le prime il consiglio è quello di accostarsi a uno dei pentoloni fumanti e chiedere scodellate di clam chowder (una vellutata deliziosa a base di vongole).
Per gli altri la strategia è mettersi in coda per un Lobster Roll: astice a pezzi, lattuga e salsa a base di erbe tra fette di pane morbido. Altrove gommoso e insapore, qui è una goduria.
Dickson’s Farmstand
Una macelleria ma anche un luogo in cui assaggiare una varietà incredibile di tagli di carne. Manzo, agnello, maiale, capre e pollame provengono da aziende agricole sostenibili, che allevano in modo biologico o seguendo il metodo grass-fed.
Niente ormoni, né antibiotici. Se avete dubbi: chiedete ai commessi: hanno molta pazienza.
Amy’s Bread
Affascinati dalla riscoperta del tradizionale, del biologico, del “fatto come una volta”, dell’artigianale, del “piccolo negozio di quartiere”, i newyorkesi convertiti al bio hanno fatto di Amy’s Bread un luogo che è il paradiso dell’arte bianca.
Pane, lievitati dolci, muffin, scones, torte, biscotti e poi anche panini. Un panificio che diventa caffè e bar. La scelta è dura, ma l’esperienza nella Grande Mela non è compiuta se non addentate uno sticky bun, una sorta di pane dolce o brioche arricchito con pinoli o noci, cannella e miele: molto (aiutatemi a dire) molto appiccicoso.
Disegnate il vostro percorso considerando che potete assaggiare cucina messicana, thai, indiana e giapponese, comperare spezie e ortaggi biologici, assaggiare gli onnipresenti cupcake, trovare minuscole formaggerie capaci di grandi sorprese, gustare caffè e cioccolata e perfino pasta fresca (sì, c’è il ristorante di Giovanni Rana) senza sentire troppo la nostalgia di casa.
Gansevoort Market
Se avete ancora posto per qualche assaggio, usciti dal Chelsea Market, a pochi passi, ecco un altro luogo che merita una visita: il Gansevoort Market.
Dalle ceneri di un magazzino che si trovava di fronte al vecchio mercato dei Gansevoort Farmers (all’aperto: nato nel 1884, era una sorta di mercato a chilometro zero) l’imprenditore Manny Del Castillo ha fatto nascere un luogo di convivialità fighetta ma non troppo.
Ristrutturazione che strizza l’occhio al passato per una ventina di stand tra i quali assaggiare specialità italiane (Salumeria Cappone, con prodotti importati dall’Italia), thailandesi (Bangkok Bar), crepes (Crepe Sucre), macaron (Dana’s Bakery), pintxos baschi (Donostia), centrifughe bio (Feel Food), yogut greco (Yiaourti) e tacos messicani (Tacombi).
Infine, anche pizza napoletana (Luzzo’s): lo accordiamo il beneficio del dubbio? C’è perfino il forno a legna…
Se meditate una visita, sappiate che è aperto tutti i giorni, dalle 8 di mattina alle 8 di sera.
Immagini: Caterina Vianello