Dimenticate i Mast Brothers e i loro magheggi, le polemiche sul cioccolato crudo (tipo Raaka), i risultati degli International Chocolate Awards esaltanti per gli italiani: il cioccolato artigianale “migliore del mondo” si troverebbe in un altro emisfero.
Almeno secondo il New York Times, solitamente poco incline a definizioni tanto perentorie, ma che stavolta si è speso per Marou, un cioccolato vietnamita.
Scenario subtropicale, dal delta del Mekong si risalgono le foreste intricate: se ricordate qualche scena de Il Cacciatore il paragone viene automatico. Proprio lì, nel tardo 19esimo secolo, i francesi importano la coltivazione del cacao , che vive una florida giovinezza durante gli anni della guerra fredda, visto che l’URSS ne faceva incetta.
Oggi Marou, Faiseurs de Chocolate è l’unico artigiano del cioccolato di Ho Chi Min (l’ex mitica Saigon), anzi dell’intero Vietnam.
Appartiene dal 2011 a Samuel Maruta, ex insegnante e Vincent Marou, già dirigente d’azienda, entrambi di origine francese e entrambi in Vietnam prima per passione, poi conquistati da un mondo sommerso di profumi, differenze e possibilità.
Il New York Times racconta il cioccolato Marou, le cui fave di cacao vengono raccolte nell’isola di Phu Tan Dong, come diverso da qualunque altro.
Il cacao utilizzato –si chiama Trinitario– è una miscela nasce da un’ibridazione della tipologia Forastero (cacao robusto e produttivo, poco costoso) e del raro Criollo (cacao nobile, delicato, di qualità pregiata). Le fave sono raccolte ancora con il baccello esterno, colorato e vivace. Vengono poi aperte e sistemate in casse di legno per consentire ai semi, ricoperti di una sostanza bianca e grassa, di fermentare per sei giorni. Segue la fase dell’essiccamento al sole su stuoie di bambù.
Successivamente i semi vengono tostati, da qui in poi la produzione segue lo schema classico della lavorazione artigianale.
Il risultato è un cioccolato dai profumi inconsueti: il quotidiano americano riferisce formidabili aromi di liquirizia o tabacco.
Gli incarti delle tavolette, lo strumento di marketing più potente in mano ai produttori artigianali, sono barocchi ma eleganti – ispirati all’arte colonialista d’inizio Novecento.
Benché la lavorazione del cioccolato risenta dell’origine francese di Marou e Maruta, i due fondatori, e delle tecniche di lavorazione europee (come il concaggio, attraverso cui si fonde la pasta di cacao a una temperatura di circa ottanta gradi rendendo vellutata e uniforme la superficie), non si può negare che il cioccolato Marou sia essenzialmente vietnamita.
Lo è nell’origine, nell’utilizzo di materie prime locali e sostenibili, nel rispetto per il delicato ambiente in cui si trova.
[Crediti | Link: New York Times, Dissapore]