In Italia ci sono solo sei Dop e Igp ittiche a fronte di 51 europee. Perché?

Sono solo 6 le DOP e le IGP legate al pesce italiano e ai suoi derivati, complice la burocrazia, il fattore tempo, i costi e la mancanza di cooperazione.

In Italia ci sono solo sei Dop e Igp ittiche a fronte di 51 europee. Perché?

Su oltre 800 prodotti italiani a Denominazione di Origine e a Indicazione geografica solo sei sono ittici. Eppure il nostro paese ha un consumo pro capite di 28 kg di pesce all’anno contro i 25 europei, ma la tendenza è comune anche in Europa: su 1502 cibi Dop, Igp o Stg, il cui valore complessivo ammonta a oltre 22.000 milioni di euro, i pesci e i molluschi tutelati da questi riconoscimenti sono appena 51 (dati Fondazione Qualivita).

Ed ecco il controsenso: le Denominazioni hanno il compito di salvaguardare gli standard qualitativi dei prodotti agroalimentari, preservare i metodi di produzione e dare ai consumatori informazioni chiare sulle loro caratteristiche donando valore aggiunto a prodotti che seguono specifici disciplinari di produzione in grado di definirne peculiarità, metodi e zone di produzione. Perché allora i numeri del settore ittico sono così bassi rispetto ad altri comparti? In Europa 410 prodotti ortofrutticoli e cereali possiedono marchi di tutela, i formaggi 246, i prodotti a base di carne 207, le carni fresche 157, i prodotti di pasticceria, panetteria, confetteria e biscotteria 109: insomma ciò che proviene dal mare o dalle acque dolci che appartengono al territorio dell’Unione Europea sono il fanalino di coda del settore.

Perché ci sono poche Dop ittiche in Italia?

La risposta l’abbiamo chiesta a Valentina Tepedino, medico veterinario specializzato in Ispezione dei Prodotti Ittici. “Intanto va detto che l’iter per il raggiungimento del riconoscimento – spiega la veterinaria – non è semplice ed è piuttosto lungo: può durare anche tre anni. Occorre creare un disciplinare che venga approvato a livello regionale e ministeriale, per poi passare al vaglio dell’UE: una volta accettato la pratica può procedere con il riconoscimento, ma il prodotto subisce controlli costanti proprio per verificarne la corrispondenza al disciplinare di produzione. Ogni prodotto deve avere determinare caratteristiche che vanno rispettate e controllate, appunto, da un ente certificatore. Questa verifica, che viene ripetuta nel tempo, ha un costo e può anche portare a delle sanzioni che ne bloccano la certificazione se si riscontrano anomalie rispetto al disciplinare”.

Insomma, una prima risposta al fatto che in Italia ci siano poche Dop ittiche potrebbe essere legata alle pratiche burocratiche e al fattore tempo, ma questo non pare essere stato un ostacolo per gli altri centinaia di prodotti italiani che hanno richiesto e ottenuto la certificazione, avvalendosi della ricaduta di marketing e di comunicazione che questa dona al prodotto e al suo territorio di provenienza.

Probabilmente – prosegue Tepedino – il settore ittico non ha ancora raggiunto la consapevolezza legata al valore (anche economico) che il riconoscimento di una Dop apporta all’indotto e sul territorio. E forse questa consapevolezza manca perché nel settore non ci sono molte organizzazioni: occorre trovare produttori uniti da una mentalità di cooperazione che abbiano la lungimiranza di capire le attività di valorizzazione: forse non abbiamo molte eccellenze ittiche perché il marketing non è ancora arrivato”.

La seconda risposta potrebbe dunque essere: in Italia non abbiamo Dop ittiche perché non ci crediamo, perché non facciamo sistema, perché non siamo bravi nel marketing e non riconosciamo questo uno strumento di valorizzazione del territorio e di comunicazione. Forse, se iniziassimo a snellire le pratiche burocratiche e i tempi di attesa, anche i pescatori e le cooperative ittiche inizierebbero a vedere la cosa con un interesse maggiore.

I Fasolari

fasolari

Caso unico in Italia è quello dei produttori di Fasolari (una novantina) che si sono riuniti a livello nazionale per il riconoscimento della Igp. “Abbiamo iniziato la pratica – aggiunge ancora Tepedino – da portare poi all’attenzione delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia: pratica che poi dovrà essere validata dal Ministero della Sovranità Alimentare e poi dall’Unione Europea”. I Fasolari sono prodotti di pesca e non di allevamento, si trovano nell’Alto Adriatico in acque abbastanza profonde caratterizzate dal fatto che nell’area di raccolta confluisce anche molta acqua dolce. Appartengono alla stessa famiglia delle vongole veraci (veneridae), hanno un guscio aranciato, una taglia media di circa 4 centimetri e molta polpa. I Fasolari, va anche detto, sono pescati in modo sostenibile in base alla domanda, senza sprechi o abbassamento di prezzi in modo da non sfruttare la specie.

I prodotti ittici Dop e Igp italiani

tinca gobba dorata

La prima Dop ittica italiana, peraltro proveniente da acqua dolce, è la Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino (2008). Siamo in Piemonte, e precisamente nella zona del Pianalto di Poirino a cavallo tra le province di Torino, Asti e Cuneo. Questa tinca è apprezzata per carni delicate, sode e non grasse dal colore bianco rosato e per il gusto delicato e meno incisivo del pesce di mare. Le caratteristiche ideali per il suo consumo (taglia piccola, carni morbide, pelle sottile e gustosa) vengono raggiunte nella seconda estate di vita.

Cozza di Scardovari Dop

È invece del 2013 la Dop della Cozza di Scardovari la cui produzione è limitata all’omonima Sacca e nei territori delle frazioni Cà Mello e Santa Giulia nel comune di Porto Tolle in Veneto. Dalle valve bombate di 6-8 centimetri di lunghezza, ha una carne sempre superiore al 25% del peso totale e, grazie al basso tenore di sodio, un sapore particolarmente delicato.

Cozza di Scardovari Dop: cosa sapere sull’unica cozza italiana per davvero Cozza di Scardovari Dop: cosa sapere sull’unica cozza italiana per davvero

La terza Dop ittica italiana è rappresentata dalla Colatura di Alici di Cetara (2020) che interessa l’area di mare di fronte alla provincia di Salerno, in Campania, a una distanza massima di 12 miglia dalla costa. Tutte le fasi di lavorazione di questo prodotto devono avvenire esclusivamente nella provincia salernitana: messo in commercio in contenitori di vetro chiaro trasparente devono aver indicato, se praticato, l’affinamento in etichetta con il relativo periodo e la menzione “invecchiata”. La loro bontà deriva anche dalla grande capacità di riempire le botti di legno utilizzate per la maturazione grazie alla sistemazione delle alici in strati ordinati coperti dal sale.

Sono tre anche i prodotti ittici Igp: le Trote del Trentino (2013), il Salmerino del Trentino (2013) e le Acciughe sotto sale del Mar Ligure (2008). Le prime sono prodotte nella provincia autonoma di Trento e nel comune di Bagolino in provincia di Brescia, in Lombardia. Sono caratterizzate da una carne bianca o salmonata compatta, tenera, magra e hanno un sapore delicato. La loro peculiarità è di possedere un livello contenuto di grassi mai superiore al 6% e un indice di corposità definito tra 1,25 e 1,35 grammi a seconda che siano minori o maggiori di mezzo chilo.

DOP: la Colatura di alici di Cetara diventa Denominazione di Origine Protetta DOP: la Colatura di alici di Cetara diventa Denominazione di Origine Protetta

Il Salmerino del Trentino è prodotto in tutta la provincia autonoma di Trento e, come per le trote, anche nel comune di Bagolino. Le sue caratteristiche (indice di corposità ridotto, basso contenuto di grassi e gusto delicato e inconfondibile) sono riconducibili alla zona di produzione e in particolare alle peculiarità dell’acqua in cui viene allevato che, provenendo da ghiacciai e nevai perenni possiede una elevata ossigenazione, buone qualità bio chimiche e temperature medie basse.

Le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure comprendono tutta la zona della costiera ligure e si caratterizzano per avere una pelle molto fine, una dimensione compresa tra i 10 e i 20 centimetri di lunghezza, carni magre e un sapore asciutto e sapido. Vanno consumate non prima di due mesi dopo la salatura e sono un esempio perfetto dell’importanza del territorio: la poca escursione termica e la grande salinità del mare sono infatti elementi ideali per la loro pesca e la conservazione.

Dop, Igp e Stg, le differenze

Sono 883 i prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica italiani riconosciuti dall’Unione Europea: il numero più elevato che fa capo a un paese europeo e che rende il patrimonio italiano unico al mondo. Ma quali sono le differenze di questi marchi?

La Denominazione di Origine Protetta identifica un prodotto originario di un determinato luogo, le cui caratteristiche sono dovute al particolare ambiente geografico in cui viene prodotto e ai fattori naturali e umani ad esso legati. In Italia attualmente hanno la Dop 578 prodotti (170 agroalimentari e 408 vini).

Con Identificazione Geografica Protetta (Igp) si indica sempre un prodotto originario di un determinato luogo a cui si attribuisce, in questo caso, una certa qualità e la cui produzione si svolge almeno in parte sul territorio di origine. Le Igp italiane sono 257 di cui 139 legate a prodotti alimentari e 118 a vini.

Con Stg, ossia Specialità Tradizionale Garantita, si indicano invece i prodotti realizzati con metodi di produzione e ricette tradizionali. Le materie prime e gli ingredienti utilizzati rendono questi prodotti una specialità, indipendentemente dalla loro zona di produzione. Le Stg sono tre: la mozzarella, la pizza napoletana e l’Amatriciana tradizionale.