Come si studia sui libri di scuola, c’è un episodio rappresentativo, per quanto controverso, legato alla figura di Flaubert. Lo scrittore avrebbe pronunciato questa frase parlando del suo romanzo più famoso: “Madame Bovary, c’est moi”. Flaubert stesso, che aveva ammesso di aver tratto la storia da un fatto di cronaca, si sovrapponeva alla vita e alla morale della sua protagonista per difenderne sia l’anonimato che il diritto ad agire anche contro le regole della vita borghese. Insomma un caso letterario epocale di cui vale la pena stare a parlare anche dopo 200 anni e che in quella frase assume un significato simbolico rilevante. Passiamo poi ai tempi nostri. Online gira il video di una signora, che all’incrocio di una strada parla al telefono in modo sostenuto, chiedendo al suo interlocutore (o interlocutrice) se vanno bene le fettine di vitello che ha comprato al supermercato.
A terra ci sono le buste della spesa, la signora ripete tante volte la frase “vanno bene le fettine di vitello” urlando a perdifiato. Dice che se non vanno bene dovrà tornare alla Coop, che è già carica di buste, ripete la stessa frase più volte. Ogni secondo di questo video mi trasmette la fatica di stare al mondo, di compiere anche le faccende familiari più semplici, come andare a fare la spesa e scegliere cosa mangiare, ma anche l’impossibilità di mantenere il proprio equilibrio, la propria salute mentale in un contesto provante, incerto, che ti spinge al limite in ogni direzione.
Qui però il limite non è qualcosa di generico, che sia l’inflazione, la disoccupazione galoppante, lo stress lavorativo o di una relazione familiare, l’orizzonte della guerra, ma lo sguardo inclemente dell’osservatore a cui vorrei restituire l’empatia che è mancata. Il video della donna, in evidente stato di angoscia, è diventato subito virale. È stato pubblicato sui Instagram, Tik Tok, Youtube, con annessi meme, parodie, prese in giro. Successe una cosa simile pochi giorni prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, quando fioccavano i meme su Putin. Poi hanno cominciato ad arrivare le immagini dei cadaveri.
È sconfortante notare quanto il cedimento strutturale ed emotivo di una persona possa suscitare così tanta ilarità, una narrazione becera che fortunatamente in tanti sono ancora in grado di rifiutare. E infatti la pagina di Trash Italiano su Instagram con oltre 4 milioni di follower, che ha reso virale la pubblicazione, è stata velocemente inondata di commenti critici che hanno portato in pochi giorni alla rimozione del video.
Come scrive il sito di debunking bufale.net “Se ci avete segnalato il video chiedendo dettagli sulla signora ivi ritratta, siete brutte persone. Il problema è che voi non sapete niente di lei, neppure noi e non è giusto saperlo”. Forse l’episodio ha ricordato un’altra scena, che coinvolgeva sempre una signora, quella volta però c’erano di mezzo dei limoni. Eravamo in Puglia e un operatore del mercato di Barletta aveva interrotto l’intervista per gridare alla sua cliente che aveva scordato i limoni. È diventato un tormentone anche quello, forse perché al cibo è associata sempre una patina di leggerezza e, a tendere verso l’eccesso, di superficialità. Il cibo come barzelletta, come siparietto, come unico argomento che ormai sembra (ripeto, sembra) accomunarci tutti. “Abbiamo bisogno di ridere” spesso mi sento dire, oppure “non si può dire più niente”.
Ora qui i risvolti problematici sono tanti. Partendo dai più basilari, quanta fatica ci vuole nella cura di una famiglia, di cui spesso sono ancora le donne a preoccuparsi, quanta angoscia possono comunicare gesti semplici, come fare la spesa, che diventano anche opportunità di attrito. E poi che tipo di risata è quella che scaturisce dalla visione di una persona che ha una crisi psicologica così pressante, quanto disprezzo c’è e misconoscimento sul tema della salute mentale se non si capisce che in questo video è questa la rappresentazione che vediamo. Io ci ho rivisto i miei momenti più bui e quelli di tante persone che conosco. E quindi, cara signora delle fettine di vitello, c’est moi.