Stiamo perdendo consumi di caffè fuori casa, è la conseguenza ovvia di quanto aumenti il prezzo di un prodotto ma non il suo valore percepito. Lo sottolinea Maurizio Giuli, executive for corporate strategy Simonelli Group e vice presidente dell’Ucimac (Associazione di costruttori italiani di macchine per espresso) in un articolo apparso su Comunicaffè . I bar restano delle attività che sviluppano pochissimo valore aggiunto e fanno pochissima cultura in un Paese che ha addirittura la spocchia di credersi nella posizione giusta per poter ambire a riconoscimenti da patrimonio Unesco in materia di caffè.
Il rischio ora, ma direi certezza, è di ritrovarsi materia prima ancora più scadente in tazza nonostante l’etichetta sia la stessa e il claim faccia riferimento sempre alla solita “vecchia miscela del nonno”.
Ma partiamo dalle basi: l’aumento della materia prima cui devono far fronte grandi e piccole torrefazioni italiane. Tra le prime, l’AD di Lavazza Antonio Baravalle ha detto la sua un mese fa in un’intervista apparsa su La Repubblica. “L’acquisto del caffè è cresciuto dell’80%, a questo si aggiunge il tema del cambio, lo scorso anno avevamo iscritto il dollaro a bilancio a un valore di 1,16/1,17, oggi siamo quasi alla parità con l’euro. Compriamo ogni anno circa un miliardo di dollari di caffè: significa che un centesimo di differenza sono 10 milioni aggiuntivi di costo, 10 centesimi 100 milioni”. Poi continua: “tra il 2021 e il 2022, c’è stato un incremento del 260% per i costi del gas e del 120% l’energia elettrica”. Una tempesta perfetta dall’epilogo fin troppo scontato, quella tazzina al bar ci costerà di più.
Per capire meglio cosa sia accaduto in casa dei torrefattori, quali dinamiche governano il mercato del caffè verde e quali scenari si palesano all’orizzonte, ho fatto una chiacchierata con due roaster di spicco dello Stivale, Jacopo Bargoni, Ad de Le Piantagioni del Caffè e Davide Cobelli, microroaster veronese e coordinatore nazionale di SCA Italia.
Perché il caffè verde costa di più?
“L’aumento del costo della materia prima (caffè verde) è dovuto principalmente ad un aumento della domanda e ad una contestuale riduzione dell’offerta.
Quest’ultima è in parte legata ai cambiamenti climatici che stanno impattando negativamente sulle produzioni, come per esempio le gelate in Brasile dello scorso anno, e, aimè, in parte è causata proprio da tutti gli attori che, nella filiera, stanno a valle dei produttori, compresi, e primi fra tutti, noi torrefattori: è proprio la nostra pretesa di acquistare caffè a prezzo basso, a discapito degli interessi dei produttori, che ora ci si sta ritorcendo contro. Non è mia intenzione fare dissertazioni sulle iniquità del mondo e della nostra filiera, ma dobbiamo ammettere che mentre oggi guardiamo i grafici della borsa del caffè e ci strappiamo i capelli nel vedere valori così alti, nel periodo che ha preceduto la presente situazione il prezzo di borsa dell’arabica è stato bassissimo, troppo basso, erroneamente basso. Chi, come noi, ha relazioni dirette con i produttori ed è disposto a pagare un prezzo equo per ricevere caffè di una qualità alta, ha acquistato a prezzi che erano comunque molto più alti della borsa, sommando al valore di borsa dei differenziali di entità importantissima (una sorta di prezzo addizionale sul prezzo della borsa), concordati con i produttori stessi; molti nostri concorrenti però hanno semplicemente cavalcato la situazione.
A seguito dell’aumento di costo del caffè, alcuni torrefattori hanno iniziato ad alzare i prezzi già dallo scorso autunno 2021. È stata ed è una di quelle situazioni in cui conta molto anche la sensibilità dell’imprenditore: nel nostro settore ci sono aziende che erano abituate a registrare profitti altissimi e molto poco resilienti nel tollerare flessioni della marginalità. In una situazione come quella attuale, se l’obiettivo è mantenere la qualità del prodotto, la marginalità quasi sicuramente deve essere sacrificata, quantomeno momentaneamente. Chi non accetta ciò, può solo intervenire immediatamente sulla qualità del prodotto, riducendola quel tanto che serve per mantenere stabile il risultato del conto economico. In ogni caso, gli aumenti intervenuti sono stati così repentini da obbligare molte aziende a prendere in considerazione da subito un aumento del prezzo di vendita. Tutto dipende da come è impostato il lavoro della torrefazione: noi per esempio abbiamo registrato un aumento del costo della materia prima molto progressivo: in una situazione del genere ci ha consentito di posticipare i nostri aumenti di prezzo fino all’inizio del 2022. In quel momento l’aumento del costo del caffè si è sommato a quelli intervenuti nella logistica, nelle altre materie prime, e nelle varie componenti dei costi di produzione, e la situazione è divenuta oggettivamente insostenibile.
Questo scenario ha comportato distorsioni anche nella gestione delle scorte di caffè da parte del settore torrefazione: durante lo scorso autunno eravamo una delle poche torrefazioni in Italia con scorte sufficienti per coprire almeno sei mesi di vendite. Questa tempesta ha spinto invece molti torrefattori a bloccare gli acquisti in un ottica speculativa, rimanendo quindi con i magazzini vuoti, nella speranza che le quotazioni in borsa scendessero. Molte torrefazioni hanno ripetutamente acquistato spot, creando una competizione sul singolo lotto di caffè disponibile in Europa, che ha comportato un ulteriore incremento del costo della materia prima. Poi sono arrivati gli aumenti dei costi dell’energia, dei costi di produzione in generale e di tutte le componenti (imballaggi, etichette, materiali di consumo, ecc) che hanno costretto anche i più resilienti ad aumentare i listini. Lavoro nel caffè dal 2012, ma ho analizzato anche periodi antecedenti al mio ingresso in azienda, senza trovare situazioni di aumento generalizzato dei costi analoghe a quella odierna, nonostante la borsa, in passato, abbia registrato rialzi anche più significativi di quelli che vediamo oggi.
Anche nei rapporti commerciali, in casi come questi bisogna fare delle scelte: se avere rapporti diretti e continuativi con i produttori o limitarsi ad osservare l’andamento della borsa, acquistando in abbondanza quando è bassa e comprando solo lo stretto indispensabile quando i valori salgono”.
Berremo un caffè peggiore?
“Uno degli aspetti più problematici di questa situazione è che, per ragioni legate alla carenza delle scorte, all’indisponibilità della materia prima e all’incremento dei costi, molti torrefattori sono rimasti sprovvisti delle tipologie di caffè che utilizzano abitualmente, dovendo così probabilmente mettere mano alla composizione delle miscele e accettando compromessi sul risultato in tazza. Il risultato è che ciò che è stato dato al consumatore è stato un prodotto diverso, spesso peggiore: l’impatto culturale di questo tipo di dinamiche è ciò che di più negativo ci possa essere in un mercato come il nostro, nel quale ci si continua a lamentare del fatto che il consumatore non riconosca il giusto valore alla tazzina di espresso. Fortunatamente aziende come la nostra non sono del tutto sole: i player del settore specialty coffee hanno sistemi di relazione e acquisto simili ai nostri e, come noi, fanno della trasparenza e della tracciabilità del contenuto dei pacchi un valore imprescindibile. La trasparenza in questo caso ci obbliga a rispettare il nostro prodotto, dall’altro ci permette di creare relazioni ed avere garanzie sulla materia prima. Il concetto è il seguente: se come torrefattori continuiamo a trattare il caffè verde come una qualsiasi commodity da acquistare guardando la borsa, non potremo che aspettarci dal consumatore lo stesso atteggiamento disinteressato nei confronti del nostro prodotto e la stessa domanda di un prodotto il più possibile economico da consumare senza attenzione in un gesto ripetitivo privo di un vero valore. Se invece accettiamo l’idea di valorizzare il lavoro di tutti gli attori della filiera, distribuendo equamente margini e guadagni, ci ritroveremo nella posizione di poter dare al consumatore un prodotto di qualità elevata e costante nel tempo anche in situazioni volatili come quella attuale, supportato da contenuti, da storie di persone e del loro lavoro, in grado di fargli vivere un’esperienza di consumo positiva e meritevole di una spesa più alta.
Infine, la difficoltà del momento non ha fermato gli investimenti nel settore: vediamo forti polarizzazioni, con gruppi e aziende di grandi dimensioni che acquistano torrefazioni più piccole, con l’intento di generare economie di scala e di acquisire quote di mercato”.
Il prezzo del caffè al bar, intanto, si sblocca
“Chiaramente, la situazione geopolitica contingente a tutto ciò che abbiamo premesso ha in parte sbloccato il prezzo “politico” della tazza di caffè espresso. Ma se questo aumento si ridurrà a un aumento giustificato solo dagli aumenti di costo, avremo perso un’altra opportunità: è necessario dare al consumatore un contenuto addizionale, migliorare la sua esperienza, dargli modo di avere qualcosa in cambio del maggior prezzo della tazza e vivere questo aumento in chiave positiva, preservandone la propensione al consumo.
Di quanto aumenta lo Specialty Coffee?
“Un pacchetto di specialty da 250 gr che acquistavi a 14 euro, oggi lo paghi 17-18. Se vuoi acquistare uno specialty coffee dagli 86 punti in su, in uno shop on line, non puoi trovarlo meno di 15 euro, diversamente dubito oggi ci siano i moltiplicatori giusti per essere economicamente sostenibili. Questo per quanto riguarda Garage Coffee e il contesto commerciale in cui operiamo ovviamente.
Commodities e specialty coffee non sono del tutto svincolati purtoppo. Lo sono perché di norma il prezzo dello specialty è stabilito tramite punteggi definiti da un protocollo internazionale, non lo sono perché se il prezzo del caffè aumenta in borsa, anche i contadini che lavorano nel settore specialty aumentano i prezzi. Aggiungici le gelate in Brasile che hanno avuto rispercussioni serie sui mercati (le quotazioni in borsa si basano in buona sostanza sulle quotazioni del caffè brasiliano, ndr), per non parlare della Cina, che con un’abile strategia commerciale acquistò i container in pandemia, quando i prezzi erano bassi, controllando in buona sostanze tratte e prezzi dei container quando il mercato è ripartito. Per darti qualche dato, i container sono aumentati di circa 6-8 volte, se fino al 2020 un container costava attorno ai 2 mila euro, oggi i prezzi sono schizzati a 8-10mila euro.
In Garage Coffee stiamo facendo gli assaggi dei nuovi raccolti, i caffè sono sempre gli stessi perché lavoriamo con gli stessi trader da quando abbiamo aperto l’attività. Confrontando i listini prezzi con quelli del 2019 per alcuni caffè si parla di aumenti nell’ordine dei 3-4 euro/ kg. Noi microroaster abbiamo meno flusso di cassa e minor potere d’acquisto, e accusano ovviamente più dei grandi queste oscillazioni. Dobbiamo poi considerare gli aumenti dei costi di energia e di tutte le componenti che ben conosciamo. Un po’ di questi aumenti li assorbe il torrefattore per non rischiare di andare fuori mercato, un po’ necessariamente il cliente”.
Qual è la posizione della Specialty Coffee Association?
“Con SCA Italia abbiamo organizzato una tavola rotonda durante il World of Coffee di Giugno, coinvolgendo la maggior parte delle associazioni di categoria. È stato un momento di confronto importante con tutti gli attori coinvolti nella filiera, abbiamo affrontato proprio la tematica legata al valore percepito e al prezzo della tazzina, ed è emersa una totale mancanza di comunicazione da parte della filiera. E anche per quanto riguarda lo specialty c’è molto su cui lavorare, dobbiamo smettere di parlare sempre a noi stessi, ma uscire dalla nicchia di consumatori in cui solitamente operiamo per cercare di far capire anche al cliente non scolarizzato cosa sia e cosa significhi approcciarsi ad un caffè che proviene da filiere più sostenibili e di qualità superiore”.
Forse questo periodo storico insegnerà dolorosamente a qualcuno che gli investimenti mai fatti in qualità e comunicazione, oggi sarebbero serviti per attutire il colpo, invece toccherà allacciare le cinture sperando di non schiantarsi in una tazza di brodaglia amara e bruciata.