Questo è il panettone di uno chef. Di Niko Romito, per l’esattezza.
Destinatario di consensi bulgari per il profilo alto di tutto quel che fa –dal ristorante Reale a Castel di Sangro, in Abruzzo, tre stelle Michelin, ai format di ristorazione moltiplicati all’infinito, dalla formazione per aspiranti chef fino ai prodotti per il consumo domestico.
Infine il panettone.
Prodotto solo a inizio Dicembre, ragione per cui è stato impossibile valutarlo per la classifica dei migliori panettoni degli chef di Dissapore, lo abbiamo comprato appena disponibile e messo accanto a un filo di perle.
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Perché? Già, perché. Perché è il panettone più costoso d’Italia, probabilmente: 55 euro, escluse le spese di spedizione (altri 10,50 euro).
Più costoso –e non di poco– del panettone di un maestro venerabile come Iginio Massari, che di euro ne costa appena 38.
Se fosse un regalo sarebbe al limite della categoria “gioielli per una persona cara”. Ma per capire se ne vale la pena senza dover andare dal gemmologo serviva qualcuno che lo provasse per voi.
Ci siamo immolati, questa volta, ma non fateci l’abitudine.
COM’ È IL PANETTONE
Realizzato dallo chef nel laboratorio interno al ristorante di Castel di Sangro, esiste in versione classica, quella testata da noi, e con cioccolato.
Confezione total white, dal candore essenziale.
La produzione è limitata. Il nostro panettone è il 344esimo su 999 fatti nel 2018. Romito ci perdonerà, ma facendogli un po’ di conti in tasca sono 999 panettoni in neanche un mese a 55 euro l’uno.
Conti che, ci capirete, scatenano sana invidia.
Tre giorni, tre lievitazioni progressive, 62 ore di lavorazione in totale. Appena levato dal forno il panettone viene fatto raffreddare a testa in giù per dodici ore in modo che la struttura del ricco impasto si stabilizzi.
Ingredienti usati: farina di frumento tipo 00, burro, uvetta, tuorlo d’uovo, zucchero. Quindi il lievito madre, proveniente dal ceppo a base mosto d’uva Casadonna, ricostituito nel 2011 quando il ristorante Reale si è spostato da Rivisondoli a Castel di Sangro. Infine, acqua, crema pasticciera, filetti d’arancia candita, pasta d’arancia, miele di sulla, vaniglia Bourbon, sale e estratto di malto.
PROVA D’ASSAGGIO
Non si può dire all’apertura della confezione che i profumi, nitidi e gradevoli, stordiscano per intensità. Non ci aspettavamo che a prevalere fossero i sentori di lievito, pensavamo al burro o alla crema pasticciera presente nell’impasto. È comprensibile, abbiamo aspettative elevate da questo panettone, anche in considerazione del look tonico e muscolare.
La parte alta (cupola) evidenzia i segni di una cottura perfetta intuibile dallo splendido punto di colore (biscotto).
Senza cedimenti la struttura, impasto elastico che risponde senza sfilacciarsi allo strappo violento. Il burro sulla cupola unge leggermente le dita.
Procediamo con il taglio: la lama del coltello affonda come se l’impasto fosse di burro soltanto.
Per la consistenza bisognerebbe lasciarlo intatto, ibernarlo e mostrarlo di quando in quando nei secoli a venire.
Gli alveoli, i fori dell’impasto, sono distribuiti in modo uniforme, il colore giallo è un richiamo irresistibile per gli occhi.
Al primo boccone seguono lunghissimi attimi di smarrimento. Il panettone è il dolce di Natale ma qui il gusto è sapido, si sente distintamente il sale. Perplessità.
Anche se l’uva passa è trasparente, di grandezza media e consistenza perfetta, il sale insieme alla nota acidula ne azzera la dolcezza.
Capitolo a parte per la frutta.
Al posto dei canditi grossi e carnosi, magari auto-prodotti, usati dai pasticcieri più attenti, si intravedono nascosti dalla trama dell’impasto dei fili di scorza d’arancia cuciti con eleganza e dal colore tenue.
Anche il sapore è delicato, e non solletica il palato come fanno le pepite candite trovate in altri panettoni. Non ti viene voglia di piluccare la frutta candita con le mani.
GIUDIZIO FINALE
Pasta soffice, lievitazione magistrale, cupola ruvida ma con misura, aspetto imperioso, ingredienti di gran livello. Il panettone di Niko Romito non si discute.
Ciò nonostante, alla domanda che state covando dall’inizio, e cioè se c’è differenza tra questo e i panettoni di Tiri, Fabbri, Massari o Pepe, cioè i pasticcieri grandi specialisti del panettone rispondiamo che no, che la differenza non si vede e non si sente.
Anzi, la dolcezza è fin troppo controllata. Da una parte è un pregio, si preparano panettoni squisiti senza eccedere con gli zuccheri, dall’altra manca un po’ di appagamento. E chissà il perché di quella nota salata.
A chi lo consigliamo?
A chi si fa rapire dal pezzo unico o giù di lì, dal tic di mettere in tavola un dolce esclusivo, griffato e costoso come un gioiello, a chi preferisce i panettoni a dolcezza controllata.
A tutti gli altri, per un bel regalo o per saziarsi con dell’ottimo panettone consigliamo di dare una sbirciata a questa classifica 2018:
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[CREDIT: FOTO ALFIO BONINA]