Imparare a fare i malgari: nasce la prima Scuola internazionale dei formaggi di montagna

La scuola per apprendisti malgari apre le porte il 22 giugno, e conta già di far partire una seconda edizione, tra malghe e aule, con un occhio all'imprenditoria.

Imparare a fare i malgari: nasce la prima Scuola internazionale dei formaggi di montagna

A dare retta alle statistiche pare che il ritorno alla terra, in particolare tra gli under 35, segni una sorta di nuovo corso nell’ambito dell’imprenditoria agricola. Abbandonati industria e commercio e “contro il logorio della vita moderna” (o, più semplicemente, vista la crisi economica da Covid-19) i giovani guardano a campi e ad allevamenti come a contesti nei quali poter investire in termini economici e di prospettive. Puntando pure a scegliere luoghi faticosi e “rischiosi” come la montagna. Deve aver pensato a questo Danilo Gasparini, docente di storia dell’agricoltura e dell’alimentazione all’Università di Padova e il Master in Cultura del Cibo e del Vino di Ca’ Foscari quando ha immaginato di far nascere la prima Scuola internazionale dei Formaggi di Montagna, che dal 22 giugno aprirà le porte di aule e malghe per formare quanti vogliano intraprendere un percorso di imprenditoria in quota.

 

Il progetto nel quale si inserisce la scuola si chiama “Alte imprese” e il nome si presta volutamente ad una duplice interpretazione: se quel “alte” è lì in primo luogo a ribadire la dimensione della montagna, il secondo significato ne sottolinea la rilevanza e l’impatto socio-ambientale. E se poi l’“impresa” rimanda ad un atto eroico compiuto da chi sceglie di vivere in alpeggio, la pragmaticità fa dimenticare qualsiasi afflato romantico: per gestire una malga sono necessarie capacità imprenditoriali.

“Si tratta di un master ‘di ispirazione’ – spiega Gasparini, che è nato a partire da una duplice riflessione: da un lato la consapevolezza che malgari e pastori svolgono un ruolo fondamentale nel custodire la montagna, tenendo in vita i pascoli, arginando l’espansione dei boschi e favorendo la reintroduzione di razze locali; dall’altro la necessità di trovare una soluzione al progressivo spopolamento della montagna e del venire meno proprio della professione del ‘malgaro’, non solo nella zona delle Alpi ma anche degli Appennini”. Bando al sentimentalismo insomma: l’obiettivo è quello di formare degli imprenditori dell’alpeggio, che accanto a competenze di tecnica agronomica e di arte casearia posseggano nozioni di economia e marketing, anche in funzione di un ruolo socioculturale, gastronomico e turistico dell’alpeggio. Perché, come sintetizza Gasparini “se vuoi fare l’Heidi della situazione resisti un anno, poi quanto torni in città trovi la signorina Rottermeier ad aspettarti”.

La formazione prevede una parte teorica (40 ore suddivise in 14 appuntamenti serali online) ed una parte pratica, di “vita d’alpeggio”(a Segusino, nel trevigiano e sugli alpeggi di Malga Molvine-Binot e di Malga Mariech) dove ci si potrà cimentare con la gestione di una malga. L’ottimismo con cui si guarda al progetto ha già fatto pensare ad una seconda edizione, programmata per il 2022, che coinvolgerà l’Appennino e la gestione delle greggi.

Per chi fosse interessato, ecco dettagli e programma.