“Apri, versa, gusta”: ecco le indicazioni sul retro del tonno in busta monoporzione, notato recentemente nel solito reparto del supermercato, tra vasetti e scatolette di latta. Per un attimo, distrattamente, ho pensato male di quel qualcuno incivile che ha abbandonato le bustine di pappa umida per gatto nella corsia sbagliata. Invece era proprio tonno per noi e le nostre insalate estive, che ha cambiato dimora passando dalla latta al sottovuoto. Ho notato Rio Mare ma in commercio e siffatto esistono anche Nostromo e Athena.
La novità, metodo di confezionamento a parte, (e che qualcuno definirebbe gastrofighetto) è anche quel “trancetti di tonno” che tutti i brand scelgono come se fosse un valore aggiunto rispetto al proprio prodotto in scatoletta. Alte aspettative quindi, perché non ci aspettiamo tonno ridotto a purea. Vediamo i pro e i contro di questa novità nella GDO, e come si presenta il prodotto una volta aperta la confezione.
Il tonno in scatola diventa gastrofighetto?
Proprio il tonno in scatola, un annetto fa e da queste pagine, è stato protagonista di una lotta popolare sul cibo. Avevamo criticato alcune ricette poco attente di Benedetta Rossi, e ciò ha portato all’elezione del tonno in scatola come simbolo di chi è povero e fa fatica ad arrivare a fine mese per fare la spesa. Tutto ciò ovviamente contro i gastrofighetti, definiti tali per la loro ricerca più accorta dei prodotti alimentari. Ci dispiace ma quella teoria che vede la scatoletta di tonno a rappresentare l’Italia semplice e di poche pretese non esiste più (o meglio, di fatto non è mai esistita ma ora ne abbiamo la certezza).
Perché? Innanzitutto perché il tonno in scatola di qualità ha (giustamente) un prezzo poco accessibile per le famiglie che devono risparmiare ed è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, per un prodotto che ha comunque storia e molta dignità se si guardano alcune aziende. In ultimo perché persino i “big” del tonno in scatola ora strizzano l’occhio all’ambiente e propongono confezioni sostenibili (e le buste sottovuoto ne sono l’esempio). Anche loro sono diventati quindi gastrofighetti e nemici? Ben diverso dai prodotti storici e pop che pretendono ora di diventare gourmet, come la famosa carne in scatola conservata nella gelatina.
Tonno in buste sottovuoto: cosa cambia dalla lattina
Abbiamo preso in esame Rio Mare, ché al momento della spesa quello c’era. Disponibile in tre varianti (naturale, marinato con succo di lime e zenzero, e infine con succo di limone), costa 2,69 € a busta ovvero per 70 g di prodotto netto, per 30,85 € al kg. Un costo superiore, sì, ma con vantaggi che possono essere tenuti in considerazione. Innanzitutto, al di là del brand ora citato, la busta occupa meno spazio: fattore importantissimo anche per lo smaltimento una volta buttata.
La conservazione sottovuoto è più efficace di altre, e si ripercuote in positivo sia sulla consistenza sia sul sapore del tonno: è più tenero, oggettivamente, e l’aroma sia del pesce sia dei condimenti è più immediato. Il prodotto, rispetto alla scatoletta di latta, mantiene la forma ed ecco perché il termine “trancetti” risulta abbastanza veritiero (siamo sempre lontani dalle immagini rappresentative sulla confezione, ma ci sta).
Il filo d’olio è davvero un filo d’olio
Tornando al sottovuoto, questo metodo permette di usare meno olio. Rio Mare ci aveva già abituati al filo d’olio nelle scatolette, ma nel caso dei trancetti sottovuoto in busta l’olio è ancora meno: il Rio Mare classico è 60% tonno e 40% olio, il Rio Mare filo d’olio in lattina è 80% tonno e 20% olio, mentre il Rio Mare in busta è 82% tonno e 15% olio.
Sui “pronto all’uso” e “facile da aprire” non c’è molto da dire: la scatoletta di tonno non era così complicata da gestire e non conosco nessuno che, volendo pranzare fuori casa col tonno, si porterebbe la confezione intera (busta o lattina che sia). Al netto di tanti aspetti positivi, rimane per il momento la sensazione di aprire una bustina di pappa umida per mici… ma probabilmente, questo, è un problema soggettivo.