Senape dal campo alla tavola. Succede in quella fascia di Piemonte che confina tra Alta Langa e Cabano, dove le Alpi Liguri guardano al mare e l’identità di un territorio storicamente di frontiera continua a essere forte, tra i suoi abitanti. Ed ecco perché qui dove da crinale a crinale cambiano microclima, terreno ed esposizioni le persone non si perdono in chiacchiere, ma perseguono agricolture eroiche cha partono da sogni e diventano realtà.
Succede a Castellino Tanaro (Cn), il paese della Torre medievale cantata da Giosuè Carducci, della Vecchia Osteria di Wilma Forneris, regno indiscusso della cucina piemontese, e delle Lele ossia del pane povero, dell’ultimo momento, non lievitato e dalla forma di piccola schiacciata che è da mangiare caldo con salumi e formaggi.
Mostarda rock
È qui che Paolo Ardusio ed Elisa Salvaneschi hanno deciso di avviare la coltivazione della senape, la cui semina (la terza per loro) sta avvenendo proprio in questi giorni. “Abbiamo aperto l’azienda agricola nel 2021 – spiegano i titolari – dopo aver fatto delle prove di coltivazione. La fioritura della senape avviene tra giugno e luglio e dal seme alla raccolta passano circa 100 giorni. Successivamente trasformiamo i semi nel nostro laboratorio macinandoli a pietra poiché non devono essere scaldati in fase di lavorazione”.
L’azienda si trova nella borgata Maccaferro le cui origini, come racconta il nome, rimanda al lavoro di “battere il ferro” tipico della zona. Insomma, qui un tempo si forgiava il metallo, ora il territorio. Tra i primi calanchi del Tanaro prima della seconda guerra mondiale e dello spopolamento c’erano le vigne, ed è qui che, nel casolare di famiglia, oggi ha sede Mosto Ardente. Paolo ed Elisa si conoscono ad Haiti per aiutare nella ricostruzione post terremoto: lei architetto di Pavia, lui commerciale nel settore edilizio di Ceva (Cn).
Da lì la vita li ha condotti nella Langa cebana dove, durante il lockdown mangiando senape durante un pasto si chiedono come si coltivino questi semi. E, dall’idea, nasce la produzione. Tra i pochi coltivatori di senape in Italia, i ragazzi di Mosto Ardente decidono di portare in Langa una tradizione non italiana ispirandosi alla Borgogna e a Digione. Entrambi i territori sono legati al vino, ma rispetto alla Francia dove i semi sono importati, a Maccaferro si coltiva a km zero. Al seme oleoso, macinato, si aggiungono vino e aceto di mele e li gioco è fatto.
Mosto Ardente produce sei tipologie di senape vendute online e nei negozi (tra cui Braja a Bra e nella fatata gastronomia con cucina rigorosamente del territorio guidata da Orietta Zaccaro ossia La Cucina delle Erbe di Ceva), ma già posizionati anche come ingredienti gustosi: è il caso delle pizze di Andrea Brunetti che a Nucetto (Cn), poco distante, ha appena aperto la sua nuova pizzeria di nome Sileo. Con il Riesling prodotto a La Morra e con la Barbera di Costigliole d’Asti, tanto per restare in tema di autenticità, nascono le Senapi di Langa (anche in versione forte) a cui si aggiungono la Senape alle erbe aromatiche, quella con miele & curcuma e la senape al peperoncino (prezzi dai 5, 50 ai 7,00 euro).
La Senape e la storia
E per tornare alla veracità di questa storia e del suo prodotto basta osservare l’immagine che compare sui barattoli di senape. Si tratta di un Alessandro Magno con i Ray-Ban: gli occhiali sono legati alla storia dei proprietari, Alessandro Magno invece è il simbolo di una “leggenda” che richiama la Battaglia di Gaugamela dove il re macedone combatté contro l’esercito persiano di Dario III.
“Dario mandò ad Alessandro Magno – raccontano da Mosto Ardente -una sfida sotto forma di sacco pieno di semi di sesamo per affermare la superiorità del numero dei suoi soldati, e la risposta di Alessandro Magno non tardò ad arrivare: un piccolo sacchetto di semi di senape. Il messaggio era chiaro, i suoi uomini, anche se in minoranza, erano più forti e infatti vinsero la battaglia”.
La “Sinapis alba e Brassica nigra”, ossia la senape, è una graminacea conosciuta già dall’età del bronzo. Utilizzata frequentemente da greci e romani è usata da sempre come insaporitore e conservante naturale, ma era usata anche come medicamento per le proprietà digestive e come rimedio per mal di denti e mal di testa. Pianta annuale, come dicevamo si semina in primavera, ed è caratterizzata da fiori gialli.
Il peperoncino
Ma sui due ettari di terreno di Maccaferro Paolo Ardusio ed Elisa Salvaneschi coltivano anche il peperoncino che qui chiamano Hot Langa nelle varietà “capsicum annuum e capsicum chinense”. Ai primi appartengono gli Jalapeño, meno piccanti ma dalla percezione immediata; ai secondi hli Habanero, gli Scorpion e i Carolina Reaper. La coltivazione si trova in collina a 600 metri su un terreno argilloso ed è disposta a filari. Si tratta infatti di una vera e propria vigna di peperoncini dove un tempo si trovava la vigna di famiglia.