Il simbolo della plastica riciclabile è da buttare nella spazzatura?

Il simbolo indicatore che la plastica è riciclabile inganna e confonde: una codificazione obbligatoria in UE e assai discussa negli Stati Uniti. Sarà ora di buttarlo nell'indifferenziata?

Il simbolo della plastica riciclabile è da buttare nella spazzatura?

Il simbolo che indica la plastica come materiale riciclabile, il triangolino con le frecce per intenderci, dovrebbe essere buttato nella spazzatura? Negli Stati Uniti lo propone l’EPA, Environmental Protection Agency, l’agenzia federale per la protezione dell’ambiente. Dovremmo chiedercelo anche noi, pur se la situazione in Europa, da un punto di vista sia delle norme sia dei risultati, è leggermente diversa. Qual è il fondamento del discorso?

L’EPA ha definito il simbolo per il riciclo della plastica “ingannevole ed equivoco“, auspicando un cambiamento a livello di legislazione federale, cioè valida per tutti gli stati Usa. Quando ci si trova davanti a un rifiuto, il punto è trovare un equilibrio tra due esigenze, entrambe fondamentali per ridurre l’inquinamento. La prima è quella di indicare ai consumatori di che materiale è composto, comunicare se è riciclabile, e invitare a depositarlo nel posto giusto. La seconda esigenza è quella di ridurre a monte la diffusione di certi materiali, comunque inquinanti.

I simboli per la raccolta differenziata della plastica

Nel caso dei simboli per la raccolta differenziata della plastica la situazione è particolare perché, di fatto, la plastica non esiste: esistono LE plastiche, un ventaglio di materiali che va dal PET (polietilene tereftalato) ai poliaccoppiati, fatti di pezzi diversi e difficilmente separabili come il tetrapak, passando per una gamma di altre plastiche come il polipropilene e il polistirene. C’è una gradazione, si va dai materiali più riciclabili a quelli quasi impossibili: il livello è espresso da un numeretto che sta al centro del triangolo con le frecce, all’1 corrisponde il PET che è il più facile da riciclare, al 7 il tetrapak; dal 7 in poi i rifiuti non sono affatto riciclabili e vanno messi nell’indifferenziato. In più, è anche esplicitamente indicata la tipologia sotto al triangolino.

Questo sistema di codificazione è obbligatorio nell’Unione Europea, non lo è negli Stati Uniti, dove è però comunque molto diffuso. La proposta dell’EPA è quella di togliere le freccette associate dall’idea di riciclo nel triangolo, e lasciare un triangolo normale, chiuso, con il numero al centro. “Ho sempre sostenuto che ingenerasse confusione“, ha detto Kate O’Neill, docente all’università californiana di Berkeley, alla CBS. “Non ci sono molte regole federali, quindi è una buona mossa proporre una legge valida a livello nazionale“. Dal canto suo, per esempio la California ha già emanato una norma simile, proibendo il triangolo con le frecce sui materiali difficilmente riciclabili.

Le percentuali di plastica che viene riciclata

Bottiglie plastica

Ma quali sono le percentuali di plastica che è riciclata davvero? Secondo uno studio recente, negli Stati Uniti si parla di una cifra attorno al 5% del totale: un numero davvero deprimente. In Europa, o meglio nell’Unione Europea, le cose vanno decisamente meglio: i dati UE parlano di un rifiuto su tre. E il Green Deal ha posto come obiettivo di salire al 55% nel 2030. Insomma sembra quasi che gli Usa abbiano intenzione di gettare la spugna sulla possibilità di riciclare la plastica, e puntino piuttosto a metterne in circolazione di meno: ma come poi? Le aziende dovrebbero essere disincentivate dall’utilizzare  packaging in plastica semplicemente a causa della scomparsa di tre freccette? I consumatori dovrebbero tirarsi indietro dall’acquisto a causa di una maggiore consapevolezza? Sembra wishful thinking.

Abbiamo chiesto lumi a un esperto in materia ambientale, Lorenzo Monaco, fondatore di tecnoscienza.it e divulgatore scientifico. “La linea che si adotta qui è ‘facciamo mettere tutta la plastica nel cassonetto e poi vediamo’. È la multiutility che poi separa veramente. Questo – opinione mia – permette di avere alti numeri di raccolta differenziata (‘comuni ricicloni‘ etc). La maggior parte diventa plasmix, una massa di plastica che a breve, dicono gli ottimisti della tecnologia, si potrà riciclare. Ma insomma l’idea è quella di abituare i cittadini a differenziare la plastica. Col senno di poi forse l’EPA sta provando a ‘dire la verità’ ai cittadini in maniera da ridurre a monte l’acquisto di plastica non riciclabile.

Una differenza di approccio notevole quindi. “Da noi direi che il tema non è tanto riciclare la plastica, ma evitare che vada nell’ambiente (il plasmix dovrebbe essere dirottato nell’inceneritore, brucia bene e fa energia; le diossine le produce solo il PVC ma un buon filtro dicono che riesca a trattenerle). Però immaginiamo di dire che metà della plastica la puoi mettere nella spazzatura normale: la gente la butta tutta là, rischiando di rovinare il riciclaggio effettivo della plastica. E rovinando i numeri percentuali della raccolta differenziata, che hanno un valore psicologico positivo, se alti (tipo teoria delle finestre rotte al contrario)”.