Modernist Pizza è l’ultima, grande fatica sfornata da Nathan Myhrvold e Francisco Migoya di Modernist Cuisine, che segue l’omonimo primo trattato del 2011 sulla cucina moderna, e il fratellone Modernist Bread del 2017 sul mondo del pane.
Annunciato nel 2017, subito dopo l’uscita del primo trattato sull’arte bianca, è stato reso disponibile per il pre-ordine a Maggio 2021, per arrivare sugli scaffali di migliaia di appassionati nell’Ottobre 2021 in inglese, tedesco, francese e spagnolo. Una versione italiana è tuttavia in arrivo prossimamente.
Tre volumi più un kitchen manual, circa 16 kg di potentissima cultura, 1.708 pagine suddivise in 14 capitoli, 1.016 ricette, 3.700 foto, più di 500 esperimenti condotti e 250 pizzerie visitate in tutto il mondo: sono questi i numeri colossali che caratterizzano la più grande opera mai scritta sulla pizza. Online, nella versione inglese, al prezzo di 375 euro.
E seppure il tema sia nuovo, stile e approccio sono rimasti invariati e vengono descritti nella prefazione del primo libro; nel finalizzare e trascrivere il loro lavoro, Myhrvold e Migoya non danno mai nulla per scontato, a partire dalle leggende metropolitane, dalle dicerie e dai pregiudizi per tipologie di prodotto, tecniche di impasto e di cottura. Ogni assunzione e deduzione è frutto di prove ed esperimenti condotti nel loro incredibile laboratorio di cucina all’avanguardia, dove chimica, fisica e abilità pratica si fondono per cercare di ottenere la miglior pizza di sempre.
Nei tre anni trascorsi dallo studio alla realizzazione, la squadra di cuochi e scienziati ha girato il mondo e recuperato ogni traccia storica delle tante tipologie di pizza presenti sulla faccia della terra, mettendo insieme i pezzi del puzzle per raccontarli in maniera ordinata e cronologica.
Dopodiché hanno passato in rassegna ogni fondamentale per la corretta realizzazione di una pizza, tra materie prime e strumentazioni, per comprendere come sfruttare ogni variabile al meglio.
Infine scelto i punti salienti e i prodotti da imitare, ma soprattutto i loro prediletti, dei quali hanno realizzato una versione “Modernist” codificata secondo gusti e aspetti tecnici vincenti.
La “malattia” di questo gruppo di scienziati pazzi non finirà mai di stupirmi.
Per rendere l’idea, alcuni passaggi esulano dal chimico/fisico e si dimostrano letteralmente come i pensieri folli (ma utili e dilettevoli) di appassionati cronici: leggerete di esperimenti per testare i limiti del carico utile per la farcitura della pizza, le motivazioni del perché i pepperoni (i tipici salumi americani) si arricciano, se c’è un modo giusto per lievitare l’impasto della pizza napoletana, il dibattito sulle mozzarelle fresche e stagionate, perché la salsa impedisce al centro della pizza di alzarsi e persino la mappatura termica dei forni per pizza.
Scoprirete come realizzare una mozzarella fior di latte aromatizzata, come trasformare la zuppa in scatola in salsa per pizza, come salvare l’impasto della pizza troppo lievitato ed il modo migliore per riscaldare la pizza avanzata.
Ancora, le analisi sul miglior forno per ogni stile di pizza, come ottimizzare il forno di casa per la cottura, come realizzare pizze surgelate e addirittura come usare il tostapane!
Capirete dunque perché ci sono voluti mesi prima di avere tutti gli elementi necessari per una recensione il più oggettiva possibile su un lavoro simile.
Ed eccoci qui, pronti a dirvi cosa ne pensiamo dell’Enciclopedia della Pizza.
Modernist Pizza – Struttura ed impatto visivo
Inutile girarci intorno: la qualità percepita delle opere di Modernist Cuisine è sempre mozzafiato.
Come il fratellone sul pane, anche Modernist Pizza arriva in casa con imballo doppio e un raccoglitore in metallo color rosso vivo, con incise le iniziali MP sul lato.
All’interno i tre corposi volumi 34 x 27 x 4 cm, di pregiatissima carta e contenenti foto spesso a pagina intera.
Separato, il Kitchen Manual rilegato ad anelli e con copertina trasparente, a ricordare una sorta di grande quaderno degli appunti.
Volume 1 – History and Funtamentals
Nutro sempre un forte legame affettivo per il primo volumone di queste serie; se come me amate le storie, gli aneddoti e la vita dei prodotti adorerete questo libro più di ogni altro.
A differenza dei predecessori inoltre, in questo caso il team sembra aver preso particolarmente a cuore la questione, impostando quella che definiscono “Our Pizza Mission”, la nostra Missione Pizza: un tour di 4 continenti in cerca delle migliori pizzerie simbolo di una tipologia ben precisa, con tanto di road map e criteri di scelta.
La prima parte è dedicata alla storia della pizza, intesa come nascita, evoluzione e diffusione nel globo.
Ho in libreria poco più di 50 libri sull’argomento, e vi assicuro che non esiste nulla di più preciso e completo di questo grande capitolo; vengono esplorate le origini di prodotto e terminologia, lo “sbarco” in America, l’arrivo in Argentina e Brasile, la conquista degli Stati Uniti e lo stato della pizza ad oggi, che continua poi nel secondo capitolo dedicato alle associazioni e agli stili conosciuti.
Il terzo capitolo è dedicato al viaggio descritto poco fa: un’itinerario di 250 pizzerie che tocca Napoli e la Campania, Roma, il Nord Italia, San Paolo, Buenos Aires, Tokyo, New York, New Haven, Chicago, Detroit, Portland e altri paesi degli Stati Uniti. Vengono descritti dapprima gli stili presenti nelle città, l’influenza, poi le principali pizzerie e soprattutto gli esponenti di rilievo, con i loro prodotti più famosi.
Nel capitolo quattro si inizia a parlare dei cosiddetti “fondamenti”: farina, acqua, lievito, prefermenti, sale, zucchero, grassi e altro.
La parte dedicata alla farina è oro puro: il team ha condotto un’analisi sulle principali farine sia italiane che estere mettendo a confronto la capacità di formare glutine. Se avete letto il nostro articolo sulla scelta delle farine per pizza, ricorderete che l’indicazione della tipologia (00, 0, 1 , 2 o integrale) e la forza espressa sono caratteristiche proprie del grano tenero nel nostro paese, mentre all’estero esistono classificazioni differenti. L’analisi scientifica condotta aiuta a trovare i modi corretti per rapportare le farine.
Al contrario, lievito e prefermenti dimostrano quanto ovvio: Modernist Pizza non può sostituire al 100% il gran lavoro fatto da Modernist Bread, che dedica un intero volume agli ingredienti, metà alla chimica della lievitazione e un’altra metà ai prefermenti.
Il sunto necessario viene ribadito in poche pagine, ma se vi interessa conoscere nel profondo la scienza della lievitazione, non è questo il libro che fa per voi.
Si chiude con il capitolo dedicato ai forni per pizza: fisica della cottura, dell’impasto e addirittura della salsa, per capire come selezionare al meglio gli strumenti per i propri prodotti. Un lavoro ben fatto e ben organizzato, che include persino i modelli più classici utilizzati nel domestico.
Sembra infatti che, dopo Modernist Cuisine (palesemente dedicato ai soli professionisti, al punto da aver richiesto una versione Modernist Cuisine At Home), il team abbia compreso che la scienza della cucina non è solamente ambita da cuochi, chef e pizzaioli, ma anche da tantissimi appassionati amatoriali.
Volume 2 – Techniques and Ingredients
Con il secondo volume le cose si fanno serie, e i veri Nerd dell’arte bianca avranno pane per i loro denti.
Si tratta sicuramente del libro più corposo di contenuti ed esperimenti, e che fa emergere il lato folle del team di scienziati.
Il primo capitolo si concentra sui concetti generici più importanti nella realizzazione di un impasto.
E ovviamente, è fondamentale dapprima comprendere le varie parti che compongono una pizza, come riconoscere la qualità nei prodotti assaggiati, come pianificare la realizzazione dell’impasto, i concetti di miscelazione, di fermentazione, di formatura e di stoccaggio dei panetti o delle basi.
È sempre impressionante notare l’attenzione fotografica per i dettagli, che mostra chiaramente le differenze tra prodotti, o anche tra le cotture: le diverse sezioni, l’apertura della mollica, la crosta, o addirittura quanto “cade” una fetta presa per il bordo a seconda delle varie tipologie (napoletana, tonda classica, new york style o romana).
Ovviamente, come già detto la maggior parte delle tecniche e della chimica dell’impastamento è stata ampiamente trattata in Modernist Bread; ciò che avrete qui è solo un sunto e le considerazioni aggiuntive per il mondo pizza.
Il secondo capitolo riguarda invece l’analisi delle macro-ricette, divise per tipologia. Si tratta, di fatto, dei risultati degli esperimenti fatti dal team, spiegati paragrafo dopo paragrafo, e che riportano le caratteristiche salienti di ogni prodotto, oltre alle ricette ispirate e alle loro versioni Modernist.
Più che di ricette, in questo caso, si parla quindi di “metodi per gli impasti”: come realizzare gli impasti per pizza a crosta sottile, pizza brasiliana, deep-dish, napoletana, new york style, focaccia, pizza in teglia romana, detroit-style e modernist.
Devo essere onesto, da questa parte mi aspettavo qualcosa di più.
Forse dipende dal fatto che noi italiani siamo inondati da informazioni e testi molto tecnici, o più probabilmente dal fatto che le classificazioni per tipologia e caratteristiche reologiche per quanto riguarda le farine sono nostra peculiarità, e ci aiutano tantissimo nel perfezionare i risultati prima ancora di ricorrere a qualsiasi metodo miracoloso.
Il capitolo sugli impasti si è dimostrato quindi interessantissimo per comprendere come trattare materie prime differenti dalle nostre, ma non contiene nessuna di quelle “rivelazioni stravolgenti” che, da un certo punto di vista, mi sarei aspettato di ricevere.
Due interi capitoli sono invece dedicati a salsa di pomodoro e formaggio, e un altro ancora sui topping.
Perché mettiamo la salsa sulla pizza, come realizzarla e posizionarla, come preparare la propria mozzarella o formaggio, la scienza dei topping, come abbinarli, selezionarli e prepararli per finire una pizza.
Chiude il capitolo sulla cottura, su come infornare e i metodi per cuocere al meglio il vostro semilavorato.
Divagazioni sulle pale quindi, ma anche su come le diverse temperature agiscono sugli impasti, con tanto di graditissima mappatura fotografica.
Volume 3 – Recipes
L’ultimo, enorme volumone è dedicato alle ricette.
Le pizze iconiche americane, la thin-crust (crosta sottile, letteralmente) pizza, la napoletana, e i “parenti stretti” (pizze fritte, calzoni, focaccia di Recco ecc.).
Anche qui la fotografia non si risparmia, e non è raro vedere bellissime immagini a tutta pagina dei diversi strati che compongono una farcitura, dall’impasto, alla salsa, al formaggio e ai topping.
La prima parte si occupa di spiegare quindi come realizzare le basi sopra descritte, passando per stesura, farcitura e cottura.
Il secondo capitolo invece raccoglie in circa 120 pagine le loro “combinazione di sapori preferite”: sempre divisi per tipologia, troviamo azzardi e ispirazioni proprie ma anche ricette omaggio, come la celebre Margherita Sbagliata di Franco Pepe.
Si chiude con il capitolone dedicato al servizio e allo stoccaggio: quando e come servire, come mantenere la pizza calda e come riscaldarla.
Kitchen Manual
Il classico Kitchen Manual di Modernist Cuisine, che non manca mai all’interno delle collezioni.
Un quaderno degli appunti, niente di più, niente di meno, letteralmente incomprensibile se non avete letto i precedenti volumi, o almeno se non avete confidenza con la metodologia molto particolare degli scrittori di catalogare le ricette.
In 400 pagine, il team ha riassunto tutte le ricette viste nel corpo principale, tra impasti, salse, topping, formaggi e pizze fatte e finite.
Niente immagini, solo puro testo e tabelle per recuperare in fretta qualsiasi cosa senza dover sfogliare i tre mastodontici volumoni.
Personalmente lo trovo scomodo, ma riconosco che è un’abitudine soggettiva: se devo recuperare un metodo preferisco rileggermi anche le peculiarità principali per filo e per segno, più che la mera ricetta.
Senza contare che si tratta di un testo scritto in caratteri molto piccoli e senza foto, e potrebbe causare facilmente dei forti mal di testa.
Detto questo, se amate schemi e tabelle logiche, lo adorerete, perché è sicuramente l’ennesima dimostrazione di come Myhrvold e Migoya siano amanti dell’ordine.