Io non amo la liquirizia: capite quindi quanto sia frustrante per me star li a setacciare ogni volta le tisane del supermercato alla ricerca di quelle che non ne contengono. Sì, perché anche nelle tisane in cui l’aroma principale dichiarato sulla confezione è tutt’altro, tra gli ingredienti si insinua spesso la liquirizia. La cosa mi ha stuzzicata e ho deciso di andare direttamente alla fonte: ho chiesto, e vi riporto, la spiegazione dei produttori per la GDO. Aldilà dei gusti personali, ed escludendo le tisane più di nicchia o di erboristeria, è stato interessante approfondire.
Il fatto è questo: non è scontato che a una persona possa venire in mente – davanti alla tisana “fucus e arancia amara” o “lampone e cocco“, per esempio – che tra gli ingredienti possa esserci anche una percentuale di liquirizia… ci si accorge della cosa solamente all’assaggio, e può far piacere, lasciare indifferenti o (come nel mio caso) scocciati. Ma, a giudicare dalle risposte ricevute dalle aziende (ho chiesto a Star, L’Angelica, Yogi Tea, Cupper, Valverbe, Pompadour) la liquirizia nelle tisane ha scopi ben precisi.
Per arrotondare il gusto
Le tisane hanno principalmente due funzioni, che a volte si sovrappongono:
- inebriare per un piacevole ed emotivo momento di pausa o pre-sonno;
- aiutare l’organismo sfruttando le proprietà di frutti, erbe e spezie
Analizziamo la liquirizia nella prima funzione, ovvero puramente legata all’aroma e alla piacevolezza del sapore finale della tisana: conferisce una nota amaricante, che lascia in bocca una dolcezza delicata ma persistente (un po’ come il carciofo, o la cannella). Proprio il product manager di Pompadour mi riferisce che “la liquirizia è un ingrediente di tendenza, che viene spesso inserito per arrotondare il gusto di infusi e tisane“. Aggiunge anche: “comunemente, non trattandosi dell’ingrediente principale, e anche per motivi di spazio, non è menzionato sul fronte dove sono protagonisti i frutti o le erbe“.
Migliorare il gusto di cosa, esattamente?
Anche da L’Angelica mi rispondono che la liquirizia è usata anche per “il piacevole sapore in grado di arricchire il gusto della tisana“. Una cosa che non mi è chiara – e su cui non ho (ancora) avuto risposta precisa – è: a quali ingredienti primari (frutti, spezie o altro), dunque, serve un aiutino? A quelli aciduli, e che quindi sarebbero addolciti con la liquirizia? A quelli troppo dolci, e che quindi sarebbero bilanciati? Oppure, a quegli ingredienti che hanno proprietà ma che necessitano di liquirizia che le “attivi” e ne accentui i benefici (come il pepe per la curcuma nel golden milk, ad esempio)? Niente, le risposte sono vaghe e mi arrivano da L’Angelica e da Valverbe. La prima sceglie di inserire liquirizia “quando le sue particolari proprietà contribuiscono alla formula con quel quid in più per ottenere un prodotto di gusto e benessere“, senza entrare nel dettaglio. La seconda si sbilancia giusto scrivendomi che “le percentuali di liquirizia variano nei vari infusi in relazione alla formulazione, alla tipologia di ingredienti presenti e alle loro sinergie“.
Per le sue proprietà benefiche
Sull’ultimo punto trattato, ovvero la citata capacità sinergica che la liquirizia avrebbe nei confronti delle proprietà di altri ingredienti, bisognerebbe tornare con un vero esperto. La lascio come ipotesi aperta, e mi concentrerò sulle proprietà benefiche della liquirizia stessa, usata sia in erboristeria (e fitoterapia) sia nell’Ayurveda ovvero l’antichissima medicina indiana. Ricordo a tutti i lettori che sto riportando informazioni e testimonianze: consultate sempre uno specialista, se le patologie citate vi sono familiari.
Importante nel mondo erboristico
Le radici di liquirizia – Glycyrrhiza glabra L. – “contengono saponine triterpeniche come ad esempio la glicirrizina, nonché numerosi flavonoidi (flavanoni, isoflavoni e calconi) che esercitano un’azione antinfiammatoria e antiossidante“. A descrivermi questi effetti è una dottoressa del laboratorio di Valverbe, che aggiunge quanto la liquirizia sia “una pianta con azioni complesse e diffuse su varie catene enzimatiche“. Il fatto che, dal 2019, il Decreto del Ministero della Salute includa la liquirizia nelle “piante ammesse negli integratori alimentari”, rassicura ulteriormente. In erboristeria, come nell’Ayurveda, è usata per migliorare le “funzionalità del sistema digerente, come gastralgie, dispepsie e ulcere. Inserita nella formulazione anche per il suo tropismo nell’apparato epatobilire“. Eccomi giustificata la presenza di liquirizia nelle tisane studiate apposta per migliorare la digestione, ad esempio, anche se non se ne preannuncia la presenza in modo ben visibile ed esplicito sulla confezione.
Nell’Ayurveda
Nella disciplina dell’Ayurveda, la liquirizia (o “bastoncino dolce”, in India) è largamente usata in quanto considerata un valido rimedio naturale contro molte problematiche. Anche qui, è usata per le proprietà toniche, digestive e lenitive in caso di cistifellea infiammata o disfunzioni legate a un’ulcera peptica. In questo ramo tradizionale della medicina, è usata soprattutto come espettorante grazie ai suoi poteri germicidi.
Attenzione all’ipertensione
Oltre ai benefici descritti, è doveroso citare anche un effetto collaterale legato ad un consumo eccessivo di liquirizia: l’ipertensione. Proprio su questo punto, è Pompadour che mi mette le mani avanti affermando che “sul fondo delle confezioni riportiamo la dicitura «contiene liquirizia – evitare il consumo eccessivo in caso di ipertensione», quando la percentuale di liquirizia contenuta nella miscela supera la soglia limite di 50mg/l di acido glicirizzico indicata nel Reg. UE 1169/2011“. Questo per rassicurare sul fatto che non dichiarano “in copertina” la presenza di liquirizia ma non sono incoscienti, ecco.
Conclusioni
Eh, un po’ di carne al fuoco (anzi, di acqua sul fuoco) c’è ma non sono soddisfatta al 100%. Abbiamo imparato che:
- la liquirizia è spesso usata nelle tisane per i suoi poteri benefici;
- anche se l’aroma principale della tisana è un altro, la liquirizia può partecipare per arrotondarne il gusto;
- non è citata sulla facciata principale della confezione se la quantità è minima (come accade per l’onnipresente ibisco, o la rosa canina)
Di queste spiegazioni, però, non abbiamo capito bene la cosa del gusto: quali frutti o erbe hanno bisogno dell’aiuto della liquirizia? Secondo chi, una scelta aziendale oppure un oggettivo sapore poco piacevole dell’ingrediente – diciamo – in purezza? Che sapore avrebbe, la tisana con un certo frutto, senza la presenza di liquirizia a “migliorarlo”? Io rimango della mia personale opinione: ritengo possa essere fuorviante, in molti casi, usare parole immagini e colori per dichiarare un certo aroma per poi ritrovare un gusto compromesso da altri elementi (che non si potevano presagire dal nulla, senza star li a ingrandire gli ingredienti sul retro della confezione).