Oggi vi portiamo dietro le quinte della produzione di un lievitato su cui c’è ancora tanto da dire: la colomba. Siamo nel grande laboratorio dedicato al pane e ai lievitati che la famiglia Roscioli ha costruito in una sede dislocata, quella di Via Augusto Armellini in una zona non troppo lontana dalla Magliana.
Il motivo non è difficile da intuire: gli spazi del forno originario di Via dei Chiavari (quello inaugurato nel 1972 da 1972 infatti, Marco Roscioli, oggi luogo di pellegrinaggio per romani e turisti da tutto il mondo, che vanno a mangiare la pizza alla pala tagliata con un colpo secco di coltello, il pane, i dolci, i biscotti e i lievitati) stretto tra le vie del centro di Roma, caratteristiche ma al tempo stesso poco agevoli, non erano più sufficienti per accogliere una produzione di pane e lievitati che soddisfa non solo un nutrito numero di clienti ma anche molte realtà ristorative di Roma. Una parte della produzione è stata quindi allocata qui, dove può essere gestita da 4 anni a questa parte con maggiore consapevolezza.
Questo ci porta dritti dritti al primo punto delle cose che si possono imparare assistendo alla produzione della colomba:
Grandi lievitati, grandi spazi
L’immagine del panettiere che fa lievitare il panettone dentro uno sgabuzzino con gli attrezzi del nonno è molto poetica e anche veritiera se si vogliono produrre pochi pezzi. In realtà però i grandi lievitati hanno bisogno di grandi spazi. Non solo loro, ma anche chi li maneggia vive sicuramente meglio la gestione di processi lunghi, dislocati su più giorni, in uno spazio che permettere di gestire contemporaneamente più prodotti, cuocerli, metterli a raffreddare. Nel laboratorio di via Armellini la famiglia Roscioli ha fatto costruire un forno pensato proprio per i lievitati fino a 2kg dove finiscono le produzioni delle festività.
Il profumo è qualcosa che non si riesce a descrivere
Nel 2019 fece il giro di Roma la notizia di un 54enne che aveva assaltato una pasticceria con un’arma al grido di “Basta co ‘sti cornetti! Non ne posso più!” probabilmente infastidito dagli odori della produzione. Di certo l’olfatto tra i vari sensi umani è uno dei meno allenati, per quanto altamente sviluppato, rispetto ad altri come la vista o il tatto. Fare un giro in un laboratorio che realizza lievitati può essere sotto questo punto di vista un’esperienza rigenerativa, accademica. Il pane è infatti un prodotto la cui percezione passa fortemente attraverso l’odore ed entrare in un laboratorio può significare immergersi completamente in questa esperienza. Se poi alla farina uniamo l’odore di cioccolato, burro, noci, zucchero cotto, mandorle tostate, il gioco è fatto.
La ricetta tramandata di generazione in generazione è un falso mito (forse)
In un laboratorio grande come quello dei Roscioli non ci si avventura a caso. Oggi la nostra guida è il panettiere Giulio Basile, che ha lavorato alla produzione delle colombe insieme agli altri fornai e a Pierluigi Roscioli. Giulio illustra i processi seguiti per la realizzazione della colomba, la partenza dal preimpasto, gli ingredienti aggiunti, le lievitazioni, la glassatura, la cottura, il raffreddamento, il confezionamento.
Tutti processi che si dislocano su più ore, più giorni. A dettare il tempo, come una sorta di sottofondo musicale, c’è l’incubatrice in cui si trova il lievito madre sovrastata da un timer che scandisce i rinfreschi. La ricetta della colomba di quest’anno non è la stessa di quella dell’anno scorso, e forse nemmeno di quella dell’anno prima. Ogni anno intervengono piccole modifiche e aggiustamenti che puntano a realizzare un prodotto sempre migliore.
Questo succede anche in una realtà storica come quella dei Roscioli, dove il cambiamento non viene necessariamente guardato come una mostruosità. Inoltre, cambiando ogni anno i gusti, salvo alcune certezze (come le ricette classiche) ci sono piccoli accorgimenti da fare. Giulio mostra il processo di una colomba realizzata con gianduia e noci in un numero limitato di pezzi. Non mi sembra strano visto che solo per la copertura vengono svolti sei diversi passaggi: la glassa, le mandorle lamellate, il cioccolato, gli “zuccherini”, le mandorle intere, lo zucchero a velo.
Per qualcuno il fornaio potrebbe essere un mestiere migliore di quello del cuoco
Forse questa è la scoperta più inaspettata e meno prevista della giornata. Fino ad oggi ho avuto occasione di parlare con tante persone che fanno pane e lavorano nei forni e mi hanno sempre descritto questo mestiere come un mestiere non semplice che implica sveglie prestissimo la mattina, in alcuni periodi, come quelli delle festività anche notti in laboratorio, ritmi serrati, fatica fisica. Giulio tuttavia ha lavorato anche nei ristoranti e mi racconta che per lui il lavoro nel laboratorio è di gran lunga più sostenibile a livello umano. “La sera puoi cenare con la famiglia” mi racconta. E poi le attività possono essere gestite con anticipo secondo un’organizzazione molto scrupolosa. Certo lavorare in un laboratorio così attrezzato probabilmente aiuta.
Le colombe non hanno ancora lo stesso successo dei panettoni
Non solo qui ma anche altrove panettieri e pasticcieri raccontano di realizzare un numero limitato di pezzi per Pasqua, inferiore a quello dei panettoni. La colomba infatti non ha ancora la stessa attrattiva del panettone, da parte dei clienti non c’è la stessa voglia di spendere cifre sostanziose per un prodotto artigianale, quindi per ora la colomba è ancora un lievitato di nicchia. Le motivazioni possono essere tante: prima fra tutti il fatto che a Pasqua c’è una tale varietà di dolci ben diffusi (come la pastiera e le uova) o in generale di lievitati (come il casatiello e tutte le varianti regionali delle pizze di formaggio) da non reggere la competizione. Quello su cui invece ci possiamo interrogare è se nei prossimi anni questa certezza è destinata a vacillare. Nemmeno i panettoni fino a pochi anni fa erano così di moda: succederà lo stesso anche per le colombe?