Per una volta parliamo di Venezia non per varietà ittiche o per i prodotti ortofrutticoli degli orti lagunari. Evitiamo pure i bacari ed i ristoranti e vi portiamo a fare un giro in laguna, per farvi assaggiare il miele di barena: ecco cos’è, le caratteristiche e la produzione.
Prima di tutto, momento Superquark, una breve spiegazione di cosa sono le barene: si tratta di terreni argilloso-sabbiosi che caratterizzano alcune zone a ridosso della laguna di Venezia. Sono aree salmastre che vengono sommer se quasi interamente durante le alte maree e che si ricoprono di vegetazione formata in particolare da astro marino (Tripolium pannonicum), enula marina (Limbarda crithmoides), salicornia veneta e limonio (Limonium narbonense). Tra questi nomi latini da enciclopedia, quello che ci interessa è l’ultimo, il limonium, chiamato anche “fiorella di barena”, che fiorisce tra fine giugno-primi di luglio e la metà di settembre: è da questo infatti che si ricava il miele di barena.
I produttori, una rarità
Prodotto già alla fine del’800, è oggi una rarità presidiata da Slow Food: il continuo degrado delle barene, dovuto sia al moto ondoso che alla subsidenza (in pratica lo sprofondamento del suolo) rende sempre più rare le zone in cui trovare il Limonium. Gli apicoltori tuttavia non si arrendono e nonostante le difficoltà continuano a produrlo. Già, appunto, ma come si produce? Lo abbiamo chiesto a Luca Semenzato, apicoltore di Mira che, puntualmente, ogni anno da agosto e fino a metà ottobre porta le sue api in laguna (zona sud e nord-est, tra Dogaletto e Valli di Chioggia) praticando la transumanza degli apiari.
La produzione del miele di Barena
Anche se ci sono alveari fissi in laguna, il modo più usato per produrre miele di barena è il nomadismo: significa che le api, che in primavera se ne vanno a raccogliere nettare in collina, sono poi trasferite in laguna, quando fiorisce il limonium. Così fa Semenzato che in primavera lascia le sue api libere di ronzare nella zona della Pedemontana e sulle colline trevigiane e poi ad agosto le trasferisce in barena. Il miele viene estratto ad ottobre e novembre, filtrato, lasciato a riposo per 30-40 giorni e poi messo in vasetto.
Per darvi un’idea della quantità, sappiate che le 200 arnie di Semenzato producono in media 7/8 kg di miele l’una. Il prezzo al chilogrammo è di 13 euro e se vi sembrano tanti sappiate che produrre miele di barena è un’impresa. Oltre ai problemi ambientali, si deve fare i conti anche con gli spazi: chi possiede molti alveari infatti fa sì che le proprie api abbiano a disposizione un’area maggiore su cui muoversi, costringendo però così i piccoli produttori a spostarsi e a cercare zone meno affollate.
Ma, poi, alla fine, tutta questa fatica vale la pena? Noi che abbiamo assaggiato il miele vi diciamo di sì.
L’assaggio: le caratteristiche del miele di Barena
Ha un colore giallognolo molto opaco, a volte virante verso il nocciola. Cristallizza velocemente, con cristalli fini. Il sapore è inconfondibile: dolce in prima battuta, lascia emergere poi il salato e gli accenti balsamici, finendo poi con una nota amara.
C’è chi lo usa abbinato a crostacei o formaggi non stagionati e chi lo usa per i dolci.
Noi vi diamo un consiglio: oltre a programmare un giro in laguna (verso Campagna Lupia, Mira, Chioggia, Venezia, Cavallino-Treporti, Jesolo, in provincia di Venezia) puntate verso Dolo. Qui (a Ca’ Tron per la precisione), ha sede Scaldaferro, uno dei migliori produttori di torrone d’Italia. Fate scorta del suo torrone al miele salino di barena con mandorle pugliesi (attenzione, edizione limitata). E puntate poi verso Porto Viro nel Parco del Delta del Po: dal 1998, all’interno del Centro Ca’ Cappellino, gli apicoltori del Delta hanno dato vita al Museo del miele. Oltre ad un percorso espositivo e didattico, si può assistere anche al lavoro di smielatura: i produttori infatti portano i lori melari per l’estrazione del miele.